Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9748 del 26/05/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25937-2018 proposto da:

B.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MENICHELLA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di FOGGIA, depositato il 01/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Foggia, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., omologava il requisito negativo in capo a B.A.M. in relazione all’accertamento delle condizioni sanitarie utili allo stato di handicap in situazione di gravità e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di lite ponendo a carico di entrambe le parti in solido le spese di ctu, con rivalsa dell’Inps per l’intero nei confronti della stessa ricorrente. Il tribunale aveva condannato la ricorrente ritenendo che sussistesse una ipotesi riconducibile al disposto dell’art. 96 c.p.c..

Avverso tale ultima statuizione in punto di spese la B. proponeva ricorso affidato ad un solo motivo.

L’Inps rimaneva intimato.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. Attuaz. c.p.c. e degli artt. 91 e 96 c.p.c in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, il tribunale, omesso di considerare che la ricorrente aveva diritto alla esenzione delle spese in ragione del reddito posseduto e di quanto disposto dell’art. 152 disp. attuaz. c.p.c.. Soggiungeva inoltre di aver inserito la dichiarazione a ciò relativa nel ricorso introduttivo del giudizio. Il motivo risulta inammissibile con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 152 disp.attuaz. c.p.c.

Questa Corte ha chiarito che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (Cass.n. 22952/2016).

La statuizione indica i requisiti per potersi avvalere della esenzione in questione, requisiti che, nel caso di specie non risultano presenti, attesa la carenza di allegazione e prova della dichiarazione richiesta. Deve a riguardo rilevarsi che, a seguito di controllo del fascicolo di primo grado, non risulta inserita la suddetta dichiarazione e neppure l’indice dei documenti da cui desumere l’avvenuto deposito. Inapplicabile risulta quindi l’invocata disposizione.

Quanto alla applicazione fatta dell’art. 96 c.p.c., deve rilevarsi che il giudice non ha specificato a quale ipotesi della disposizione intendesse fare riferimento, anche omettendo di dar conto delle condizioni eventuali per l’applicazione del comma 1. La censura di violazione e falsa applicazione della disposizione può quindi trovare fondamento allorchè si consideri che non risultano indicate dal Giudice quelle condotte che, in materia di responsabilità processuale aggravata, siano da considerarsi sintomatiche dell’elemento soggettivo della mala fede o della colpa grave (ad esempio consapevolezza della infondatezza in jure della domanda o anche omessa deduzione di circostanze fattuali dirimenti ai fini della corretta ricostruzione della vicenda controversa)(Cass.n. 4136/2018).

Deve pertanto accogliersi la censura relativa all’errata applicazione del predetto art. 96 c.p.c., non sussistendone le condizioni, ferma restando la statuizione riferita alla infondatezza della pretesa e al regolamento delle spese già disposto dal Tribunale, in forza del diverso (rispetto all’art. 96 c.p.c.) criterio della soccombenza, così integrandosi e correggendosi la motivazione.

Compensa le spese del giudizio di legittimità in ragione del parziale accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso solo con riguardo all’applicazione dell’art. 96 c.p.c. e rigetta nel resto.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472