LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20147/2020 proposto da:
I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI 13, presso lo studio dell’avvocato MICHELE LIGUORI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il 26/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/03/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli I.F. proponeva opposizione avverso il decreto emesso dalla medesima Corte d’Appello, in composizione monocratica, che aveva rigettato la richiesta di condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento civile avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno derivante da colpa medica.
L’opposizione era fondata quanto alla determinazione del periodo di durata irragionevole. Il giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale di Napoli era iniziato il 21 marzo 1998 e si era concluso il 17 marzo 2004 con la comunicazione del deposito della sentenza. Il giudizio di appello era iniziato il 5 maggio 2004 ed era terminato il 19 febbraio 2007 con il deposito della sentenza di appello, il giudizio di legittimità era iniziato il 31 marzo giugno 2008 ed era terminato il 26 giugno 2012. Il giudizio di rinvio era iniziato l’8 ottobre 2012 ed era terminato il 9 maggio 2019 data di cancellazione della causa dal ruolo. In tutto il giudizio era durato 19 anni e 7 mesi con durata irragionevole di 14 anni.
Il motivo di opposizione relativo all’individuazione del valore base con il quale calcolare il danno non patrimoniale individuato nella misura di Euro 400 annui era infondato.
La Corte d’Appello affermava che la scelta del moltiplicatore annuo da applicare al ritardo nella definizione processo presupposto è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito il quale deve decidere tenendo conto dei parametri di valutazione elencati della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 2, lett. da a) a d).
La corte d’appello accoglieva invece il motivo di opposizione relativo all’omessa maggiorazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1, del 20 percento per gli anni di ritardo successivi al terzo e del 40 per cento per gli anni successivi al settimo.
Il Ministero della giustizia pertanto veniva condannato al versamento in favore del ricorrente di Euro 7040. Le spese di lite relative alla fase monitoria erano rideterminate nell’importo di Euro 40,50 per esborsi e di Euro 540 a titolo di compenso professionale, mentre per la fase dinanzi al collegio veniva liquidata sulla base della tabella n. 12 del D.M. n. 55 del 2014 la somma di Euro 1400.
3. I.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di undici motivi.
4 Il Ministero della giustizia si è costituito con controricorso.
5. Il ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità del decreto e del procedimento; anomalia motivazionale – in relazione alla liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto – per motivazione apparente, motivazione tautologica, motivazione incomprensibile; violazione e falsa applicazione delle norme ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost..
La censura attiene alla quantificazione del moltiplicatore annuo in Euro 400 senza adeguata motivazione rispetto alla censura proposta con l’opposizione. La Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare in concreto e non in astratto la correttezza della motivazione del primo giudice e la congruità della liquidazione effettuata sui minimi e avrebbe dovuto adempiere al suo dovere motivazionale non comportandosi come giudice di legittimità. Peraltro, la Corte d’Appello in composizione monocratica aveva genericamente richiamato la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parte e del giudice durante il procedimento, nonché degli altri soggetti chiamati a concorrere e a contribuire alla sua definizione. Ipotesi al di fuori di quelle previste dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 2.
Risulterebbe pertanto violato anche l’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e l’art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., per la mancanza di motivazione.
1.1 Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento dei restanti motivi.
La Corte d’Appello ha rigettato il motivo di opposizione affermando che la scelta del moltiplicatore annuo da applicare al ritardo nella definizione processo presupposto è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito il quale deve decidere tenendo conto dei parametri di valutazione elencati della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 2, lett. da a) a d).
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il decreto che provvede sulla domanda di equa riparazione, in caso di violazione del termine ragionevole del processo, necessita, per esigenze di concisione e speditezza, di motivazione anche soltanto in forma sintetica. Tuttavia, quando la liquidazione del danno non patrimoniale si attesti in misura corrispondente al livello minimo del parametro liquidatorio è necessaria una sia pur sintetica indicazione circa il criterio adottato in riferimento al caso concreto (ad es. quando minima sia la posta in gioco nel processo presupposto affetto da durata irragionevole).
Nel caso di specie il rigetto del motivo di appello avente ad oggetto la non congruità del quantum della liquidazione dell’indennizzo non risulta in alcun modo motivato. Dalla motivazione sopra riportata non emerge quale sia stato il criterio in virtù del quale il giudice di primo grado ha ritenuto congruo ancorare il moltiplicatore annuo al minimo della forbice prevista dal legislatore e non vi è alcuna motivazione sulle ragioni per le quali la Corte d’Appello ha ritenuto di confermare tale valutazione, non essendo sufficiente richiamare la discrezionalità del giudice come nel giudizio di legittimità. In definitiva, nella motivazione manca qualsiasi indicazione del criterio di liquidazione adottato e i parametri legislativi sono richiamati solo astrattamente senza alcun ancoraggio al caso concreto.
Il provvedimento impugnato, pertanto, risulta sfornito di motivazione non consentendo alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione – in relazione alla liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto – delle norme ex artt. 1226,2056,2059 c.c., art. 12 disp. att. c.c., L. n. 89 del 2001, artt. 1 bis, 2 bis, art. 117 Cost., artt. 6, 13, 34 e 35 Convenzione Europea.
