Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.9672 del 26/05/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21347/2018 proposto da:

PRINTLIFE PACKAGING SRL, in persona del legale rappresentante p.t.

V.R., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROCCO MASTRANGELO;

– ricorrente –

contro

S.M., rappresentata dalle procuratrici D.C.A.M.

e D.C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO PASSAGLIA 14, presso lo studio dell’avvocato MARIA SARA MERLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARINA CORSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1943/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/12/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:

con atto notificato il 17 marzo 2014, S.M. intimava alla società “Printlife Packaging srl” sfratto per morosità relativamente ad un capannone industriale, citandola per la convalida, deducendo che tra le parti era stato stipulato un contratto di locazione in data 5 gennaio 2009, ad uso diverso da quello abitativo, registrato in data 6 febbraio 2009, per il canone di Euro 500 mensili e lamentava che la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni dal mese di gennaio 2013, per l’importo complessivo di Euro 7500;

si costituiva in giudizio la società conduttrice opponendosi alla convalida e contestando la morosità, deducendo che, durante il rapporto contrattuale la locatrice avrebbe ricevuto canoni maggiori di quelli risultanti dalla scrittura registrata e che, pertanto, avrebbe dovuto riconoscersi l’operatività, nella fattispecie, della compensazione; spiegava domanda riconvenzionale per l’importo di Euro 83.000 quale differenza residua tra i canoni dovuti e quelli effettivamente versati;

disposto il mutamento di rito ed emessa l’ordinanza di rilascio, l’immobile veniva liberato in data 25 novembre 2014;

il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 10 novembre 2016, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice, rigettando la domanda riconvenzionale, con condanna al pagamento delle spese di lite. Secondo il primo giudice i pagamenti dedotti dalla resistente non avevano trovato riscontro probatorio;

avverso tale decisione proponeva appello la “Printlife Packaging srl” e si costituivano, nella qualità di procuratori di S.M., D.C.G. e A.M.:

la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 9 maggio 2018 rigettava l’impugnazione ritenendo ragionevole la ricostruzione operata dal Tribunale in punto di mancata prova della esistenza, tra le parti, di un accordo simulatorio;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione “Printlife Packaging srl” affidandosi a cinque motivi. Resiste con controricorso S.M., rappresentata dalle procuratrici Di C.A.M. e G..

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, art. 112 c.p.c., poichè la Corte territoriale non avrebbe provveduto sull’eccezione di omessa contestazione dei fatti dedotti dalla conduttrice ai sensi degli artt. 416 e 115 c.p.c.. Si assume che, con il primo motivo di appello la società ricorrente aveva dedotto di avere versato canoni di locazione per importi di gran lunga superiori a quelli previsti nel contratto scritto e registrato, e che la locatrice non aveva disconosciuto i documenti prodotti, limitandosi ad una contestazione generica;

con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per mancata contestazione da parte della locatrice dei fatti dedotti dalla conduttrice, nonchè dell’art. 416 c.p.c.. La locatrice non avrebbe mai contestato in maniera chiara che il canone che le era stato corrisposto dalla conduttrice ammontava ad un importo notevolmente superiore a quello previsto nel contratto;

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1417 c.c.. La Corte d’Appello non avrebbe considerato che la domanda riconvenzionale della conduttrice era tesa a dimostrare l’illiceità del contratto dissimulato, in quanto volto ad ottenere un canone maggiorato rispetto a quello registrato. Pertanto, il giudice di appello avrebbe errato nell’applicare le regole in tema di simulazione, negando l’ammissibilità della prova per testi;

con il quarto motivo si deduce la violazione di tali ultime disposizioni e del principio giurisprudenziale di ammissibilità della prova orale nel caso in cui vi sia un principio di prova scritta, ai sensi dell’art. 2724 c.c.. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non sussistente l’eccezione al divieto della prova testimoniale ai sensi dell’art. 2724 c.c., non attribuendo il valore di principio di prova scritta alla documentazione esibita dall’appellante. Sotto altro profilo, non avrebbe applicato il principio giurisprudenziale che consentirebbe, nell’ipotesi di indebito pagamento da parte del conduttore di somme non dovute, di fare ricorso alle presunzioni semplici oltre che alla prova per testi;

con il quinto motivo si lamenta la violazione dell’art. 92 c.p.c., chiedendo, in applicazione di tale disposizione, di revocare la condanna alle spese disposta in primo e secondo grado;

rileva la Corte che è preliminare l’esame congiunto del terzo e del quarto motivo, strettamente connessi, perchè entrambi relativi al tema centrale della mancata ammissione della prova testimoniale, tema che era stato oggetto di specifica doglianza in appello. Come emerge dal contenuto del ricorso (pagina 6 e seguenti) e dalla sentenza impugnata (pagine 7 e 8), la questione era stata sottoposta al giudice di appello sotto entrambi i profili riproposti in ricorso e cioè, ai sensi degli artt. 1417 e 2724 c.c.;

la domanda proposta dalla ricorrente, oggetto della riconvenzionale spiegata, era di ripetizione dell’indebito in dipendenza della nullità della previsione contrattuale di un canone superiore a quello risultante dal contratto registrato. A fondamento di ciò si deduce di avere allegato significativi principi di prova scritta che avrebbero reso doverosa l’ammissione della prova testimoniale da parte del giudice di merito. Secondo la condivisibile prospettazione della ricorrente, il contratto dissimulato volto ad ottenere un canone maggiorato rispetto a quello simulato e registrato, è nullo. La domanda del conduttore, pertanto, era finalizzata alla dimostrazione della illiceità del contratto dissimulato. Si ricorda, al riguardo che le parti negoziali, ai sensi dell’art. 1417 c.c., possono provare per testi che il contratto scritto era solo simulato e che quello che esse avevano realmente voluto, ovvero quello dissimulato in frode alla legge, era illecito;

la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che non fosse applicabile l’eccezione al divieto della prova testimoniale, ai sensi dell’art. 2724 c.c. non avendo la conduttrice conferito un principio di prova scritta ad un riscontro probatorio documentale presuntivo, per poterla ammettere. Al contrario, parte ricorrente ha dedotto, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, di avere prodotto un assegno bancario quietanzato, dell’importo di Euro 4000, consegnato alla locatrice in data 22 dicembre 2008, con la specifica imputazione di pagamento, alcuni assegni di conto corrente, meglio indicati in ricorso, depositati telematicamente in primo grado e riprodotti in cartaceo nel giudizio di appello, nonchè una proposta contrattuale di locazione predisposta da un’agenzia immobiliare, su incarico della locatrice, in cui si rappresentava il diverso canone di locazione di Euro 2000;

il giudice del rinvio valuterà la rilevanza delle specifiche circostanze di prova, anche in considerazione del principio affermato da Cass. n. 12866 del 2005 in tema di prova per presunzioni, secondo cui, per la ripetizione dell’indebito pagato dal conduttore, la prova dei canoni versati in eccesso può essere raggiunta anche facendo ricorso a presunzioni semplici ed alla prova per testi;

alla luce delle considerazioni che precedono gli altri motivi sono necessariamente assorbiti;

ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio, atteso che, in forza della mancata ammissione della prova testimoniale, non sono stati esaminati i presupposti fondamentali e decisivi dell’azione, sui quali dovrà evidentemente pronunciarsi il giudice di rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo; dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472