Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.12345 del 10/05/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15544-2016 proposto da:

CRA (CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente principale –

contro

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo studio dell’avvocato MAURO MONTINI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 372/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/04/2016 R.G.N. 450/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2020 dal Consigliere Dott. MAROTTA CATERINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE ALBERTO che ha concluso per accoglimento dei primi due motivi e assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale;

udito l’Avvocato ANGELO COLUCCI per delega verbale Avvocato MAURO MONTINI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze, pronunciando sull’impugnazione del Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura (CRA) nei confronti di C.M., confermava la decisione del locale Tribunale che aveva accolto la domanda della C., già direttore di sezione ordinario nel ruolo del personale direttivo scientifico per i servizi della ricerca e la sperimentazione agraria presso il Ministero delle Politiche Agrarie e Forestali (MIPAAF) transitata ex lege nei ruoli del CRA, intesa ad ottenere l’indennità di anzianità la L. n. 70 del 1975, ex art. 13 (norma applicabile al CRA) con riferimento alla complessiva anzianità posseduta al momento del collocamento in quiescenza e dunque senza alcun frazionamento temporale per il periodo prestato alle dipendenze del Ministero, con condanna del CRA al pagamento in suo favore della somma di Euro 80.377,43.

La Corte territoriale preliminarmente respingeva l’eccezione di inammissibilità del gravame per tardività ritenendo che, a fronte della costituzione del CRA nel giudizio di primo grado a mezzo dei propri funzionari e della mancanza di elezione di domicilio da parte dei predetti nel circondario del Tribunale adito, prevalesse, rispetto ad una notifica presso la cancelleria, l’indicazione, da parte di detti funzionari, al momento della costituzione in giudizio, del proprio indirizzo di posta elettronica (“posta – certificata.pec.aruba.it”) cui solo dovevano essere effettuate le notifiche ai fini del decorso del termine breve.

Escludeva altro profilo di inammissibilità per violazione dell’art. 342 c.p.c., richiamando i principi affermati da questa Corte nella decisione n. 2143/2015.

Quanto al merito disattendeva la tesi dell’appellante della frazionabilità dell’anzianità di servizio ai fini del trattamento di fine servizio e riteneva che in caso di mobilità ex lege tra pubbliche amministrazioni dovesse essere applicata con riferimento all’intero rapporto la disciplina dell’ente di destinazione e sulla base di questa calcolata la complessiva anzianità, richiamando a sostegno di tale assunto i precedenti di questa Corte n. 24616/2011 e 8691/2012.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA) già Consiglio della Ricerca in Agricoltura sulla base di tre motivi.

3. C.M. ha resistito con controricorso e formulato altresì ricorso incidentale affidato a tre motivi cui il CREA ha resistito con controricorso.

4. La C. ha, altresì, depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Motivi del ricorso principale.

1. Con il primo motivo il CRA denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 70 del 1975, art. 13, in combinato disposto con il D.P.R. n. 1032 del 1973, della L. n. 554 del 1988, art. 6, comma 4 e del D.P.R. n. 104 del 1993 (regolamento di attuazione della L. 29 dicembre 1988, n. 554), del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1988, n. 80, art. 35 (vigente ratione temporis), del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 454, art. 9, comma 4 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Censura la sentenza impugnata per aver applicato ad una ipotesi di mobilità ex lege principi affermati con riferimento alla mobilità volontaria.

Rileva che nella specie il transito della C. è avvenuto ai sensi del D.Lgs. n. 454 del 1999 (e non ai sensi della L. n. 554 del 1988, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale).

Richiama la disciplina di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 35 ed il D.P.R. attuativo 16 settembre 1994, n. 716, prevedente che l’assetto normativo voluto dal legislatore si applica solo ai trasferimenti attuati fino a 28 febbraio 1995 (e dunque non al caso di specie in cui il trasferimento è avvenuto nel 2004).

Rileva che la fonte normativa dei processi di mobilità volontaria e d’ufficio è costituita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 31 e ss., che non prevede quella tutela ritenuta dalla Corte territoriale.

2. Con il secondo motivo il CRA denuncia, sotto altro profilo, la violazione o falsa applicazione della L. n. 70 del 1975, art. 13, in combinato disposto con il D.P.R. n. 1032 del 1973, della L. n. 554 del 1988, art. 6, comma 4 e del D.P.R. n. 104 del 1993 (regolamento di attuazione della L. 29 dicembre 1988, n. 554), del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1988, n. 80, art. 35, (vigente ratione temporis), del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 454, art. 9, comma 4, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Ribadisce che trattandosi, nella specie, di trasferimento di funzioni ope legis (segnatamente dagli ex istituti di sperimentazione agraria al CRA) non possono trovare applicazione le disposizioni di cui alla L. n. 554 del 1998, art. 6, nè il Regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 104 del 2003 che riguardano la mobilità, volontaria e non, del personale delle amministrazioni in esubero con passaggio di personale.

Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nella determinazione del quantum dovuto alla C. anche affermando che le difese dell’Amministrazione non contenevano alcuna contestazione specifica dei conteggi analitici sulla base dei quali la ricorrente rivendicava le differenze.

Motivi del ricorso incidentale.

3. Con il primo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 e 325 c.p.c., la violazione dell’art. 2909 c.c., la violazione dell’art. 111 Cost. e del principio del giusto processo (art. 360 c.p.c., n. 3).

Censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha pronunciato l’inammissibilità dell’appello del CRA per tardività.

