Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.9676 del 26/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28229/2018 proposto da:

G.P., A.E., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANGELA BUCCICO, rappresentate e difese dall’avvocato NICOLA ROCCO;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUCIA SCAPPATICCI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO CAMPISE;

– controricorrente –

e contro

G.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1454/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIA LUCIA SCAPPATICCI per delega orale.

FATTI DI CAUSA

Il coniuge ed i figli di G.A. hanno agito in giudizio nei confronti della Generali Italia spa, quale impresa designata per il Fondo Vittime della Strada, deducendo che nell’incidente del ***** aveva perso la vita il predetto G.A., a seguito di un incidente causato da un veicolo rimasto di ignota proprietà.

Quest’ultimo precedeva la vettura del de cuius, ed il suo conducente improvvisamente svoltava a sinistra per raggiungere un’area di servizio, imponendo al G. una manovra repentina volta ad evitare l’impatto. La conseguenza era che la sua vettura sbandava ed andava a finire contro un autotreno che procedeva in senso opposto.

Secondo gli eredi del G., ossia la moglie A.E. e la figlia G.P., la responsabilità dell’incidente era da attribuirsi in esclusiva alla vettura che precedeva quella del loro congiunto a cagione della improvvisa e non consentita svolta a sinistra.

Questa tesi è stata accolta dal giudice di primo grado che ha di conseguenza riconosciuto il risarcimento a carico delle Generali ed a favore delle due attrici. Le Generali hanno proposto appello, lamentando invece un concorso di colpa del de cuius, ed, in via riconvenzionale, chiedendo altresì la restituzione delle somme che avevano corrisposto per i danni subiti dai terzi trasportati, ossia Gi.Pa., anche egli deceduto, e Gi.Al., rimasto gravemente ferito.

La corte di appello ha accolto l’impugnazione delle Generali, ritenendo un concorso di colpa paritario del veicolo rimasto ignoto e del G., e cosi compensando le somme dovute da quest’ultimo alle Generali con quelle a carico di quest’ultima.

Avverso tale sentenza ricorrono le eredi del G. con tre motivi, a fronte dei quali v’è costituzione con controricorso delle Generali Spa. Entrambe le parti depositano memorie.

Il PM ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La sentenza di appello giunge alla conclusione del concorso di colpa, sulla base di un ragionamento presuntivo articolato nel modo seguente.

Il G. teneva una velocità sostenuta, che gli ha impedito di evitare l’impatto. Dunque, egli era in colpa a sua volta, quanto lo era il conducente, rimasto ignoto, del veicolo che con la sua improvvisa svolta a sinistra, ha imposto la brusca manovra alla vittima.

La corte induce che quest’ultima teneva una velocità non adeguata, anzi sostenuta, dai rilievi della Polstrada e dall’entità dei danni causati dall’impatto. Ritenuto il concorso di colpa, conseguentemente, la corte accerta un minor credito risarcitorio a favore degli eredi di G. (rispetto alla somma riconosciuta in primo grado); accerta di conseguenza un credito delle Generali, che in riconvenzionale hanno agito in surrogatoria degli eredi di Gi.Pa. e di Gi.Al. personalmente, e compensa tale credito con il debito verso gli eredi G..

Condanna dunque questi ultimi a restituire la somma percepita in eccesso per la perdita del congiunto, e ridotta, come detto, a causa del ritenuto concorso di colpa di quest’ultimo.

2.- Le due eredi di G. agiscono con tre motivi.

Con il primo motivo lamentano violazione dell’art. 2054 c.c.

Sostengono che la corte di merito ha violato la regola di presunzione di colpa stabilita da tale norma, ossia che ha ritenuto il concorso di colpa del loro congiunto, senza che vi fossero prove sufficienti per farlo, ed altresì violando le regole che presidiano all’uso delle presunzioni, non avendo invero la corte elementi certi da cui indurre l’eccessiva velocità.

Con il secondo motivo lamenta nullità della sentenza (per violazione degli artt. 99,112,167,183,184, 190 e 345 c.p.c.), nel senso che la decisione sarebbe stata assunta ultra petita rispetto alla domanda delle Generali. Quest’ultima, secondo le ricorrenti, avrebbe chiesto la restituzione delle sole somme corrisposte, a causa del sinistro, agli eredi di Gi.Pa., ma non avrebbe fatto espressa domanda di restituzione delle somme corrisposte ad Gi.Al. (rimasto ferito nell’incidente). La corte invece avrebbe ritenuto erroneamente che la domanda delle Generali comprendesse anche queste ltime, avendo la compagnia di assicurazione depositato la quietanza di pagamento fatta ad Gi.Al., con le memorie di cui all’art. 183 c.p.c..

Secondo le ricorrenti, il mero deposito della quietanza non potrebbe valere come implicita domanda di restituzione, che comunque sarebbe tardiva.

