Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4955 del 25/02/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36426-2018 proposto da:

U.C.E., elettivamente domiciliato presso l’avvocato MASSIMO AUDITORE che lo rappresenta e difende, con procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1104/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO CAIAZZO.

RILEVATO

Che:

U.C.E. appellò l’ordinanza emessa dal Tribunale di Genova, emessa il 13.4.17, di rigetto dell’impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale che aveva respinto l’istanza di protezione internazionale ed umanitaria. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 3.7.18, rigettò l’appello, rilevando che: il racconto reso dal ricorrente era inattendibile, come ritenuto dalla Commissione; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria in Nigeria, nè quelli della protezione umanitaria, non essendo peraltro emersa un’effettiva integrazione in Italia, non desumibile dallo svolgimento di attività lavorativa precaria o dalla fruizione di alcuni servizi sociali offerti dalle strutture di accoglienza.

Lo U. ricorre in cassazione con unico motivo.

Non si è costituito il Ministero dell’Interno.

Il Consigliere relatore ha formulato la proposta ex art. 380 bis c.p.c..

RITENUTO

Che:

Con l’unico motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2, 3 e 3bis, in quanto la Corte d’appello aveva violato il dovere di cooperazione istruttoria nell’accertare i presupposti della protezione sussidiaria ed umanitaria, esaminando una sola fonte informativa (rapporto EASO del giugno 2017) e comunque non considerando la situazione di grave violenza in Nigeria dovuta all’operatività del gruppo cd. Black Ax, pur citato nel report utilizzato dalla Corte territoriale.

Il motivo è inammissibile. Invero, secondo l’orientamento di questa Corte, in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzitutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., n. 16925/18).

Ora, nel caso concreto, il Tribunale ha ritenuto, con ampia motivazione, che il racconto reso dal ricorrente innanzi alla Commissione territoriale non fosse credibile per una serie di palesi contraddizioni ben evidenziate; ne consegue che, in applicazione del suddetto orientamento, non sussistevano i presupposti per l’esercizio del potere di cooperazione istruttoria da parte dello stesso Tribunale.

Inoltre, con particolare riguardo alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), va osservato che il motivo tende al riesame dei fatti in ordine all’insussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria, in quanto dal report esaminato, non specificamente contestato, non si desume che in Nigeria sussista una situazione di violenza indiscriminata o di conflitto armato da cui possa originare un rischio concreto per l’incolumità del ricorrente.

Il motivo è altresì inammissibile in ordine alla protezione umanitaria, poichè non risultano essere state allegate nel giudizio di merito specifiche situazioni individuali di vulnerabilità.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2020

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