LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –
Dott. D’AURIA Giusesppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16035-2017 proposto da:
GLOBAL STARNET LIMITED, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAMBATTISTA VICO 22, presso lo studio dell’avvocato MICHELE PROCIDA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8501/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 15/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/04/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.
RILEVATO
che:
L’attuale contenzioso trae origine dal ricorso proposto dalla Global Starnet Limited con cui si opponeva all’avviso di accertamento n. 184/2912 emesso dalla Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato (di seguito AAMS) per l’anno di imposta 2007 nei suoi confronti per somme dovute a titolo di Preu non versato relativamente all’uso illecito di apparecchi da intrattenimento rientranti nella tipologia di cui all’art. 110 LUTPS, comma 6, per l’importo di Euro 4.941,42, oltre interessi e sanzioni.
La pretesa fiscale sottesa all’accertamento, traeva origine dal verbale redatto il 17 7 2007 dai funzionari della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che avevano accertato che apparecchi collocati presso il locale Very Bar di C.G. riconducibili alla tipologia di cui all’art. 110 TULPS, comma 6, lett a), non erano conformi alle prescrizioni di legge in quanto scollegati alla rete.
La AAMS resisteva all’opposizione.
Con sentenza n. 6294 del 19 3 2015 la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso, ritenendo che il concessionario di rete in base alla normativa applicabile ratione temporis, rispondesse solo del pagamento del prelievo erariale unico e non anche del maggior prelievo conseguente ad uso illecito degli apparecchi di gioco.
La AAMS proponeva appello ritenendo errata l’interpretazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, conv. nella L. n. 362 del 2003, e del successivo art. 39 quater, ratione temporis vigente, chiedeva accertarsi l’obbligo solidale a carico della concessionaria appellata per le violazioni riscontrate.
La Commissione regionale del Lazio accoglieva l’appello interpretando la normativa all’epoca vigente nel senso che la responsabilità del concessionario sussiste nel caso in cui per effetto di un illecito, sia civile che penale o amministrativo, nell’uso di apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110 TULPS 6o, comma 6, sia accertato e dovuto un maggior prelievo PREU.
Propone ricorso in Cassazione, la Global Starnet Limited affidandosi ad una serie di motivi così sintetizzabili:
1 – nullità della sentenza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, e comma 2, e art. 36, nonchè dell’art. 118 e disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 4.
2 – nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.4. non avendo esaminato l’appello incidentale subordinato proposto.
3 – violazione e falsa applicazione del D.L. 269 1 del 30 settembre 2003, art. 39 quater, comma 2, quale introdotto dalla L. n. 296 del 27 dicembre 2006, nonchè del R.D. n. 773 del 1931, art. 110, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Resiste con controricorso l’Agenzia Delle Dogane e Dei Monopoli concludendo per la dichiarazione di inammissibilità e /o di rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo dedotto, la ricorrente denuncia sostanzialmente la mancanza nella sentenza impugnata della esposizione dello svolgimento del processo, dei fatti rilevanti il che, secondo la prospettazione, rende incomprensibile la motivazione, peraltro estremamente coincisa.
Sebbene il collegio intende ribadire elle in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile anche al rito tributario così come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, all’art. 118 disp. att. c.p.c., ma con precisazione che la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza solo allorquando rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Sez. 5, Sentenza n. 13990 del 22/09/2003, Rv. 567045 – o i).
Va richiamato, al riguardo, il principio affermato dalla Corte (Cass. 1o novembre 2010, n. 22845), secondo cui la concisa esposizione degli elementi in fatto della decisione, non rappresenta un elemento meramente formale, ma costituisce requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento.
Nel caso concreto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, emergono sia gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione, e cioè l’individuazione di apparecchi di gioco muniti di nulla osta ma non collegati alla rete, sia il percorso argomentativo seguito dal giudice di secondo grado concludendo, diversamente dal primo giudice, per la responsabilità solidale del concessionario non solo per il pagamento del prelievo sulle giocate regolarmente trasmesse ma anche per le giocate occultate.
Pertanto non sussiste il lamentato vizio essendo evincibile dalla sentenza impugnata sia gli elementi di fatto valutati sia i fatti presi in considerazione per la interpretazione della legislazione, sia pure esaminati congiuntamente alla motivazione.
