Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9843 del 26/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30571-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1337/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA di MESSINA, depositata il 23/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro R.S., impugnando la sentenza della CTR Sicilia indicata in epigrafe con la quale è stato annullato l’accertamento emesso nei confronti del contribuente per la ripresa a tassazione di redditi di partecipazione a società a r.l. ristretta base sociale – R. MPA srl – per l’anno 2009.

La parte intimata non ha depositato controricorso.

L’Agenzia delle Entrate prospetta la violazione degli artt. 295 e 324 c.p.c., dolendosi del fatto che il giudice di merito abbia omesso di sospendere il giudizio malgrado la natura pregiudiziale del procedimento relativo alla società, considerando le statuizioni di annullamento dell’accertamento nei confronti del sodalizio resa dal giudice di appello definitive, senza invece avvedersi che la pronunzia della CTR resa nei confronti della società non era ancora definitiva per non essere passata in giudicato. Circostanza che l’avrebbe dovuta indurre a sospendere il giudizio.

Il motivo di ricorso è infondato.

In effetti, questa Corte, decidendo fattispecie omologhe alla presente, nelle quali il giudice di merito aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali a ristretta base partecipativa in relazione a precedente annullamento dell’avviso emesso a carico della società prodromico con sentenza non passata in giudicato aveva ritenuto, con orientamento consolidato, che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 – cfr., ex plurimis, Cass. n. 2214/2011, Cass. n. 16913/2016 -.

Tale orientamento non può tuttavia riproporsi in relazione alla nuova versione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, come modificato a far data dall’1 gennaio 2016 in forza del D.Lgs. n. 156 del 2015. Secondo tale disposizione la sospensione del processo di cui all’art. 295, c.p.c. non è applicabile allorchè la causa tributaria ipotizzata quale pregiudicante pende in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 337 c.p.c., comma 2, secondo il quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sè favorevole, ma non ancora definitiva, così limitando la clausola di esclusione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, al solo art. 337 c.p.c., comma 1 – cfr. Cass. n. 23480/2017 -.

In definitiva, fatti salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esiste rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c. (Cass. n. 21505/2013).

Tali principi, di recente espressi da questa stessa sezione, – Cass. n. 12900/2018 – conclamano l’erroneità della censura relativa alla pronunzia della CTR pubblicata il 23 maggio 2018 rispetto alla quale si applica, dunque, il più recente quadro normativo sopra ricordato -, muovendo l’Agenzia dall’idea dell’obbligatorietà della sospensione per pregiudizialità in ragione della pendenza del procedimento pregiudicante che, per converso, è stato obliterato per effetto della modifica normativa sopra ricordata.

Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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