Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9635 del 26/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16770-2018 proposto da:

COMUNE DI SANT’ARPINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Di Foggia ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza di Spagna, n. 35, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Paoletti;

– ricorrente –

contro

DRG DI D.R.F.;

CONSORZIO UNICO DI BACINO DELLE PROVINCE DI NAPOLI E CASERTA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3031/2017 del Tribunale di Napoli Nord, depositata il 20/12/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 settembre 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

La DRG di D.R.F., creditrice del Consorzio Unico di Bacino delle Provincie di Napoli e Caserta, sottoponeva a pignoramento le somme a questo dovute dal Comune di Sant’Arpino. Il terzo pignorato non rendeva la dichiarazione prevista dall’art. 547 c.p.c., neppure dopo che, ai sensi dell’art. 548 c.p.c., gli veniva notificata l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione rinviava il processo esecutivo per consentirgli di comparire in udienza. Pertanto, ai sensi del medesimo art. 548 c.p.c., ritenuta la non contestazione del credito pignorato, il giudice dell’esecuzione assegnava al creditore procedente le somme indicate nell’atto di pignoramento.

Il Comune di Sant’Arpino proponeva opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione, sostenendo di non aver potuto rendere la dichiarazione per forza maggiore, consistente in un grave difficoltà organizzativa dei propri uffici.

Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza inaudita altera parte pubblicata il 24 luglio 2015, dichiarava inammissibile l’opposizione, in quanto iscritta al ruolo contenzioso ordinario, anzichè al ruolo generale delle esecuzioni.

Contro tale provvedimento il Comune di Sant’Arpino proponeva reclamo al collegio ex art. 669-terdecies c.p.c.. Il collegio rigettava il reclamo, lasciando tuttavia impregiudicata la facoltà dell’interessato di proseguire il giudizio nel merito.

Il Comune Sant’Arpino in data 3 dicembre 2015 notificava alle controparti un atto di citazione a comparire innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, chiedendo nel merito che fosse dichiarata l’inefficacia dell’ordinanza di assegnazione. La causa veniva poi riassunta innanzi al Tribunale di Napoli Nord, a seguito dell’istituzione di tale ufficio e della conseguente revisione della geografia giudiziaria. il Tribunale dichiarava l’opposizione inammissibile, in quanto tardivamente introdotta nel merito.

Avverso tale decisione il Comune Sant’Arpino ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c., (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Con il primo motivo di ricorso il Comune sostiene che, poichè il giudice dell’esecuzione non aveva fissato alcun termine per l’introduzione del giudizio di merito, egli aveva a disposizione sei mesi dalla pronuncia dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 289 c.p.c., Pertanto, male avrebbe fatto il Tribunale a dichiarare inammissibile la causa di opposizione agli atti esecutivi quanto introdotta nel merito oltre il termine di tre mesi dalla comunicazione del provvedimento.

La decisione impugnata è corretta, sebbene erroneamente motivata. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, previa correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

L’ordinanza, pronunciata inaudita altera parte, con la quale il giudice dell’esecuzione, senza assegnare i termini per introdurre il giudizio nel merito, ha pronunciato l’estinzione del processo esecutivo, è da ascrivere alla categoria delle c.d. “estinzioni atipiche”.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (e cioè differenti dalla rinuncia agli atti del processo ex art. 629 c.p.c., dall’inattività delle parti ex art. 630 c.p.c., dalla mancata comparizione delle parti a due udienze successive ex art. 631 c.p.c., e dalle cause espressamente previste dalla legge, anche speciale), ha natura sostanziale di atto viziato del processo esecutivo ed è, pertanto, impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio proprio previsto per tali atti, e non con il reclamo previsto dall’art. 630 c.p.c., che costituisce il rimedio stabilito per la dichiarazione di estinzione tipica (Sez. 3, Sentenza n. 3276 del 12/02/2008, Rv. 601765 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 30201 del 23/12/2008, Rv. 606105 – 01; da ultimo Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810 – 01).

Invece, tanto il ricorrente, quanto il collegio del reclamo e il giudice del merito ritengono erroneamente che l’ordinanza di estinzione avesse carattere interinale, che non escludeva la possibilità per il Comune di proseguire il giudizio nel merito.

In conclusione, il giudizio andava dichiarato inammissibile, ma non perchè proseguito nel merito oltre il termine di cui all’art. 307 c.p.c., bensì per la diversa ragione che esso non doveva affatto essere proseguito, risultando invece necessario proporre – nei termini di cui all’art. 617 c.p.c., – opposizione avverso l’ordinanza di estinzione.

Così corretta la motivazione, la sentenza deve essere dunque confermata in quanto il dispositivo è conforme a diritto.

Il secondo motivo è assorbito, in quanto è relativo alle ragioni di merito che avrebbero giustificato – a dire del Comune – l’omessa dichiarazione di quantità e la mancata comparizione all’udienza appositamente fissata a norma dell’art. 548 c.p.c.. Si tratta delle ragioni che – per l’appunto – il Comune avrebbe dovuto prospettare opponendo l’ordinanza di estinzione ai sensi e nei termini dell’art. 617 c.p.c..

Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.

Non si fa luogo alla liquidazione delle spese processuali, poichè la parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Ricorrono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione da lui proposta.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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