Per quanto riguarda la motivazione oggetto di censura nell’ambito dello stesso motivo, ha comunque un. a ratio decidendi chiaramente intellegibile, sicchè non se ne può affermare la nullità.
Il giudice di appello perviene alla conclusione della fondatezza della pretesa erariale in quanto sussisterebbe la responsabilità solidale del concessionario non solo per il “semplice” prelievo unico erariale (relativo alle giocate regolarmente registrate) come ritenuto dal giudice di primo grado, ma anche nel caso di recupero del “maggior” prelievo unico erariale a seguito di occultamento delle giocate da parte di soggetti che intralciavano il collegamento tra le apparecchiature. Pertanto avendo la Commissione regionale assolto l’obbligo previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, redigendo la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, ed evidenziando le questioni che hanno incanalato la decisone verso l’accoglimento dell’appello tale motivo va rigettato.
Ragioni logiche prima che giuridiche, inducono ad esaminare il terzo motivo di gravame in quanto strettamente connesso al primo.
In particolare con il terzo motivo si (enuncia la violazione del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, art. 39 quater, comma 2, quale introdotto dalla L. n. 296 del 27 dicembre 2006, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3. L’iter argomentativo seguito dal giudice di secondo grado è corretto. A tale fine occorre premettere che la disciplina all’epoca vigente ed in vigore dal 1 gennaio 2007 al 4 agosto 2009, nell’individuare, in via generale, quale responsabile del tributo il concessionario, quale soggetto al quale è stato rilasciato il nulla osta (vedi, L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13), provvede, con specifiche disposizioni, integrative, se non derogatorie di quella generale, alla designazione dei soggetti responsabili del tributo per le ipotesi di giocate tramite apparecchi e congegni effettuate in modo illegale. Ai fini fiscali, poichè il presupposto di imposta del tributo è rappresentato dalla gestione e l’esercizio del gioco tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro, il termine maggiore prelievo erariale unico non vale ad individuare una nozione distinta, ma solo tende a indicare una comparazione tra il prelievo calcolato sulla base dei dati di funzionamento ritualmente trasmessi tramite la rete telematica e quello occultato ed evaso mediante vari artifizi, o non collegando l’apparecchia alla rete o non inviando i dati relativi a tutte le giocate. In definitiva il legislatore ha inteso assicurare il gettito derivante dalle giocate (peraltro inserito nel bilancio dello Stato e quindi diretto a soddisfare preminenti interessi pubblici) assoggettando al pagamento del Preu anche il caso in cui l’utilizzo degli apparecchi pur muniti li nulla osta, sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, ponendo l’obbligo fiscale in questione seppur in via residuale, anche a carico di soggetti in relazione ai quali è possibile configurare una posizione di garanzia e controllo in ordine al corretto utilizzo degli stessi apparecchi (e, conseguentemente, alla corretta trasmissione dei dati relativi alle giocate) in ragione del rapporto materiale con il bene utilizzato per le giocate (installatore, esercente del punto di gioco) ovvero del rapporto giuridico con lo stesso (concessionario). In definitiva il D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, applicabile al caso concreto, all’epoca vigente ed in vigore fino al 4 agosto 2009, prevedeva alternativamente due figure di obbligati principali e soggetti passivi dell’imposta cioè l’autore dell’illecito ed evidentemente solo in caso di mancata individuazione dell’autore dell’illecito, il concessionario. Nel prosieguo della disciplina, nello stesso comma, sempre al fine di rendere più certa l’entità del gettito, individuava due figure di responsabili in solido “per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico ” e cioè l’installatore, il possessore dei locali ed il concessionario, sempre che non fossero da considerare obbligati principali, per l’assolvimento dell’obbligazione tributaria.
Come si vede il legislatore ha intese operare una differenziazione solo in merito alle diverse fattispecie di illecito accertate, e non sulla base dell’aggettivo comparativo maggiore. Da ciò consegue che, con particolare riferimento all’ipotesi, che qui interessa, di esercizio del gioco mediante apparecchi muniti del nulla osta, mentre dell’assolvimento del tributo relativamente alle giocate trasmesse per via telematica è responsabile il concessionario, in caso di giocate non trasmesse e limitatamente agli importi dovuti in relazione a tali giocate, del prelievo erariale unico rispondono, ai sensi del D.L. n. 258 del 2003, art. 39-quater, comma 2, due categorie di soggetti: a titolo principale, i soggetti che hanno commesso l’illecito ovvero, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, il concessionario di rete a cui è stato rilasciato il nulla osta; a titolo di coobbligati solidali, il soggetto che ha provveduto alla installazione degli apparecchi, il possessore dei locali in cui questi sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora tali soggetti non siano già debitori a titolo principale.
