LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9434/2018 R.G. proposto da:
C.A., elett.te domiciliata in Roma, al Viale Angelico n. 70, presso lo studio dell’avv. Paolo Palma, unitamente all’avv. Carmine Bernardo, da cui è rapp.ta e difesa come da procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Ischia, in persona del legale rapp.te p.t., elett.te domiciliato in Napoli, al Rione Sirignano n. 6, presso lo studio dell’avv. Gennaro di Maggio da cui è rapp.to e difeso come da procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 7813/18/17 della CTR della Campania, depositata il 22/9/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 aprile 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.
RITENUTO
che:
1. con sentenza n. 7813/18/17, depositata il 22 settembre 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto da C.A., avverso la sentenza n. 17607/11/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con condanna al pagamento delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento riguardante l’ICI per l’anno 2009, in relazione a tre unità immobiliari la cui richiesta di accatastamento era stata presentata con procedura DOCFA del 2010; la contribuente aveva eccepito il difetto di motivazione dell’atto, la carenza di legittimazione del Comune, contestato l’utilizzo da parte del Comune di rendite catastali mai notificate e la mancata applicazione della detrazione per la prima casa;
3. la CTP aveva rigettato il ricorso e la CTR aveva respinto il gravame della contribuente, sul presupposto che l’accertamento fosse fondato sulla rendita dichiarata dalla parte con la procedura DOCFA, della quale non era pertanto necessaria la notifica, che l’atto era adeguatamente motivato, che l’eccezione di carenza di potere del funzionario era inammissibile per novità, che, trattandosi di rendita attribuita a seguito di richiesta di regolarizzazione, la rettifica retroagiva all’1/1/2003, a norma della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 41, che non vi era prova in merito ai presupposti per la detrazione prima casa;
4. avverso la sentenza di appello la contribuente proponeva ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 20 marzo 2018, affidato a tre motivi e depositava memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.; il Comune resisteva con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la impugnata sentenza per l’omessa pronuncia sull’eccepito difetto di motivazione dell’atto, per la mancata allegazione degli atti ivi richiamati, e sulla eccezione inerente la riscossione da parte di soggetto non legittimato;
2. con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.M. n. 701 del 1994, e della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 41, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto l’applicabilità retroattiva di una rendita mai notificata e modificata rispetto a quella dichiarata dalla parte con procedura DOCFA;
3. con il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, commi 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo proceduto con la stessa procedura DOFCA all’indicazione della destinazione ad abitazione principale dei due figli.
Osserva che:
1. Va preliminarmente esaminato il secondo motivo, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., secondo cui la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. (Vedi Cass. n. 363 del 2019 e 11458 del 2018).
2. Il motivo risulta fondato.
Risulta pacifico in atti, e mai contestato dal Comune, che l’accertamento sia stato fondato sull’applicabilità retroattiva della rendita, come variata dall’Agenzia del Territorio nel 2011 rispetto a quella dichiarata nel 2010 dalla contribuente con la procedura DOCFA, e che l’ente impositore non abbia mai dedotto nè provato l’avvenuta notifica della stessa, pur risultando tale circostanza contestata ab initio dalla ricorrente.
2.1 Ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74 “A decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui allo stesso D.Lgs., art. 2, comma 3. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati”.
Come chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 3160 del 2011 la citata previsione di cui all’art. 74, comma 1, nel solco di una esegesi orientata al necessitato rispetto dell’art. 3 Cost. (e dell’art. 53), va intesa nel senso che la notifica degli atti attributivi di rendita è soltanto una condizione di loro efficacia, senza possibilità di inferirne l’intendimento del legislatore di associare alla notifica del provvedimento attributivo (“ai soggetti intestatari della partita”) una qualche forza costitutiva – con connessa efficacia ex nunc. (Conformi Cass. n. 23600 del 2011; n. 14402 del 2017; n. 22653 del 2019).
Ne consegue l’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, che non esclude tuttavia l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso.
La L. n. 342 del 2000, art. 74, nel disporre che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del territorio, si interpreta dunque nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione dell’atto attributivo o modificativo, ma ciò non esclude l’applicabilità della rendita anche al periodo precedente, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita (vedi Cass. n. 18056 del 2016).
2.2. Tale consolidato orientamento di legittimità presuppone, ai fini dell’utilizzazione a fini impositivi della rendita messa in atti successivamente al 10 gennaio 2000 anche per annualità d’imposta anteriori ancora suscettibili di accertamento, che tale rendita, sia stata comunque notificata, e tale notifica risulta necessaria anche in relazione ad ipotesi, come quella in esame, di modifica della rendita catastale richiesta con procedura DOCFA (cfr., più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 26 ottobre 2017, n. 25525; Cass. sez. 6-5, ord. 28 settembre 2017, n. 22789; Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2017, n. 22681; Cass. sez. 5, ord. 19 luglio 2017, n. 17825; Cass. sez. 5, 11 maggio 2017, n. 11682), e senza che assuma poi alcuna rilevanza che la procedura DOCFA sia stata a sua volta preceduta da una istanza di sanatoria edilizia.
3. Indubbiamente, secondo quanto affermato da questa Corte “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), qualora il contribuente si sia avvalso per l’accatastamento di un immobile della procedura DOCFA, prevista dal D.M. n. 19 aprile 1994, n. 701, il Comune nell’emettere l’avviso di liquidazione del tributo non solo non ha la necessità di notificare la rendita proposta ma può motivare il proprio provvedimento sulla scorta dei dati contenuti nella medesima proposta DOCFA, in quanto noti al contribuente” (Vedi Cass. n. 21505 del 2010 e n. 15719 del 2009).
3.1 Tuttavia, il principio della superfluità della notifica della rendita può trovare applicazione solo ed esclusivamente nei casi in cui per la liquidazione del tributo venga utilizzata la stessa rendita proposta dal contribuente in sede di procedura DOCFA, per l’ovvia ragione che tale rendita si presuppone già nota al contribuente che l’ha richiesta, ma non anche nei casi in cui il Comune proceda sulla base di una rendita diversa da quella indicata, perchè in precedenza rettificata dalla competente Agenzia del Territorio, e ove pertanto diviene nuovamente indispensabile che il contribuente abbia avuto preventiva conoscenza del diverso valore attribuito al suo immobile.
3.2 Nè, in tal caso, è possibile ipotizzare un vulnus alla difesa del Comune che avrebbe potuto per tempo eventualmente chiedere la chiamata in causa dell’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate), per consentirle di comprovare l’effettuata notificazione della rendita catastale per l’unità immobiliare oggetto di accertamento, contestata dalla contribuente (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1439).
4. Per tutto quanto sopra esposto, assorbiti gli ulteriori motivi, il ricorso va accolto; segue la cassazione della sentenza impugnata e, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante l’accoglimento del ricorso introduttivo.
4.1 Attesa la controvertibilità della fattispecie sussistono i presupposti per una compensazione delle spese dei giudizi di merito, con condanna del Comune al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso della contribuente;
compensa le spese delle fasi di merito e condanna il Comune controricorrente a pagare alla contribuente le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 1.700,00 per compensi professionali, oltre esborsi per Euro 200,00, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 26 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021