LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6843/2016 proposto da:
ENEL PRODUZIONE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell’avvocato UGO PETRONIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente e c/ricorrente ed ric. incidentale –
contro
COMUNE DI ISOLA DEL GRAN SASSO D’ITALIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V. RENATO FUCINI 288, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RENZI, rappresentato e difeso dagli avvocati SANDRO PASQUALI, FABIO PASQUALI;
– controricorrente –
ASBUC DELL’ANTICA UNIVERSITA’ DI PAGLIARA DEL COMUNE DI ISOLA DEL GRAN SASSO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V. RENATO FUCINI 288, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RENZI, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIO PASQUALI, SANDRO PASQUALI;
– controricorrente e ric. incidentale –
avverso la sentenza n. 43/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, (Usi Civici) depositata il 23/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto dei motivi 1^, 2^, 3^, 4^ e 12^, per l’accoglimento del 7^ motivo e per l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale; per il rigetto del ricorso incidentale, assorbito il motivo incidentale condizionato;
udito l’Avvocato PETRONIO Ugo, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti;
udito l’Avvocato PASQUALI Sandro, difensore del Comune e dell’ASBUC, che ha chiesto l’accoglimento delle conclusioni in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con ricorso del 7 gennaio 2010 l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico dell'”Antica Università di Pagliara” del Comune di Isola Gran Sasso d’ Italia richiese al Commissario per la liquidazione degli usi civici della regione Abruzzo la dichiarazione di demanialità civica di territori dell’ampiezza di circa mq. 32498, ricadenti in massima parte nel territorio amministrato dalla ricorrente, in quanto costituente il demanio civico del Comune di Isola Gran Sasso d’Italia, utilizzati, come rilevato dalla stessa, da Enel Produzione s.p.a. con opere di varia natura finalizzate alla produzione di energia elettrica mediante derivazione e trasporto delle acque correnti e sorgive in assenza di autorizzazione. Il ricorso era volto anche alla reintegrazione della ricorrente nella disponibilità dei beni.
La resistente si costituì eccependo pregiudizialmente il difetto di giurisdizione del Commissario, e sostenendo nel merito che tutte le opere idrauliche in questione erano state realizzate in virtù di dichiarazione di p.u. che aveva fatto venir meno il regime speciale proprio degli usi civici.
Con ordinanza del 29 dicembre 2011 il Commissario, sciogliendo la riserva sulla eccezione di difetto di giurisdizione, la respinse. Disposta quindi c.t.u., nelle memorie ex art. 190 c.p.c., la ricorrente chiese che fosse dichiarata la natura demaniale civica anche delle opere realizzate dalla resistente per la costruzione dell’impianto idroelettrico quali individuate dal c.t.u. e che la controparte fosse condannata al pagamento in proprio favore di canoni pregressi, di indennità di abusiva occupazione di suoli pubblici, quantomeno da dieci anni rispetto alla domanda giudiziale, di frutti, nonchè al pagamento dei canoni per l’utilizzo delle acque demaniali civiche non appartenenti al novero delle acque pubbliche.
L’autorità adita, con la sentenza n. 54 del 2014, dichiarò quindi gravata da usi civici l’area di circa mq 130, in catasto del comune di Isola Gran Sasso d’Italia al foglio *****, p.lla *****, ordinando che tale fondo fosse reintegrato nel patrimonio civico dell’Amministrazione ricorrente; dichiarò la natura allodiale dei fondi censiti nel catasto del Comune di Isola Gran Sasso d’Italia, al foglio *****, p.lla ***** ed al foglio *****, p.lla *****, ed il difetto di giurisdizione relativamente alle opere direttamente connesse alla utilizzazione di acque per la sussistenza della giurisdizione del Tribunale delle Acque, e relativamente alle domande di condanna di Enel Produzione s.p.a. al pagamento di canoni e frutti e al risarcimento di danni, in quanto rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario. Infine respinse le altre domande.
2.- L’Amministrazione Separata propose reclamo insistendo per la sussistenza della giurisdizione del Commissario e per la natura demaniale civica di tutti i beni indicati dal c.t.u. Enel Produzione propose appello incidentale, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata nelle parti in cui aveva ritenuto sussistere la giurisdizione commissariale dichiarando gravata da usi civici l’area di mq. 130 nel catasto foglio *****, p.lla ***** e dichiarando la nullità di qualsiasi atto di disposizione o concessione della suddetta area, non preceduto da assegnazione a categoria o mutamento di destinazione d’uso.
