LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26087/2014 proposto da:
SCATOLIFICIO C.L. DI L.C. & C. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato MARCO ORLANDO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELA FABBI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORELLA FRASCONA’;
– controricorrente –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO e ESTER ADA SCIPLINO;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 397/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/08/2014, R.G.N. 174/2011.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 4.8.2014, la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di accertamento negativo proposta da Scatolificio C.L. di L.C. & C. s.n.c. nei confronti del verbale di accertamento INPS e del certificato di variazione INAIL con i quali era stato ritenuto che i due contratti di appalto da essa stipulati con il Gruppo Consortile di Imprese Associate, riguardanti l’esecuzione di servizi di pulizia, facchinaggio e movimentazione merci, dovessero considerarsi alla stregua di una somministrazione illecita di manodopera;
che avverso tale pronuncia Scatolificio C.L. di L.C. & C. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria;
che l’INAIL ha resistito con controricorso, mentre l’INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che gravasse a suo carico l’onere della prova circa i presupposti della non ricorrenza di una somministrazione illecita, invece di onerare gli enti previdenziali di dimostrare il fatto costitutivo del loro preteso credito per contributi e premi, ossia la concreta ricorrenza di una illecita somministrazione di manodopera; che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, per non avere comunque la Corte territoriale accertato in concreto i fatti rilevanti ai fini della qualificazione dell’appalto in termini di somministrazione illecita di manodopera;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 7, per avere la Corte di merito fondato la propria decisione su una prova documentale erroneamente ritenuta non contestata e comunque irrilevante ai fini della decisione;
che il primo motivo è infondato, atteso che la Corte territoriale, lungi dall’addossare a parte ricorrente l’onere della prova, ha semmai valorizzato i fatti positivi emergenti dalle risultanze documentali (analiticamente indicate a pagg. 4-5 della sentenza impugnata) e dalle prove testimoniali assunte in primo grado come indizi volti a provare il fatto negativo che era certamente onere degli enti provare, vale a dire l’insussistenza di alcuna genuina organizzazione aziendale del Gruppo Consortile di Imprese Associate, evidenziando poi come nessuna prova in senso contrario fosse stata offerta dall’odierna ricorrente;
che il secondo e il terzo motivo sono invece inammissibili, dissimulando dietro censure di violazione di legge sostanziale e processuale palesi richieste di rivalutazione del materiale probatorio criticamente vagliato dai giudici di merito, che è cosa non possibile in questa sede di legittimità (cfr. Cass. nn. 3340 del 2019, 8758 del 2017);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente INAIL, giusta il criterio della soccombenza; che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, che si liquidano in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in miusura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, dà atto della sussistenza dei presupposto processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 20 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020