LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto di competenza iscritto al n. 29526/2020 R.G., sollevato dal Tribunale di Catania con ordinanza in data 30 ottobre 2020, nel procedimento vertente tra:
M.A., da una parte, e D.P. GRAZIA, dall’altra, ed iscritto al n. 16815/2019 V.G. di quell’Ufficio.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 aprile 2020 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CERONI Francesca, che ha chiesto la dichiarazione di competenza del Tribunale ordinario di Catania.
FATTI DI CAUSA
1. M.A., già convivente more uxorio con D.P.G., l’ha convenuta dinanzi al Tribunale di Catania, ai sensi dell’art. 337-quinquies c.c., per sentir modificare il decreto emesso il 25 ottobre 2016 dal Tribunale di Messina, con cui, a seguito della cessazione della relazione, erano stati disciplinati l’affidamento ed il mantenimento della figlia minore M., nata dall’unione.
A sostegno della domanda, il ricorrente ha lamentato comportamenti pregiudizievoli della D.P. a danno della figlia, chiedendo l’affidamento esclusivo della minore, con il collocamento della stessa presso di sè, ed in subordine la modificazione del collocamento, con l’imposizione a carico della D.P. dell’obbligo di corrispondere un assegno mensile di mantenimento di Euro 300,00.
Si è costituita la D.P., segnalando a sua volta fatti gravi, tali da giustificare l’affidamento esclusivo della figlia, con il collocamento della minore presso di sè.
2. Nel corso del giudizio, i servizi sociali del Comune di *****, incaricati di effettuare un’indagine sul benessere psicofisico di M. e di monitorare i contesti familiari di riferimento, hanno collocato la minore in via d’urgenza presso una struttura comunitaria, ai sensi dell’art. 403 c.c., e ne hanno segnalato la condizione di disagio al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Catania, il quale ha chiesto disporsi, in via d’urgenza, la limitazione della responsabilità genitoriale nei confronti del M. e della D.P..
2.1. Con decreto del 18 settembre 2020, il Tribunale per i minorenni ha accolto la domanda, disponendo in via d’urgenza, a limitazione della responsabilità genitoriale, l’affidamento della minore ai servizi sociali, con la conservazione del collocamento presso la comunità.
A fondamento della decisione, il Giudice minorile ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema d’interpretazione dell’art. 38 disp. att. c.c., ponendo in risalto la diversità della parte pubblica istante rispetto a quelle del giudizio pendente dinanzi al Tribunale ordinario e la mancata proposizione, nell’ambito di quest’ultimo, di una domanda di applicazione degli artt. 330 e ss. c.c., nonchè l’autonoma competenza del Tribunale per i minorenni in ordine alle situazioni di criticità segnalate dal Pubblico Ministero che possono condurre alla dichiarazione di adottabilità o all’adozione di misure quali l’affido eterofamiliare.
3. Con ordinanza del 30 ottobre 2020, il Tribunale di Catania ha sollevato conflitto positivo di competenza, richiamando anch’esso l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la competenza in ordine ai provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale spetta al tribunale ordinario dinanzi al quale pende il giudizio di separazione o di modifica delle condizioni riguardanti la prole, e precisando che tale competenza non è esclusa dall’assunzione dell’iniziativa da parte del Pubblico Ministero, la quale non fa venir meno l’identità delle parti in senso formale e sostanziale. Ha evidenziato che nella specie l’iniziativa del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni è stata assunta a seguito di una segnalazione proveniente dai servizi sociali del Comune, incaricati proprio dal Tribunale ordinario di riferire in ordine al monitoraggio del nucleo familiare, ritenendo irrilevante l’astratta possibilità dell’apertura di un procedimento volto alla dichiarazione dello stato di adottabilità o all’adozione di misure quali l’affido eterofamiliare, dal momento che la domanda concretamente proposta ha ad oggetto l’adozione di uno dei provvedimenti previsti dagli artt. 330 e ss. c.c..