Il fatto omesso sarebbe per l’appunto costituito dalla tardività di tale domanda. Con il terzo motivo si denuncia ugualmente nullità della sentenza per omesso esame di un fatto controverso e decisivo (nonchè violazione degli artt. 99,112,132,345 c.p.c.).

Secondo le ricorrenti, il fatto omesso, la cui considerazione avrebbe portato a diversa decisione, starebbe nella tardività della eccezione di compensazione, fatta soltanto con la memoria di cui all’art. 184 c.p.c..

L’omesso esame di tale tardività risulterebbe proprio dalla mancanza totale di motivazione circa la disposta compensazione.

4.1.- Il primo motivo è infondato.

Come si è prima detto, il Tribunale aveva, in prima istanza, ritenuto l’esclusiva responsabilità del conducente del veicolo rimasto ignoto; questa decisione è stata rivista dalla corte di appello, nel senso invece della concorrente colpa del G., la cui imprudenza starebbe nella velocità eccessiva che gli avrebbe impedito di evitare l’impatto.

Siamo in una fattispecie di scontro tra veicoli, dove la regola di giudizio è nel senso che ” la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054 c.c., comma 2, ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro”. (Cass. 9353/2019; Cass. 26004/2011).

Siamo cioè in casi in cui il giudice deve dapprima valutare l’apporto causale colposo dei conducenti coinvolti, e solo quando non vi sia prova dell’esclusiva responsabilità di uno, o non sia possibile ricostruire quale sia stato il ruolo delle condotte poste in essere dai conducenti, deve applicare il residuale criterio del concorso di colpa.

Ovviamente, la prova della condotta colposa dei conducenti segue i criteri probatori usuali, presunzioni semplici comprese.

La corte di appello, sotto questo aspetto, ha accertato, con prova diretta, la responsabilità del conducente del veicolo ignoto, ossia lo ha fatto attraverso le testimonianze, ed ha accertato che costui ha svoltato a sinistra improvvisamente ed in un tratto in cui non era consentito farlo (v’era linea continua di mezzeria). Invece ha fatto ricorso ad una presunzione per stabilire la responsabilità concorrente del G., ossia del congiunto delle attrici.

Ha in sostanza ricavato il fatto ignoto della velocità sostenuta ed imprudente da alcuni elementi che sarebbero emersi in giudizio. Intanto dai rilievi della Polstrada, secondo cui verosimilmente il G. viaggiava ad alta velocità e verosimilmente viaggiava verso il centro della carreggiata.

Altro elemento da cui la corte di appello ha ricavato il fatto noto della eccessiva velocità sta nell’entità dei danni subiti dal veicolo a causa dell’impatto con l’autotreno.

Si tratta dunque di una inferenza, quella tipica delle presunzioni, che, da un punto di vista formale (che è quello qui censurabile) segue lo schema legale del ragionamento presuntivo, e precisamente sia la regola per cui le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato (art. 2727 c.c.), sia la regola per cui il giudice non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.).

Più precisamente, queste due suddette regole presuppongono un accertamento del giudice di merito tale che costui, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. 9059/2018; Cass. 27410/2019).

La decisione impugnata rispetta questo schema, avendo valutato dapprima i singoli elementi presuntivi (entità dei danni, rapporto dei vigili, ecc.) ed avendoli poi messi insieme per trarre la conclusione della colpa del conducente.

La concreta valutazione di quegli elementi costituisce un giudizio di fatto qui non sindacabile.

4.2.- E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.

E’ fondato in quanto la società Generali spa ha proposto, con la riconvenzionale, domanda di restituzione delle somme versate agli eredi di Gi.Pa.. Con la memoria di cui all’art. 184 c.p.c., ha poi esteso la domanda di restituzione anche alle somme versate invece ad Gi.Al., depositando in quel momento quietanza del pagamento a quest’ultimo.

E si tratta di domanda nuova.

Non si può, infatti, parlare di semplice emendatio, in quanto altro è la restituzione delle somme pagate ad un soggetto, altro la restituzione delle somme versate ad altro diverso soggetto, pur essendo coincidente il titolo di entrambi gli adempimenti.

La mera modifica della domanda presuppone una identità soggettiva, che qui non c’è. La pretesa di vedersi restituite somme corrisposte ad un soggetto è diversa da quella di restituzione di somme versate ad altro, pur se coincide il titolo della pretesa restitutoria.

Con la conseguenza che la formulazione della domanda di restituzione delle somme corrisposte ad Gi.Al. deve ritenersi tardiva, ed ultra petita la decisione che invece la ha accolta.

4.3.- L’accoglimento del secondo motivo rende assorbito il terzo.

Il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui in motivazione, con rinvio.

P.Q.M.

La corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, dichiara assorbito il terzo.

Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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