3. – La Corte d’appello di Roma, Sez. Usi Civici, con sentenza del 23 dicembre 2015, accolse parzialmente il gravame principale, dichiarando inammissibile quello incidentale in quanto tardivo. Al riguardo osservò che trovava applicazione nella specie la L. n. 1078 del 1930, art. 3, che rinvia alle norme ordinarie della procedura civile, sicchè l’appello incidentale si sarebbe dovuto proporre a pena di decadenza almeno 20 giorni prima della prima udienza indicata in citazione – 5 febbraio 2015 – mentre era stato proposto in comparsa di costituzione e risposta, depositata il 29 settembre 2015.
Ritenne poi la Corte che il rigetto della eccezione di giurisdizione sollevata da Enel Produzione, pronunciato dal Commissario nell’ordinanza del 29 dicembre 2011, fosse coperto da giudicato, dovendo a tale ordinanza riconoscersi valore sostanziale di sentenza, avverso la quale non era stata fatta riserva di impugnazione e che non era stata impugnata nel reclamo in trattazione. Il giudice di secondo grado considerò nuove, e quindi non consentite, perchè introdotte solo in memoria conclusionale, le richieste di accertamento della natura demaniale civica delle opere realizzate per l’impianto idroelettrico nonchè delle acque utilizzate da Enel Produzione s.p.a., limitandosi ad esaminare la domanda di accertamento della natura demaniale dei terreni. Al riguardo condivise le conclusioni peritali assunte sulla base dell’ordinanza del commissario del re del 10 agosto 1811 e della ripartizione delle terre ex feudali tra ex feudataria ed abitanti di ***** eseguita dall’agente demaniale il 21 ottobre 1811, secondo la quale la linea di demarcazione tra le une e le altre era posta a mt. 1500 di quota, sicchè solo la parte più alta apparteneva all’ex feudataria, ed il Comune di Isola Gran Sasso aveva poi provveduto ad acquistare dagli eredi dell’ex feudataria anche i beni ad essa spettanti da tale divisione con l’atto del 23 luglio 1891.
La Corte respinse la domanda di reintegra osservando che l’Amministrazione Separata non aveva provato che alla collettività degli utenti fosse inibito l’uso dei fondi da parte di Enel. Si trattava, rilevò il giudice di secondo grado, di aree di montagna, spesso collocate in zone impervie, quindi scarsamente utilizzabili, oppure di aree non chiuse in alcun modo e quindi pienamente utilizzabili. Rispetto ad esse non vi era evidenza che gli usi civici fossero stati o potessero essere inibiti dalla presenza di opere idroelettriche.
La Corte ritenne infine sussistente, accogliendo il relativo motivo di reclamo, la giurisdizione del Commissario in ordine alle domande di condanna dell’Enel al pagamento di canoni ed altre voci, in quanto presupponenti l’accertamento della qualità demaniale civica dei beni in questione. Rimise pertanto la causa al Commissario per l’esame di tali domande.
4.-Per la cassazione di tale sentenza ricorre Enel Produzione s.p.a. sulla base di dodici motivi. Resistono con controricorso sia il Comune di Isola del Gran Sasso d’Italia, sia l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico dell'”Antica Università di Pagliara”, che propone sia ricorso incidentale, cui resiste con controricorso l’Enel, sia ricorso incidentale condizionato. Nella imminenza della udienza le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso principale si deduce “violazione e falsa applicazione della L. 10 luglio 1930, n. 1078, art. 3, nel combinato disposto con gli artt. 4, 5 e 6 della medesima Legge. – Violazione e falsa applicazione della L. 1 settembre 2011, n. 150, art. 33 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle norme sull’interpretazione della legge e del “diritto vivente”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Errata individuazione delle norme applicabili nel giudizio di appello e conseguente errata dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale per tardività”.Avrebbe errato la Corte capitolina nel ritenere applicabile nella specie la L. n. 1078 del 1930, art. 3, che rinvia alle norme ordinarie della procedura civile – artt. 343 e 166 c.p.c. -, sicchè l’appello incidentale si sarebbe dovuto proporre a pena di decadenza almeno 20 giorni prima della udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione – 5 febbraio 2015 – mentre era stato proposto in comparsa di costituzione e risposta, depositata il 29 settembre 2015. Ciò in quanto nel giudizio di appello in materia di usi civici l’unico termine è posto dalla L. n. 1078 del 1930, art. 6, il quale dispone che tutti gli atti ed i documenti che le parti intendono esibire in giudizio devono essere depositati nella cancelleria prima dell’udienza stabilita per la discussione, entro il termine fissato dal presidente, come accaduto nella specie.