4. Le parti non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, occorre dare atto dell’ammissibilità del regolamento d’ufficio, conformemente all’orientamento consolidato di questa Corte che ne esclude la natura di mezzo d’impugnazione, ravvisandovi piuttosto uno strumento volto a sollecitare l’individuazione del giudice naturale, precostituito per legge, al quale compete la trattazione, interinale o provvisoria ma comunque esclusiva, dell’affare, e riconoscendone pertanto la compatibilità con i procedimenti in camera di consiglio (cfr. Cass., Sez. VI, 4/08/2011, n. 16959; Cass., Sez. I, 7/04/2004, n. 6892). Come già precisato da questa Corte in riferimento ad analoga fattispecie, il ricorso a tale strumento non può ritenersi precluso dal carattere positivo e virtuale del conflitto insorto tra il tribunale ordinario e quello per i minorenni, qualora quest’ultimo, come nella specie, abbia chiaramente manifestato, attraverso l’adozione di provvedimenti urgenti, l’intenzione di dare corso alla domanda proposta dinanzi a sè, nell’esercizio della competenza inderogabile attribuitagli dall’art. 38 disp. att. c.p.c.; ai fini dell’esperibilità del regolamento di competenza, è stata d’altronde esclusa, in ossequio a fondamentali principi di logica e di economia processuale, la necessità dell’adozione da parte di giudici diversi di due provvedimenti positivi aventi ad oggetto la medesima fattispecie, la cui eventuale incompatibilità potrebbe determinare la compromissione, talora anche irreversibile, dell’interesse pubblico e di quello delle parti (cfr. Cass., Sez. I, 29/ 10/1997, n. 10637; 9/09/1996, n. 8177). Il conflitto positivo, anche virtuale, comunemente ritenuto inammissibile nell’ambito del processo ordinario di cognizione (cfr. Cass., Sez. III, 28/11/2002, n. 16906), viene d’altronde ammesso pacificamente in materia fallimentare (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 29/09/2016, n. 19343; 30/10/2014, n. 23116; Cass., Sez. I, 25/09/2014, n. 20283), ed ha trovato ampio spazio anche in materia familiare, soprattutto in riferimento ai procedimenti camerali riguardanti i minori, anche alla luce dell’avvenuto riconoscimento del carattere decisorio e definitivo dei provvedimenti in cui sono destinati a sfociare (cfr. Cass., Sez. Un., 13/12/2018, n. 32359; Cass., Sez. I, 14/08/2020, n. 17177; Cass., Sez. VI, 24/01/2020, n. 1668), e dell’esigenza di garantire una sollecita risoluzione della questione di competenza, a tutela dell’interesse superiore del minore ed in funzione della ragionevole durata del processo (cfr. Cass., Sez. VI, 23/01/2019, n. 1866; Cass., Sez. I, 29/05/1998, n. 5328; 20/04/1993, n. 4647; Cass., Sez. II, 7/02/1987, n. 1262).
2. Nel merito, si rileva che, a fondamento delle rispettive affermazioni di competenza, il Tribunale ordinario e quello per i minorenni richiamano entrambi l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di provvedimenti limitativi ed ablativi della responsabilità genitoriale, secondo cui l’art. 38, comma 1, disp. att. c.c. (come modificato dalla L. 20 dicembre 2012, n. 219, art. 3, comma 1, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 1 gennaio 2013) dev’essere interpretato nel senso che, per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.p.c., la competenza è attribuita al tribunale dei minorenni, a meno che non sia pendente un giudizio di separazione o di divorzio o un giudizio di cui all’art. 316 c.c.: è stato infatti affermato che, ove le azioni volte ad ottenere la pronuncia dei predetti provvedimenti siano proposte successivamente a queste ultime domande, o anche congiuntamente, la relativa competenza spetta, fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, al giudice del conflitto familiare, individuabile nel tribunale ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado, ovvero nella corte d’appello in composizione ordinaria, se penda il termine per l’impugnazione o sia stato interposto appello (cfr. Cass., Sez. VI, 11/02/2021, n. 3490; 14/01/2016, n. 432; 26/01/2015, n. 1349). Tale vis attractiva è stata ritenuta operante anche nel caso in cui l’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss. c.c. venga richiesta in pendenza di un procedimento di modifica delle condizioni relative all’affidamento della prole stabilite in sede di separazione, promosso ai sensi dell’art. 710 c.p.c., essendo stata ritenuta prevalente, anche in tal caso, l’esigenza di assicurare il simultaneus processus, a garanzia dell’interesse del minore (cfr. Cass., Sez. VI, 19/05/2016, n. 10365): allo stesso modo, essa deve ritenersi operante nella fattispecie in esame, disciplinata dall’art. 337-quinquies c.c., che si distingue da quella di cui all’art. 710 c.p.c. soltanto per il fatto che il provvedimento di affidamento del quale è stata richiesta la modificazione non è stato adottato in un giudizio di separazione personale dei coniugi, ma ai sensi dell’art. 337-bis c.c., nell’ambito di un procedimento riguardante un figlio nato fuori del matrimonio.
Il Tribunale per i minorenni pone peraltro in risalto la precisazione, compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, pur in pendenza di un giudizio di separazione o divorzio o di un giudizio ex art. 316 c.c., “residua (…) la competenza del tribunale per i minorenni in ordine alle criticità segnalate (L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 9) o rilevate dal procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni che possono determinare l’apertura di un procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità o a misure quali l’affido eterofamiliare (L. n. 184 del 1983, artt. 2-5)”. Il Tribunale ordinario rileva, in contrario, che il procedimento aperto nella specie dinanzi al Giudice minorile, pur potendo astrattamente condurre all’adozione dei predetti provvedimenti, ha concretamente ad oggetto quelli di cui all’art. 330 e ss. c.c., oltre ad essere stato attivato a seguito di una segnalazione proveniente dal medesimo servizio sociale da esso incaricato di sottoporre a monitoraggio la situazione della minore.
