LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30337-2018 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. MOROSINI 16, presso lo studio dell’avvocato GUIDO GUERRA, rappresentato e difeso dall’avvocato UGO DELLA MONICA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3472/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il 16/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE P.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate Riscossione, impugnando la sentenza della CTR Campania indicata in epigrafe con la quale è stato accolto l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto l’illegittimità del preavviso di fermo. Secondo la CTR il concessionario aveva dimostrato documentalmente la rituale notifica delle cartelle presupposte.
L’Agenzia delle entrate Riscossione si è costituita con controricorso.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per radicale contraddittorietà della motivazione avendo la CTR fatto riferimento nel corpo della motivazione sia all’accoglimento che al rigetto dell’appello, rendendo incomprensibile il contenuto decisorio.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha accolto l’impugnazione del concessionario esplicitando le ragioni poste a fondamento dell’accoglimento al quale si riferisce tanto nella parte motiva che nel dispositivo, appunto correlato alla ritenuta dimostrazione della notifica degli atti prodromici da parte del concessionario.
Ne consegue che la dizione “ne discende il rigetto dell’appello” è chiaramente frutto di errore materiale, inidoneo ad incidere sulla validità della sentenza.
In tale prospettiva si è di recente affermato, nel solco di una giurisprudenza consolidata, che soltanto il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo. Tale insanabilità deve tuttavia escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga; in tal caso è configurabile l’ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l’esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall’altro, deve qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere il contrasto tra dispositivo e motivazione – cfr. Cass., n. 21618/2019, conf. Cass., n. 10305/2011 -.
Il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’art. 140 c.p.c., è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Ed invero, il ricorrente prospetta infatti una censura che si fonda sul contenuto dell’avviso di ricevimento che non è stato in alcun modo riprodotto nel ricorso e che impedisce a questa Corte un vaglio puntuale della censura, non rinvenendosi nemmeno dalla sentenza che gli elementi ai quali la censura fa riferimento (e segnatamente la mancata consegna dell’atto perchè essere il destinatario sconosciuto).
Tanto impedisce di potere esaminare la censura che, peraltro, attiene alla valutazione degli elementi di prova offerti dal concessionario per dimostrare la notifica degli atti prodromici, come tale involgente una valutazione di merito non censurabile per motivi di legittimità come invece ha fatto il ricorrente.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore di Agenzia delle Entrate Riscossione in Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020