Non decisivo inoltre, è l’argomento rappresentato dalla modifica normativa operata dal D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 8-quaterdecies, il quale ha limitato la responsabilità solidale del concessionario (oltre che dell’installatore, del possessore o detentore degli apparecchi e dell’esercente) al caso in cui non sia possibile l’identificazione dei soggetti che hanno commesso l’illecito.
A tale disposizione non può riconoscersi natura interpretativa o, comunque, di esplicitazione di precetti normativi già in vigore, stante l’assenza di elementi letterali che depongano in tal senso.
Nè è pertinente è il richiamo al principio della retroattività della legge più favorevole per il contribuente, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, solo con riguardo alle sanzioni amministrative pecuniarie.
Pertanto, questa Corte dando continuità al principio già espresso dalla sentenza n. 1.31.16 del 25/05/2018 e Sentenza n. 14563 del 06/06/2018 (Rv. 649003 – 01) “in tema di prelievo erariale unico (cd. PREU) sulle somme giocate mediante apparecchi da in trattenimento ex art. 110 TULPS, comma 5, in caso di esercizio illecito delle apparecchiature, sì da determinare una trasmissione in via telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, il concessionario di rete, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, quater, comma 2, vigente ratione temporis, è responsabile in via principale per l’imposta evasa (cd. maggior PREU) e i relativi accessori e sanzioni in caso di omessa identificazione dell’autore dell’illecito, mentre, qualora quest’ultimo sia identificato, ne risponde a titolo di solidarietà”
Poichè la decisione impugnata si è attenuta al principio sopra affermato, il motivo va respinto.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce che il giudice di secondo grado ha omesso di esaminare le altre questioni sollevate in primo grado e non valutate dal primo giudice in quanto assorbite dall’accoglimento del ricorso per altro motivo e riproposte in appello ex art. 346 c.p.c..
Chiaramente l’esistenza di un motivo di ricorso (introduttivo), non esaminato dal giudice di primo grado in quanto espressamente ritenuto assorbito dall’accoglimento di altro motivo, ma espressamente riproposto ai sensi e per gli effetti dell’art. 346 c.p.c. in appello, e nondimeno in quella sede ancora non esaminato neppure implicitamente, costituisce un fatto processuale per cui è possibile l’esame degli atti. Invero, una volta accolto il motivo di appello proposto dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli la Commissione Regionale del Lazio avrebbe dovuto decidere nel merito quella parte residua della controversia, indicata dal ricorrente in primo grado avverso l’atto impugnato e riproposto in sede di gravame ex art. 346 c.p.c.. Come è stato, opportunamente, precisato da questa stessa Corte la parte interamente vittoriosa ha l’onere di riproporre espressamente nel giudizio di appello le domande, che risultino superate od assorbite. Ora l’attuale ricorrente ed all’epoca appellato, come risulta dalle controdeduzioni in appello, aveva riproposto i motivi già presentati in primo grado e ritenuti assorbiti dal primo giudice, sicchè una volta accolto l’appello il giudice di gravame avrebbe dovuto esaminare anche tali motivi riproposti dall’appellato, rientrando nel thema decidendum.
Pertanto in accoglimento di tale motivo la sentenza va cassata, nei limiti suddetti, ed il giudice di rinvio è tenuto ad esaminare i motivi già espressi in primo grado e riproposti in appello dall’attuale ricorrente, per tardività, difetto di contraddittorietà, ecc. Non invece sulla esistenza della manomissione e quantificazione di imposta: atto che il rigetto del ricorso risolve implicitamente queste questioni.
P.Q.M.
La Corte respinge il primo ed il terzo motivo del ricorso, accoglie il secondo motivo e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione Regionale del Lazio in diversa composizione, la quale provvederà anche alle spese di questo grado.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020