La censura ripropone quella di cui al primo motivo relativa alla quantificazione dell’indirizzo ed è formulata sia in relazione alla personalizzazione per gli anni successivi al terzo mediante applicazione degli aumenti previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, bis comma 1, sia con riferimento alla misura all’importo di soli Euro 400 in violazione delle norme citate in rubrica. Secondo il ricorrente l’applicazione diretta nell’ordinamento italiano della giurisprudenza della CEDU comporterebbe un calcolo dell’indennizzo pari ad un importo compreso tra Euro 1000 e Euro 1500. Inoltre, il giudice non avrebbe tenuto conto del comportamento del giudice, delle parti e della natura degli interessi coinvolti nel giudizio presupposto. Il ricorrente evidenzia anche il suo comportamento diligente mediante deposito telematico degli atti e la eccezionale lentezza che ha caratterizzato il giudice di primo grado con distanza temporale tra le varie udienze collegiali oltre al tenore della causa. In conclusione, l’importo di Euro 400 per ogni anno frazione di anno sarebbe simbolico o manifestamente inadeguato.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: nullità del decreto del procedimento, violazione in relazione alla liquidazione degli esborsi del procedimento monitorio del principio dell’effetto espansivo interno della decisione riformata e del divieto di reformatio in peius della decisione riformata. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91,112,329,333,334,336,342 c.p.c. e art. 3 Cost..
La Corte d’Appello di Napoli avrebbe rivalutato le spese della fase monitoria riformando in peggio la liquidazione, attività non consentita a parere del ricorrente in mancanza di specifica opposizione incidentale del ministero della giustizia.
4. Il quarto motivo di ricorso proposto solo in via subordinata al mancato accoglimento del terzo è così rubricato: violazione e falsa applicazione, in relazione alla liquidazione degli esborsi del procedimento monitorio, dell’art. 91 c.p.c., D.P.R. n. 115 del 2002, art. 30,L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, D.M. n. 55 del 2014.
La censura attiene anche in questo caso alla riliquidazione degli esborsi ridotti a Euro 42 rispetto ai 46 liquidati dal primo giudice, con l’omessa distrazione ex art. 93 c.p.c.. Peraltro vi sarebbe una discrasia tra dispositivo e motivazione e comunque mancherebbe la motivazione delle ragioni per le quali la Corte d’Appello ha confermato la liquidazione delle spese della fase monitoria in Euro 450.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: nullità del decreto e del procedimento, anomalia motivazionale, in relazione alla liquidazione dei compensi del procedimento monitorio per mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, motivazione apparente, motivazione incomprensibile, violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost..
La censura attiene alla mancata indicazione dei parametri professionali utilizzati per la liquidazione dei compensi del procedimento monitorio, per la mancanza di motivazione della tabella applicata e, dunque, per l’anomalia motivazionale o mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione – in relazione alla liquidazione dei compensi del procedimento monitorio – dell’art. 2233 c.c., R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 57 e 58, convertito con modificazioni nella L. n. 36 del 1934, L. n. 794 del 1942, art. 24,D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2006, art. 13, comma 6, L. n. 247 del 2012, art. 2, comma 1, 3, 4,5, D.M. n. 55 del 2014 e tabella 12 D.M. n. 55 del 2014.
La censura attiene ancora una volta alla liquidazione dei compensi del procedimento monitorio in violazione della tabella 12 dei parametri professionali di cui al D.M. n. 55 del 2014. In particolare, si doveva tener conto della complessa attività di studio, del considerevole numero di atti e documenti acquisiti, dello sforzo difensivo profuso, dell’importanza dell’opera, del decoro della professione forense, dei valori medi e delle tre fasi: di studio, introduttiva e decisionale.
7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: Nullità del decreto e del procedimento, anomalia motivazionale in relazione alla liquidazione dei compensi del procedimento di opposizione per motivazione apparente, motivazione perplessa, motivazione incomprensibile, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost..
La censura attiene alla mancanza di motivazione sulle ragioni dell’applicazione relativa alla riduzione dei valori medi proposti dalla tabella in ragione della natura controversa e senza altra spiegazione.
8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione – in relazione alla liquidazione dei compensi del procedimento monitorio – dell’art. 2233 c.c., R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 57 e 58, convertito con modificazioni nella L. n. 36 del 1934, L. n. 794 del 1942, art. 24,D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2006, art. 13, comma 6, L. n. 247 del 2012, art. 2, commi 1, 3, 4, 5, D.M. n. 55 del 2014 e tabella 12 D.M. n. 55 del 2014.
Mancherebbe la liquidazione della fase di trattazione e il mancato utilizzo dei valori medi in relazione alla tabella 12 dei parametri professionali.
9. Il nono motivo di ricorso è così rubricato: nullità del decreto e del procedimento, in relazione al quarto motivo di opposizione relativo all’omessa pronuncia sulla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolare la consultazione la fruizione e alla mancata liquidazione di tale maggiorazione, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del tantum devolutum quantum appellatum, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c..
La corte d’appello avrebbe omesso di provvedere sulla domanda di applicazione della maggiorazione dei compensi del procedimento monitorio per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione.
10. Il decimo motivo di ricorso è così rubricato: nullità del decreto e del procedimento in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolare la consultazione e la fruizione, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
La censura è ripetitiva della precedente ma riferita al giudizio di opposizione.
11. L’undicesimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione, del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1 bis, in relazione alla domanda di liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio e del procedimento di opposizione per la redazione degli atti depositati mediante modalità telematiche con tecniche informatiche idonee ad agevolare la consultazione la fruizione.
12. I motivi dal secondo all’undicesimo sono assorbiti dall’accoglimento del primo. Il secondo motivo, infatti, attiene anch’esso al quantum dell’indennizzo, mentre i restanti motivi riguardano tutti la liquidazione delle spese e, dunque, risultano assorbiti dalla cassazione del provvedimento impugnato, a seguito della quale il Giudice del rinvio dovrà provvedere ad una nuova liquidazione delle spese del giudizio di merito.
13. In conclusione la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che dovrà provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che dovrà procedere ad una nuova decisione in ordine alle spese di lite anche in relazione a quelle relative al giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021
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