Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.9468 del 22/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10092/2015 proposto da:

Deutsche Bank Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Flaminia n. 318, presso lo studio dell’avvocato Corapi Tommaso, rappresentata e difesa dall’avvocato Tortorano Franco, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., Co.Ni., elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio n. 44, presso lo studio dell’avvocato Lettieri Marta, rappresentati e difesi dagli avvocati Vitobello Emanuele e Vitobello Francesco, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4184/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/01/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

RILEVATO

che:

il tribunale di Napoli, accertata la responsabilità di Deutsche Bank in relazione all’acquisto, da parte di C.A., di obbligazioni della Repubblica Argentina, condannò la banca alla restituzione della somma impiegata per l’acquisto maggiorata di interessi legali dal 21-10-1999; respinse invece la domanda proposta, al medesimo titolo, da Co.Ni.;

la banca propose gravame e la corte d’appello di Napoli lo disattese osservando che erano stati in effetti violati gli obblighi di corretta valutazione dell’adeguatezza dell’operazione e di specifica informazione delle caratteristiche dell’investimento e dei rischi a esso connessi, così come stabilito dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (cd. T.u.f.) e dal regolamento della Consob n. 11522 del 1998;

contro la sentenza è ora proposto ricorso per cassazione, da parte di Deutsche Bank, in base a tre motivi, illustrati da memoria;

gli intimati hanno replicato con controricorso.

CONSIDERATO

che:

I. – col primo motivo la Deutsche Bank, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 21 del T.u.f., 28 del regolamento Consob 11522-98, artt. 1176, 1178 c.c., art. 116 c.p.c. e art. 2698 c.c., censura la sentenza per non aver considerato che la fiducia a suo tempo (seconda metà del 1999) riposta nelle obbligazioni della Repubblica Argentina era del tutto legittima e giustificava l’esecuzione dell’ordine di acquisto, senza che l’intermediaria dovesse esporre all’ordinante particolari rischi di insolvenza; invero l’ordinante non era da considerare soggetto sprovveduto e non aveva ritenuto di fornire notizie sulla sua esperienza in materia;

II. – il motivo è per buona parte inammissibile e per altra manifestamente infondato;

gli asserti relativi alla necessità di considerare giustificata la fiducia dei mercati sulle condizioni della Repubblica Argentina al momento dell’operazione di acquisto di cui è causa implicano questioni di fatto, che in questa sede non possono trovare ingresso; la corte d’appello ha del resto sottolineato che la stessa banca aveva qualificato come “titoli di carattere speculativo” i bond della Repubblica Argentina, e tale affermazione, ben vero non censurata sotto il profilo dell’omesso esame di fatti specifici di diverso segno, integra a sua volta un accertamento di fatto insindacabile in cassazione;

dopodichè la corte d’appello ha rettamente applicato il principio secondo il quale l’intermediario finanziario, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno per violazione degli obblighi informativi, non è esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione di investimento nel caso in cui l’investitore nel contratto-quadro si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio; in tal caso, difatti, l’intermediario deve comunque compiere quella valutazione in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso – come per esempio l’età, la professione, la presumibile propensione al rischio alla luce delle operazioni pregresse e abituali, la situazione di mercato (v. Cass. n. 18039-12, Cass. n. 5250-16);

le relative omissioni sono state accertate, donde nessun fondamento può attribuirsi alla doglianza così come formulata dalla banca;

III. – col secondo motivo la ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 21 del t.u.f., 28 del regolamento Consob 11522-98, artt. 1176, 1178, 2043 e 2947 c.c., censura la sentenza per avere affermato la responsabilità contrattuale di essa banca ed erroneamente respinto l’eccezione di prescrizione, che era stata sollevata in relazione al diritto al risarcimento del danno come conseguenza della dedotta responsabilità precontrattuale;

il motivo è manifestamente infondato;

in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento può certamente dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ma solo ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cosiddetto “contratto quadro”); viceversa la medesima violazione è fonte di responsabilità contrattuale, e può condurre finanche alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro” (v. Cass. n. 8462-14);

poichè questa seconda è la situazione che la corte territoriale ha accertato nel caso concreto, è evidente l’infondatezza della censura; la quale difatti non tiene conto che il termine di prescrizione era giustappunto quello decennale correlato al tipo di responsabilità, e che – come dalla sentenza puntualmente emerge – non era decorso all’atto della notifica della citazione (anche a prescindere dalla previa costituzione in mora);

IV. – col terzo motivo, infine, la banca denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 21 del T.u.f., 28 del regolamento Consob 11522-98, artt. 1176, 1178 e 2697 c.c., per avere la corte d’appello omesso ogni disamina in ordine alla eccepita insussistenza della responsabilità derivante dalla mancata informativa sulle scelte di disinvestimento, non essendovi stato tra le parti altro che un contratto di deposito amministrato, senza alcun obbligo di aggiornamento successivo proprio delle gestioni patrimoniali;

il motivo è inammissibile;

dalla sentenza chiaramente emerge che l’accoglimento della domanda non è stato determinato dalla pretesa violazione di obblighi informativi sull’andamento del mercato o sulla perdita di valore dei titoli dopo l’acquisto, da associare a una gestione di tipo patrimoniale, sebbene dalla violazione degli obblighi in ordine alla corretta esecuzione delle operazioni rappresentative della scelta dell’investimento, secondo il contratto quadro;

la doglianza si palesa quindi estranea alla ratio decidendi;

le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale massima di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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