Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.9288 del 20/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18419-2014 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO e LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

S.C., M.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PAGNOTTA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ROCCO DI TORREPADULA;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 190/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 01/04/2014, R. G. N. 1330/2011.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 1.4.2014, la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato S.C. e M.S. non tenuti all’iscrizione presso la Gestione commercianti;

che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

che S.C. e M.S. hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria, mentre la società concessionaria dei servizi di riscossione non ha svolto attività difensiva;

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denunzia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, (conv. con L. n. 122 del 2010), in relazione all’art. 2697 c.c., per non avere la Corte di merito ritenuto che l’attività posta in essere dagli odierni controricorrenti integrasse gli estremi di un’attività commerciale connotata dai caratteri di abitualità e prevalenza richiesti per l’iscrizione alla relativa Gestione;

che, a suffragio del proprio accertamento di fatto, la Corte territoriale ha richiamato una propria precedente sentenza resa inter partes con la quale aveva già ritenuto che non fosse emersa alcuna prova che l’attività facente capo agli odierni controricorrenti fosse consistita in una prestazione diversa da quella già inerente all’incarico gestorio per il quale essi sono assicurati presso la Gestione separata;

che i rilievi e le considerazioni che questa Corte di legittimità ha rassegnato rigettando il ricorso dell’INPS avverso tale sentenza (cfr. Cass. n. 30258 del 2018) possono essere estesi anche alla presente controversia, pretendendo anche in questo caso l’INPS di rimettere in dubbio gli esiti dell’accertamento di fatto mediante un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice del merito, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione;

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.700,00, di cui Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2020

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