2. – La doglianza coglie nel segno.
Deve, anzitutto, convenirsi con la ricorrente in ordine al rilievo secondo il quale al procedimento di cui si tratta non si applica, ratione temporis, il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, che, in attuazione della delega conferita al Governo con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 54, per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili, riconduce i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale ai tre modelli previsti dal codice di procedura civile – rito del lavoro, rito sommario di cognizione, rito ordinario di cognizione – e che trova applicazione solo ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, laddove quello all’odierno esame ha tratto origine dal ricorso proposto in data 7 gennaio 2010.
Ciò posto, deve rilevarsi che la L. 10 luglio 1930, n. 1078, recante “Definizione delle controversie in materia di usi civici”, detta la disciplina del contenzioso concernente le decisioni dei commissari regionali per la liquidazione degli usi civici: si tratta di una normativa speciale, che prevale, pertanto, sulle norme del codice di rito incompatibili con essa. In particolare, della richiamata L. n. 1078 del 1930, art. 4, dispone che il reclamo nei confronti delle predette decisioni deve essere notificato a tutti coloro che hanno interesse ad opporsi alla domanda di riforma della decisione impugnata con termine a comparire non inferiore a giorni venti nè superiore a trenta.
L’art. 343 c.p.c., dispone in via generale che l’appello incidentale si propone a pena di decadenza nella comparsa di costituzione in cancelleria ai sensi dell’art. 166, a norma del quale il convenuto deve costituirsi almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione.
Che la norma speciale di cui si tratta sia incompatibile con le richiamate disposizioni del codice di rito emerge all’evidenza sol che si consideri che, applicando il combinato disposto del richiamato art. 4 e dell’art. 166 c.p.c., si perverrebbe alla conclusione – sottolineata anche dalla ricorrente – che l’appello incidentale nei procedimenti di cui si tratta non possa essere proposto ove il termine a comparire fissato sia di venti giorni, ovvero debba essere proposto nel breve termine di soli dieci giorni, in caso di termine a comparire di trenta giorni.
A tali considerazioni deve aggiungersi che della citata L. n. 1078 del 1930, art. 6, dispone testualmente che “Tutti gli atti e i documenti che le parti intendono esibire in giudizio devono essere depositati nella cancelleria prima dell’udienza stabilita per la discussione, entro il termine che sarà fissato dal presidente…”.
Dal richiamato plesso normativo si evince che, nel giudizio di appello in materia di usi civici, la preclusione della facoltà di proporre appello incidentale è determinata esclusivamente dall’inizio della udienza di discussione fissata dal presidente, cioè dalla comparizione della parte.
3. – Resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale l’esame di tutti gli altri: del secondo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 163, 164 e 342 c.p.c., in riferimento della L. 10 luglio 1930, n. 1078, artt. da 3 a 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti”), relativo ancora alla declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale perchè tardivo, emessa in violazione delle norme indicate; del terzo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132 e 279 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. 10 luglio 1930, n. 1078, art. 3, nel combinato disposto con gli artt. 4, 5 e 6 della medesima legge – violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle norme sull’interpretazione della legge e del “diritto vivente” – errata individuazione delle norme applicabili nel giudizio di appello, e conseguente errata dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale per tardività sempre in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3"), secondo il quale il provvedimento con il quale il giudice aveva deciso ritenendo la propria giurisdizione senza invitare le parti a precisare le conclusioni avrebbe natura di ordinanza non costituendo pronuncia sulla giurisdizione, sicchè alla dichiarazione della sussistenza della giurisdizione in esso contenuta non potrebbe essere attribuita efficacia preclusiva; del quarto (“violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi e dell’art. 112 c.p.c., per mancanza di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 190 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – di nuovo violazione e falsa applicazione degli artt. 191 c.p.c. e segg. e della L. 16 giugno 1927, n. 1766, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per aver semplicemente recepito le considerazioni del c.t.u”.), relativo all’accertamento perplesso dei terreni di c.d. demanio civico ed alla obliterazione sia dell’esistenza di provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità che era compito del c.t.u. reperire, sia delle considerazioni svolte in primo grado dal consulente di parte; del quinto (“violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., artt. 31 e 40 c.p.c. e della L. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3”), con il quale si deduce che la domanda relativa al pagamento di un corrispettivo per l’occupazione di un terreno che si assume altrui va qualificata come indennità risarcitoria e non come canone, con la conseguenza che, se il terreno di cui si tratta fosse soggetto al regime della L. n. 1766 del 1927, la domanda esulerebbe dalla giurisdizione del Commissariato e non potrebbe essere attratta in essa da pretese ragioni di connessione; del sesto (“violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 40 c.p.c. e della L. 16 giugno 1927, n. 166, art. 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3”), con il quale si deduce che l’eventuale esistenza di diritti di uso civico non costituisce causa pregiudiziale rispetto alla determinazione di una indennità per l’occupazione che si assuma indebita; del settimo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 190 c.p.c. e L. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 29 e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), con il quale si lamenta sia ultrapetizione sia violazione delle norme sul contraddittorio nella parte in cui la sentenza impugnata ha rimesso al Commissariato la decisione in materia di canoni (rectius: indennità) e di frutti non percetti pur dopo aver affermato che la domanda è stata proposta solo nella memoria ex art. 190 c.p.c. e, come tale, era inammissibile; dell’ottavo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 e dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), per aver ritenuto la Corte di merito che si dovesse applicare la prescrizione decennale e che essa andasse calcolata, a ritroso, dal momento della proposizione della domanda giudiziale con ricorso del 4 gennaio 2010; del nono (“violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), relativo all’affermazione secondo la quale alla indennità di occupazione che si assume abusiva siano aggiunti canoni e frutti non percetti; del decimo (“violazione e falsa applicazione della L. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 1 e 29 e segg., del T.U. sulle Acque e sugli impianti elettrici approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 e del 1933 e successive integrazioni e modificazioni – violazione e falsa applicazione degli artt. 943 c.c. e segg., nonchè violazione e falsa applicazione della L. 5 gennaio 1994, n. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – inesistenza di acque demaniali civiche”), in relazione all’affermazione della esistenza di acque demaniali civiche; dell’undicesimo (“violazione e falsa applicazione della L. 16 giugno 1927, n. 1766, artt. 1 e 29 e segg., del T.U. sulle Acque e sugli impianti elettrici approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 e del 1933 e successive integrazioni e modificazioni – violazione e falsa applicazione degli artt. 943 c.c. e segg., nonchè violazione e falsa applicazione della L. 5 gennaio 1994, n. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – prevalenza del regime delle acque pubbliche sul regime delle terre civiche”), in relazione alla prevalenza, ritenuta dalla sentenza impugnata, del regime di cui alla L. 16 giugno 1927, n. 1766, sul regime delle acque pubbliche; del dodicesimo (“violazione e falsa applicazione della L. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 12 e della L. n. 2359 del 1865, art. 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per la negazione, operata dalla sentenza impugnata, della espropriabilità delle terre di uso civico.
4. – Resta, altresì, assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, e dal conseguente assorbimento degli altri, l’esame del ricorso incidentale condizionato dell’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico dell’Antica Università di Pagliara, che, per il caso di accoglimento del terzo motivo di ricorso dell’Enel Produzione s.p.a., chiede di dichiarare, in corretta applicazione della L. n. 1766 del 1927, art. 29, che il presente giudizio attiene solo alla giurisdizione commissariale, rigettando la richiesta di affermare la giurisdizione del Tribunale delle Acque sostenuta da Enel.
5. – Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione della L. n. 1766 del 1927, ed in particolare degli artt. 11 e 12 della stessa; dell’art. 41 del Regolamento approvato con R.D. n. 332 del 1928; L.R. Abruzzo n. 25 del 1988; artt. 934 e 936 c.c. – Error in iudicando. Mancata estensione della declaratoria di demanialità ai beni insistenti su suoli civici”. Avrebbe errato la Corte di merito nel dichiarare, in motivazione ed al punto 1 del dispositivo, che “i soli terreni – e non già le opere idroelettriche e quelle connesse – sono di natura demaniale civica, poi dichiarando, al punto 2, la nullità di qualsivoglia atto di disposizione non preceduto da autorizzazione per i terreni di cui al punto 1 del dispositivo”. L’ulteriore profilo del motivo di ricorso riguarda, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il difetto di motivazione sul punto.
