Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9502 del 22/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33861-2018 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 34, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DE LORENZO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3394/3/2018 della COMMISSIONE TRIBTUARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO D’AQUINO.

RILEVATO

CHE:

Il contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per IRPEF relativa all’anno di imposta 2009, oltre accessori e sanzioni, emesso per canoni di locazione non dichiarati;

la CTP di Roma ha rigettato il ricorso e la CTR del Lazio, con sentenza in data 23 maggio 2018, ha rigettato l’appello, osservando che sarebbe stato onere del contribuente fornire la prova di un provvedimento formale di cessazione del contratto, quale la risoluzione consensuale, ovvero l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità del conduttore, non potendo la mancanza di atti formali essere surrogata da dichiarazioni di terzi;

propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio;

la proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la CTR omesso di valutare le dichiarazioni scritte, prodotte dal contribuente, al fine di dimostrare la risoluzione consensuale del contratto di locazione, in relazione al maggior reddito contestato al ricorrente; deduce il ricorrente come le dichiarazioni scritte si rivelerebbero decisive al fine di dimostrare l’anticipato abbandono dell’immobile da parte dei conduttori;

1.2. la dedotta censura – in ciò superandosi le deduzioni contenute nella memoria del ricorrente – è infondata, posto che l’omesso esame di elementi istruttori, come nella specie, non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. VI, 8 novembre 2019, n. 28887; Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053);

1.3. nella specie, il ricorrente si duole dell’omesso esame di un elemento istruttorio (le più volte menzionate dichiarazioni), laddove il fatto storico ad esso relativo (il rilascio di dichiarazioni inerenti la cessazione del contratto di locazione) è stato espressamente preso in esame dal giudice di appello (“dichiarazioni che, anche se prese in considerazione (…)”) e ritenuto inconferente;

1.4 sicchè la questione dedotta dal ricorrente si risolve nella contestazione della scelta del materiale probatorio fatta dal giudice del merito (che ha rilevato l’inesistenza di elementi documentali come la risoluzione consensuale del contratto di locazione o il provvedimento di convalida dello sfratto per morosità e ha ritenuto non decisive tali dichiarazioni), scelta riservata al giudice del merito;

2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza per mancanza, insufficienza, apparenza e/o manifesta contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per non avere la CTR nè motivato in merito al contenuto delle dichiarazioni scritte allegate dal contribuente al proprio ricorso, nè al motivo per cui non erano rilevanti;

2.2. la censura, relativa sostanzialmente alla mancata valutazione da parte della CTR delle dichiarazioni in esame, è parimenti inammissibile, perchè si risolve in argomenti di fatto la cui valutazione compete al Giudice di merito e non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo il testo vigente, applicabile nella specie;

2.3 va, inoltre, evidenziato che risulta chiaro il percorso logico del giudice di appello, ove ha fatto leva sulla mancanza di atti formali di cessazione del rapporto di locazione, inidonei al fine di far venir meno il principio di presunzione di percezione di redditi fondiari (Cass., Sez. V, 9 maggio 2019, n. 12332);

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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