LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31533/2018 R.G. proposto da:
N.O., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. GARZILLI Massimo ed elettivamente domiciliato in Roma, al viale delle Milizie, n. 106, presso lo studio legale dell’avv. VACCARO M. A. Paola;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3678/11/2018 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata il 19/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.
RILEVATO
Che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, con cui l’amministrazione finanziaria richiedeva il pagamento del maggior reddito IRPEF accertato per l’anno d’imposta 1999, successivamente ridotto in sede di autotutela, la CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, decidendo in sede di rinvio operato da questa Corte con la sentenza n. 27140 del 2016, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado e confermava l’avviso di accertamento impugnato “come modificato in autotutela dall’Agenzia delle Entrate”, sostenendo “che il contribuente non ha fornito nessuna documentazione idonea a giustificare la capacità di spesa accertata”.
2. Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
Che:
1. Il ricorrente con il primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 111 Cost..
2. Il motivo è infondato e va rigettato.
3. E’ noto che la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).
3.1. Nel caso di specie la CTR ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate sostenendo che “il contribuente non ha fornito nessuna documentazione idonea a giustificare la capacità di spesa accertata”. Pertanto, a prescindere dalla correttezza o meno della decisione assunta, la CTR ha espresso una ben identificabile ratio decidendi, ritenendo che il contribuente non avesse soddisfatto l’onere probatorio che, come peraltro affermato da questa Corte al punto 2 della sentenza di rinvio, incombeva sul medesimo. Non si rileva, quindi, l’imperscrutabilità della ratto che rende nulla la sentenza per apparenza motivazionale (Cass. SU 22232/2016 Rv. 641526).
4. Infondato è anche il secondo motivo con cui il ricorrente deduce un vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sostenendo che la CTR non aveva preso in considerazione una serie di fatti decisivi da esso dedotti in giudizio quali, l’omessa indicazione del metodo/criterio seguito dall’Ufficio nella rideterminazione del maggior reddito, dell’aliquota applicata, dei fatti posti a fondamento dell’incremento immobiliare, sinteticamente valutato dall’Ufficio quale maggior reddito, nonchè degli errori materiali commessi dall’Ufficio.
4.1. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, come quelle dedotte dal ricorrente nel motivo di ricorso in esame (per lo più attinenti alla motivazione del provvedimento impositivo) irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019, Rv. 655413; in termini anche Cass. n. 21152 del 08/10/2014, n. 14802 del 14/06/2017, n. 26305 del 18/10/2018).
5. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020