6. – Tale ultimo profilo è inammissibile.
6.1. – In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., S.U. sent. n. 8053 del 2014).
6.2. – In disparte tale profilo, la censura è nel suo complesso fondata.
Come correttamente rilevato dalla ricorrente incidentale, alla stregua delle regole civilistiche in tema di accessione e di quelle della normativa di uso civico, le opere ed impianti realizzati senza titolo su di un suolo assoggettato a vincolo demaniale civico ne seguono la sorte, essendo privi di una propria titolarità giuridica diversa dal suolo sul quale insistono e di cui acquisiscono la natura. Nella specie, avuto riguardo alla declaratoria di nullità di “qualsiasi atto di disposizione, non preceduto da assegnazione di categoria o mutamento di destinazione d’uso, avente ad oggetto i terreni individuati nel punto 1 del presente dispositivo, gravati da usi civici”, contenuta nel punto 2 della sentenza impugnata, i predetti impianti ed opere risultano abusivamente costruiti sui terreni in questione. Sicchè, la sentenza impugnata, nella parte in cui ha dichiarato che i soli terreni, e non già le opere idroelettriche e quelle connesse, sono di natura demaniale civica, comporterebbe, ove confermata, la conseguenza di una stabilizzazione, in violazione dell’uso civico spettante alla collettività su fondi di natura demaniale civica, degli effetti di una occupazione abusiva.
6.3. – Nè vale dedurre al riguardo, come fa la controricorrente Enel, la pretesa tardività della domanda, in quanto sollevata innanzi al Commissariato solo nella memoria ex art. 190 c.p.c., posto che il motivo di ricorso qui in esame trae origine diretta dalla rilevata contraddittorietà tra due capi della sentenza impugnata.
7. – Resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale l’esame degli altri motivi dello stesso: del secondo (“violazione e/o falsa applicazione della L. n. 1766 del 1927, e in particolare degli artt. 9, 11, 12; dell’art. 41 del Regolamento approvato con R.D. n. 332 del 1928; della L. 31 gennaio 1994, n. 97; della L.R. Abruzzo n. 25 del 1988. Art. 112 c.p.c.. Errore in giudicando. Illegittimo rigetto della domanda di reintegra dei suoli”), con il quale si lamenta appunto il rigetto della domanda, proposta dalla reclamante, di reintegra dei terreni oggetto di causa, non essendovi evidenza che gli usi civici potessero essere inibiti dalla presenza delle opere realizzate dall’Enel ed in assenza di domanda di rimozione delle opere stesse, in tal modo consentendosi ad un soggetto che senza titolo si immetta su di un bene di demanio civico di conservarne la disponibilità nonostante l’abuso; del terzo (“vizio della motivazione. Insufficiente, contraddittoria e/o inesistente. Art. 112 c.p.c.. Travisamento dei fatti del giudizio. Errore in procedendo”), relativo all’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito nel ritenere che l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico dell’Antica Università di Pagliara non avesse proposto appello nei confronti del capo n. 4 della sentenza del Commissario, relativo al rigetto delle domande relative alle strade descritte nei nn. 9, 10 ed 11 della c.t.u., laddove detta Amministrazione aveva impugnato la sentenza commissariale chiedendo la declaratoria della natura demaniale civica di tutti i beni di cui si tratta, indicati analiticamente, comprese le strade ed i sentieri; del quarto (“violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c. e segg., artt. 191 c.p.c. e segg.. Mancata condanna della parte soccombente alle spese del giudizio e di c.t.u.. Richiesta di cassazione sul punto della decisione”), in relazione alla compensazione delle spese del grado di appello nonostante la piena soccombenza dell’Enel, ed alla mancata pronuncia su quelle di c.t.u..
8. – In definitiva, devono essere accolti il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri ed il ricorso incidentale condizionato, ed il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa rinviata alla sezione speciale usi civici della Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che la riesaminerà facendo applicazione dei principi di diritto affermati sub 2 e 6.2., ed al quale è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri ed il ricorso incidentale condizionato, ed il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, Sezione Speciale Usi Civici, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2020
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