Per risolvere la questione, occorre muovere dall’osservazione che la competenza attribuita al tribunale ordinario dall’art. 38 disp. att. c.c., avente carattere derogatorio rispetto a quella spettante in via ordinaria al giudice minorile, trova giustificazione nella connessione oggettiva e soggettiva esistente tra la domanda di separazione o divorzio o ex art. 316 c.c. e quelle di cui agli artt. 330 e ss. c.c., che determina l’attrazione di queste ultime alla competenza del giudice investito della controversia inerente alla crisi del nucleo familiare, in tal modo soddisfacendosi l’esigenza di concentrazione delle tutele, volta ad evitare che in riferimento ad un’identica situazione conflittuale possano essere aditi organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili, e scoraggiandosi anche un’eventuale utilizzazione a fini strumentali delle azioni previste a tutela degl’interessi dei figli minori. Per scongiurare tali eventualità, la competenza ad adottare i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale viene ripartita dall’art. 38 in base al criterio della prevenzione, nel senso che al tribunale per i minorenni restano attribuiti i soli procedimenti promossi senza che sia pendente un giudizio di separazione o divorzio o ex art. 316 o anteriormente alla proposizione della relativa domanda (la quale, se proposta successivamente, non può comportarne la sottrazione al giudice competente, ai sensi dell’art. 5 c.p.c.), mentre, laddove il giudizio concernente la crisi familiare sia stato promosso anteriormente o contestualmente, la competenza resta unitariamente attribuita al giudice cui spetta la cognizione della domanda di separazione, divorzio o ex art. 316. Come già precisato da questa Corte, l’applicazione del predetto criterio non comporta il venir meno della competenza esclusiva spettante al giudice specializzato in ordine alle situazioni di criticità, segnalate o rilevate dal procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che possono determinare l’apertura di un procedimento ai sensi della L. n. 184 del 1983, artt. 25 e 9: tale competenza non esclude tuttavia quella attribuita al giudice ordinario relativamente a quelle situazioni, eventualmente insorgenti nell’ambito delle controversie relative al conflitto familiare e segnatamente all’affidamento dei figli minori, che richiedano l’adozione, a domanda di parte o d’ufficio, di provvedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale (cfr. Cass., Sez. VI, 26/01/2015, n. 1349, cit.).
In tale contesto, contrariamente a quanto ritenuto nella specie dal Tribunale per i minorenni, non può assumere alcun rilievo la circostanza che il procedimento dinanzi al giudice minorile possa essere attivato ad iniziativa del Pubblico Ministero, chiamato ad intervenire, ma con poteri d’impulso e partecipazione più limitati, anche nel giudizio di separazione o divorzio o in quello di cui all’art. 316 c.p.c.: tale differenza non incide infatti sull’identità delle parti del giudizio, le quali coincidono pur sempre con i genitori del minore al quale si riferiscono i provvedimenti richiesti, mentre la circostanza che l’esigenza dell’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss. c.c. possa emergere da informazioni acquisite dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni non esclude la possibilità di attivare meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti tra i diversi uffici del Pubblico Ministero.
3. In applicazione dei predetti principi, deve escludersi, nella specie, che la proposizione da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di un’autonoma domanda di adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale, a seguito della segnalazione trasmessagli dai servizi sociali del Comune di *****, risulti idonea a radicare la competenza del Tribunale per i minorenni di Catania: la mera possibilità che tale iniziativa conduca alla dichiarazione dello stato di adottabilità della minore o all’adozione della misura dell’affido eterofamiliare, rimesse alla competenza esclusiva del giudice specializzato, non può ritenersi infatti sufficiente a giustificare, allo stato attuale, la trattazione separata della domanda, proposta ai sensi degli artt. 330 e ss. c.c., rispetto a quella di modificazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della minore, proposta ai sensi dello art. 337-quinquies c.c. dinanzi al Tribunale ordinario della medesima città, risultando quest’ultima anteriore all’instaurazione del procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni.
4. In conclusione, va quindi dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Catania sia in ordine al procedimento ex art. 337-quinquies c.c. pendente tra il M. e la D.P. che in ordine a quello, attualmente pendente dinanzi al Tribunale per i minorenni, promosso dal Pubblico Ministero a tutela della figlia minore, con il conseguente rinvio delle parti al Tribunale ordinario per la prosecuzione del giudizio.
La natura officiosa dell’iniziativa esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
dichiara la competenza del Tribunale ordinario di Catania, dinanzi al quale entrambi i processi dovranno essere riassunti nel termine di legge.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021