LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25637-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI POR’T’OGI-ISSI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
T.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2920/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA DISTACCATA di CATANIA, depositata il 04/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. D’AQUINO FILIPPO.
RILEVATO
CHE:
Il contribuente, in qualità di lavoratore autonomo, ha impugnato il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso del 90% degli importi versati a titolo di IRPEF per gli anni 1990 1992, rimborso richiesto a termini della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17;
la CTP di Ragusa accoglieva in parte il ricorso e la CTR della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, con sentenza in data 4 agosto 2017, rigettava l’appello dell’Ufficio, osservando che a termini della L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 665, il contribuente aveva diritto al rimborso delle imposte versate nella misura indicata nella norma, non trattandosi di imprenditore ed essendo residente nei comuni interessati dal sisma del dicembre 1990; ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che al ricorrente non si applica il principio fissato con la Decisione della Commissione Europea C (2015) 5549 fina) del 14 agosto 2015, non essendo equiparabile il lavoro autonomo all’imprenditore;
propone ricorso l’Ufficio con unico motivo, l’intimato non si è costituito in giudizio;
la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione in relazione alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di non applicare il principio di cui alla Decisione della Commissione Europea C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015 al caso di specie; deduce il ricorrente che il concetto di impresa beneficiaria dell’agevolazione fiscale, intesa come aiuto di Stato e ritenuta dalla suddetta Decisione non compatibile con la disciplina unionale deve essere inteso in senso Eurounitario, ricomprendendosi anche i lavoratori autonomi, essendo irrilevante la forma giuridica dell’impresa e rilevando unicamente lo svolgimento di una attività economica;
va premesso che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 – riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, attraverso il pagamento del 10% del dovuto per chi non ha ancora pagato e del rimborso del 90% di quanto versato per chi ha già pagato, non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività di impresa, in ragione del combinato disposto della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, e della decisione C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione UE, che ha ritenuto tale previsione emessa in violazione dell’art. 108, par. 3, del TFUE perchè configurante un illegittimo aiuto di stato (Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30927); ciò conformemente al principio secondo cui devono essere qualificati come aiuti al funzionamento gli aiuti diretti a sollevare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività (Corte di Giustizia UE 24 novembre 2011, C-458/09, Repubblica Italiana/Commissione, punto 63; Corte di Giustizia UE 19 settembre 2000, C-156/98, punto 30);
fatta tale premessa, il motivo è fondato, essendo questa Corte ferma nel principio secondo cui l’attività di impresa incompatibile con il riconoscimento dell’agevolazione di diritto interno va intesa nel senso unionale o Eurounitaria, nel senso che deve ritenersi impresa qualunque soggetto esercente attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico e dalla struttura organizzativa, purchè l’attività si traduca nell’offrire sul mercato beni e servizi, compresi i liberi professionisti (Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30373; Cass., Sez. VI, 2 maggio 2018, n. 10450), risultando indifferente l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo della qualifica dell’attività, sia sotto il profilo della struttura propria del soggetto, rientrandovi, in particolare i lavoratori autonomi (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 29905);
il lavoratore autonomo rientra, pertanto, nella nozione di impresa unionale e non può sottrarsi all’applicazione della Decisione C (2015) 5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione UE;
il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 16 gennaio 2020.
Depositato in cancelleria il 20 maggio 2020