LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13852-2018 proposto da:
L.P., rappresentato e difeso da se medesimo unitamente all’avvocato Laura Totino ed elettivamente domiciliato presso il proprio studio in Roma, Largo Messico, n. 7;
– ricorrente –
contro
B.T.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 8680/2018 del Tribunale di Roma, depositata il 02/05/2018;
letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;
letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 settembre 2020 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.
RITENUTO
L.P. ha proposto opposizione ex art. 617 c.p.c., avverso un atto di precetto notificatogli da B.T.. Il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione e avverso tale decisione il L. ha proposto ricorso per cassazione articolato in dodici motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c., (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.
Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.
Il ricorso è stato notificato alla controparte a mezzo PEC, ma le stampe cartacee delle ricevute della notificazione telematica sono sprovviste della necessaria attestazione di conformità con sottoscrizione autografa del difensore richiesta dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter.
Sul punto sono intervenute le Sezioni unite, precisando che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità solo ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli del D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018, Rv. 650462 – 01).
Nel caso di specie la parte intimata non ha resistito con controricorso, assumendo quella condotta “sanante” del difetto di conformità che le Sezioni unite hanno ritenuto sufficiente a scongiurare l’improcedibilità del ricorso. Pertanto, avrebbe dovuto essere onere della ricorrente produrre – anche tardivamente – l’asseverazione di conformità mancante.
In difetto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Ciò posto, non è superfluo osservare che, pure qualora il ricorrente avesse posto rimedio alla causa di improcedibilità del ricorso, quest’ultimo sarebbe risultato comunque inammissibile in quanto l’esposizione dei fatti processuali – imposta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, quale condizione di ammissibilità del ricorso – è del tutto carente e non consente neppure di verificare la tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi, non essendo indicate le date al tal fine decisive (notifica del precetto e del ricorso in opposizione). Sono, inoltre, totalmente sottaciuti i motivi dell’opposizione e le ragioni della decisione impugnata.
Inoltre, il ricorso è carente del requisito di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sotto due distinti profili. Con i motivi 1, 2, 3 e 10 il ricorrente denuncia plurime irregolarità formali dell’atto di precetto, ma non riproduce il contenuto dell’atto (che non è neppure indicato fra gli allegati al ricorso); così impedisce, a monte, di verificare l’effettiva sussistenza di tali irregolarità, ancor prima di valutare quale ne sia la portata.
Con i motivi 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 13 denuncia l’omesso esame, da parte del giudice di merito, di una serie di doglianze asseritamente contenute nel ricorso in opposizione o comunque avanzate nel corso del giudizio. Tuttavia, non riproduce gli scritti processuali in cui tali doglianze sarebbero state formulate, impedendo di verificare se l’omesso esame vi sia stato davvero.
Il motivo n. 11 è inammissibile in quanto con lo stesso il ricorrente si duole della circostanza che il giudice non abbia fatto uso della facoltà, rimessa al merito, di disporre la compensazione delle spese processuali.
Il motivo n. 12 è inammissibile, in quanto il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non avrebbe provveduto sulla domanda di chiamare in causa un terzo (il Comune di *****), ma non indica quale fosse il suo interesse alla chiamata in causa.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Non si fa luogo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, poichè la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020