Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4930 del 25/02/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25406-2018 proposto da:

M.R., qui rappresentata dalla figlia sig.ra G.S., M.C., M.G.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI LEUTARI 29, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA INGRASCI’, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI INGRASCI’;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DI *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TERESA LA RUSSA;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CANICATTI’, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LOREDANA VACCARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 25/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO DELL’UTRI.

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 25/1/2018, la Corte d’appello di Palermo ha rigettato la domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., proposta da M.C., M.R. e M.G.M., avverso la sentenza emessa in data 7/8/2012, con la quale la medesima Corte d’appello di Palermo aveva disatteso la domanda proposta dagli odierni ricorrenti per la condanna dell’Istituto autonomo case popolari di ***** e del Comune di Canicattì al pagamento, in proprio favore, dell’indennità a titolo di occupazione legittima di un proprio terreno, in quanto formulata, secondo la corte siciliana, per la prima volta con l’atto di riassunzione a seguito di precedente cassazione pronunciata in sede di legittimità;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come l’errore denunciato dagli odierni ricorrenti in sede di revocazione non integrasse gli estremi di un errore di fatto (rilevante ex art. 395 c.p.c., n. 4), bensì di un errore valutativo, consistito nell’aver ritenuto (in ipotesi, in modo erroneo) che la domanda di condanna al pagamento dell’indennità a titolo di occupazione legittima fosse stata proposta per la prima volta in sede di riassunzione e, dunque, mai precedentemente nel corso del giudizio;

che, avverso la sentenza emessa dal giudice della revocazione, M.C., M.R. e M.G.M., propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che il Comune di Canicattì e l’Istituto autonomo case popolari di ***** resistono con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., i ricorrenti e l’Istituto autonomo case popolari di ***** hanno presentato memoria.

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice a quo erroneamente affermato che l’errore denunciato con l’impugnazione per revocazione fosse consistito in un errore di diritto, e non già in un errore di fatto integrato dalla circostanza della mancata percezione dell’effettiva proposizione della domanda di condanna delle controparti al pagamento dell’indennità di occupazione legittima sin dall’originaria instaurazione del giudizio di primo grado, e ritualmente riproposta nei successivi gradi di giudizio;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 111 Cost., (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato, a fondamento della decisione impugnata, una motivazione carente, illogica e meramente assertiva;

che il primo motivo è manifestamente fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza del secondo;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, in coerenza all’insegnamento di recente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, qualora il giudice di merito ometta di pronunciare su una domanda che si assume essere stata ritualmente proposta (nella specie, sin dall’originaria introduzione del giudizio), motivando la propria decisione col fatto che quella domanda non sarebbe mai stata formulata (o, come nel caso di specie, mai formulata prima del giudizio di riassunzione), la sentenza contenente tale statuizione dev’essere impugnata con la revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non con gli ordinari mezzi d’impugnazione, dovendosi escludere una relazione di alternatività tra errore revocatorio e principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Sez. 3 -, Ordinanza n. 30850 del 29/11/2018, Rv. 651939 – 01; v. altresì Sez. 3, Sentenza n. 12958 del 14/06/2011, Rv. 618307; v. pure Sez. 3, Sentenza n. 27555 del 20/12/2011, Rv. 621063);

che, in breve, costituisce errore revocatorio quello del giudice che ha erroneamente percepito l’insussistenza della domanda che invece era stata ritualmente presentata, là dove, qualora il giudice semplicemente ne omette l’esame senza affermarne espressamente (ed erroneamente) l’insussistenza della stessa, si ricade nella violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e quindi si tratta di un error in procedendo che deve essere censurato con gli ordinari mezzi d’impugnazione;

che, sulla base di tali premesse, rilevata la manifesta fondatezza del ricorso, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, cui segue il rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, cui spetta procedere all’esame delle ragioni delle parti (ivi comprese quelle in questa sede formulate da parte resistente), oltre alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, cui è altresì rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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