Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.19429 del 08/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28006-2016 proposto da:

T.G., C.B., T.M.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO SINAGRA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO SABATINI, ATTILIO CAROSELLI;

– ricorrenti –

contro

N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA LAURENTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPINA NONNE;

C.B. VED. T., T.M.P., T.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO SINAGRA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO SABATINI, ATTILIO CAROSELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 453/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 20/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/01/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 453/2016, pubblicata il 20 settembre 2016 e notificata il 29 settembre 2016, ha accolto l’appello proposto da N.G. avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro n. 31 del 2010, e nei confronti di C.B., T.M.P. e T.G., eredi di T.A..

1.1. Il predetto T., nella dichiarata qualità di proprietario dell’immobile ubicato in *****, distinto in catasto al foglio *****, con relativo giardino di mq. 14, aveva adito il Tribunale per sentir dichiarato risolto il contratto di comodato in forza del quale aveva concesso al N. l’uso dell’area giardino, con condanna del predetto al rilascio dell’area ed al risarcimento dei danni.

Il convenuto N. aveva proposto domanda riconvenzionale per l’accertamento della proprietà esclusiva dell’area giardino, in quanto pertinenza del lastrico solare acquistato nel 1981 o, comunque, per averla usucapita ai sensi dell’art. 1159 c.c.

1.2. Il Tribunale aveva rigettato sia la domanda attorea, per assenza di prova sull’esistenza del contratto di comodato, sia la riconvenzionale, ritenendo esclusa la natura pertinenziale dell’area del giardino rispetto al lastrico solare acquistato e non provati i presupposti dell’usucapione decennale.

2. La Corte d’appello, adita dal convenuto N., ha accolto il gravame ritenendo provata l’esistenza del vincolo pertinenziale tra l’area giardino in contestazione e il lastrico solare acquistato dal N..

3. C.B., T.M.P. e T.G. ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi. N.G. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, sulla base di quattro motivi, ai quali resistono i ricorrenti principali con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 817 e 818 c.c., e si lamenta che la Corte d’appello avrebbe ritenuto erroneamente provata la relazione di pertinenzialità tra il lastrico solare (mansarda) di proprietà del convenuto N. e l’area giardino in base alla presenza sulla predetta area di un’autoclave e due cisterne a servizio della mansarda.

In realtà, osservano i ricorrenti, le opere indicate più che essere destinate a consentire la maggiore utilizzazione e il migliore sfruttamento economico della cosa principale, soddisferebbero una vera e propria necessità, quella di approvvigionamento idrico, esulando perciò dalla nozione di pertinenza per rientrare in quella, diversa, di cosa complessa o composta.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 818 c.c., in relazione agli artt. 1362 c.c. e ss. e si lamenta che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del dato testuale del contratto di compravendita inter partes del 1981, il cui oggetto era circoscritto al lastrico solare di 90 mq, senza riferimento alcuno all’area giardino o all’estensione di ulteriori 14 mq.

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni con essi prospettate, sono infondati.

3.1. In esito all’esame degli elementi acquisiti al giudizio – documenti, dichiarazioni testimoniali, CTU – la Corte territoriale ha accertato in fatto che prima della stipula della compravendita del 16 marzo 1981 T.A., proprietario dell’intero immobile e dell’area guardino, autorizzò il proprio mandatario S.G. ad includere “il pezzo di giardino” tra i beni oggetto della vendita, facendo anche predisporre la scheda di accatastamento dell’immobile che rimaneva in sua proprietà in modo da escludere l’area indicata.

Allo stesso modo, la Corte ha accertato che prima della vendita il S., per conto del T., aveva realizzato il muretto divisorio e installato l’autoclave e le due cisterne che adducono acqua alla mansarda successivamente acquistata dal N..

3.2. Premessa l’insindacabilità in questa sede degli accertamenti fattuali, le conclusioni cui è giunta la Corte d’appello risultano immuni dalle censure prospettate.

Gli argomenti su cui poggia la decisione sono plurimi e non limitati, come si assume nel primo motivo di ricorso, alla sola considerazione della funzione svolta dalle opere installate nell’area giardino.

La Corte territoriale ha rilevato la natura pertinenziale dell’area giardino in considerazione dell’ubicazione, dell’epoca della sua individuazione e delimitazione (anteriore all’atto di vendita), della destinazione funzionale delle opere ivi installate al locale mansarda, della trasposizione nelle schede di accatastamento predisposte dall’originario proprietario della situazione di fatto attuale (pag. 4 della sentenza impugnata).

3.3. In definitiva, secondo la Corte d’appello, il collegamento pertinenziale tra l’area giardino e la mansarda è stato impresso dall’originario proprietario, prima della vendita della mansarda, per il migliore sfruttamento del predetto locale.

La conclusione è conforme al principio ripetutamente affermato nella giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo cui, ai sensi dell’art. 817 c.c. sono pertinenze le cose che, pur conservando la loro natura e la loro individualità fisica, sono assoggettate, in modo attuale e permanente, a servizio od ornamento di un’altra cosa per renderne possibile una migliore utilizzazione ovvero per aumentarne il decoro. Nel relativo rapporto, che può intercorrere anche tra due cose immobili, il collegamento tra la cosa principale e quella accessoria è preso dalla legge in considerazione non come rapporto di connessione materiale, ma come rapporto economico-giuridico di strumentalità e complementarietà funzionale, costituito da chi sia proprietario dell’una e dell’altra cosa o titolare di un diritto reale su entrambe. Ne deriva che per l’esistenza del vincolo pertinenziale sono necessari non soltanto un elemento oggettivo, nel senso che un bene (cosa accessoria) deve essere destinato a servizio o ad ornamento di un altro bene (cosa principale), ma anche un elemento soggettivo, nel senso che tale destinazione deve rispondere all’effettiva volontà dell’avente diritto, di creare il suddetto vincolo di strumentalità o complementarietà funzionale (Cass. 02/02/2017, n. 2804; Cass. 19/03/1990, n. 2278; Cass. 14/03/1975, n. 974).

3.4. Risulta priva di rilevanza la questione posta con il secondo motivo di ricorso, che attinge l’interpretazione del contratto di compravendita.

Accertato che il vincolo di pertinenzialità era stato impresso prima della vendita, il fatto che il contratto non contenga riferimento alcuno all’area giardino è privo di conseguenze.

5. Il rigetto del ricorso principale assorbe l’incidentale condizionato, e ciò rende superflua l’illustrazione dei relativi motivi.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.450,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021

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