Rileva che la sentenza di primo grado era stata ritualmente notificata dalla C. al CRA presso la cancelleria del giudice di primo grado, in mancanza di elezione di domicilio nella circoscrizione del giudice adito e che dalla data di tale notifica dovevano decorrere i termini per l’appello, non potendo avere rilevanza (per escludere la ritualità di tale notifica) l’indicazione di un indirizzo pec “posta-certificata.pec.aruba.it” non riconducibile all’Ente, indicato dai funzionari costituitisi in primo grado.

4. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5).

Rileva che la Corte, senza disporre alcun accertamento istruttorio, ha ritenuto che l’asserito indirizzo pec “posta-certificata.pec.aruba.it”, fosse riferibile ai difensori del CRA, laddove, come dimostrato in causa, la pec ufficiale dell’Ente era “cra.pec.entecra.it” (come si evinceva non solo dal sito internet dell’Ente ma anche da quello “www.indice.gov.it”).

5. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e art. 92 c.p.c., comma 2 (art. 360 c.p.c., n. 3).

6. Censura la sentenza impugnata per aver posto a base della disposta compensazione delle spese il rigetto della eccezione di tardività del ricorso che, invece, per quanto evidenziato con il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale, doveva essere accolta.

7. Ragioni di ordine logico impongono l’esame prioritario del ricorso incidentale.

8. I primi due motivi di tale ricorso sono fondati per le ragioni di seguito illustrate.

9. E’ pacifico in atti che il CRA si fosse costituito nel giudizio di primo grado, svoltosi davanti al Tribunale di Firenze, a mezzo dei propri funzionari e non avesse eletto domicilio presso la circoscrizione di tale Tribunale (vi era, infatti stata nella memoria di costituzione in tale giudizio l’elezione di domicilio presso la sede del CRA in Roma).

10. Deve, al riguardo, precisarsi che, in ipotesi di patrocinio di un ente non statale, ove tale ente sia rappresentato e difeso, ai sensi dell’art. 417 bis c.p.c., da propri funzionari, grava anche su questi ultimi l’elezione di domicilio ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. In mancanza della suddetta elezione, devono ritenersi valide le notificazioni effettuate presso la cancelleria del giudice procedente.

11. Non osta alla ritualità della indicata notifica della sentenza, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, la disciplina normativa che ha richiesto al difensore di indicare negli atti difensivi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (pec), introdotta dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35 ter, lett. a) conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, nonchè dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25 comma 1, lett. a), che hanno modificato – con efficacia dall’1.2.2012 – l’art. 125 c.p.c. e l’art. 366 c.p.c., comma 2, (indirizzo pec coincidente con quello comunicato al Consiglio dell’Ordine ex D.L. n. 185 del 2008), ed ancora dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, che ha reso obbligatorie le comunicazioni e le notificazioni telematiche.

La suddetta disciplina non può evidentemente riguardare il funzionario (non iscritto ad alcun albo speciale degli avvocati pubblici) costituitosi ex art. 417 bis c.p.c., stante la evidenziata necessaria coincidenza con l’indirizzo comunicato al Consiglio dell’Ordine. Ed infatti solo per il difensore è previsto, ai fini della responsabilità della gestione della propria utenza, il meccanismo per ottenere dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, la comunicazione del proprio indirizzo di pec al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

La diversità del funzionario rispetto al difensore è stata, del resto, ben evidenziata da questa Corte che, ad esempio, ha ritenuto che l’obbligo del deposito telematico non si applica ai funzionari di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio (v. Cass. 1 giugno 2018, n. 14062).

12. Nè può sostenersi che l’indicata pec “posta-certificata.pec.aruba.it” valesse ad indicare un “domicilio digitale” ai sensi di quanto previsto da Cass., Sez. Un., 20 giugno 2012, n. 10143, considerato che vi era stata una espressa (ancorchè non corretta) elezione di domicilio presso la sede legale dell’Ente in Roma e che il suddetto indirizzo (peraltro, come accertato in causa, non corrispondente a quello ufficiale dell’Ente che era “cra.pec.entecra.it”) era stato indicato al solo fine di ricevere le comunicazioni.

A fini processuali, del resto, deve essere utilizzato quale “domicilio digitale” qualificato a fini processuali e idoneo a garantire l’organizzazione preordinata all’effettiva difesa solo l’indirizzo pec censito nel registro generale degli indirizzi di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 7 (ReGIndE) ovvero nel registro delle pp.aa. di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 12, esclusa essendo ogni sanatoria per raggiungimento dello scopo. (v., in particolare, Cass. 9 aprile 2019, nn. 9914 e 9918); ne consegue, come affermato da questa Corte, che non è idonea a determinare la decorrenza del termine breve per l’appello la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo pec diverso da quello inserito nel ReGIndE e comunque non risultante dai pubblici elenchi, ancorchè indicato dal difensore nell’atto processuale (v. Cass. 25 maggio 2018, n. 13224).

13. Ed allora, nella specie, essendo pacifico in atti che la notifica della sentenza di prime cure sia stata effettuata, su richiesta del difensore della C., in data 26 marzo 2015, presso la cancelleria del Tribunale di Firenze, doveva essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello, depositato in data 12 giugno 2016, per tardività (art. 326 c.p.c.).

14. A tanto consegue che vann6 accolti i primi due motivi di ricorso incidentale, assorbito il terzo ed il ricorso principale.

In relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, perchè il giudizio di appello non poteva essere proseguito; da tanto deriva altresì che resta ferma la decisione resa dal primo giudice.

15. La regolamentazione delle spese del giudizio di appello segue la soccombenza; per il medesimo principio, il CRA (ora CREA) va condannato al pagamento, in favore di C.M., delle spese del presente giudizio di legittimità.

16. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso incidentale, assorbito il terzo ed il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata senza rinvio; condanna il CRA (ora CREA) al pagamento, in favore di C.M., delle spese processuali del giudizio di appello che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e spese generali nonchè delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi in ed Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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