LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30938/2018 proposto da:
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA MONDA, e SERGIO PERTILE, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in PADOVA, VIA N. TOMMASEO 67;
– ricorrente –
contro
P.G., rappresentato e difeso dall’avvocato COSIMO D’AMBROSIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo, in ALBIGNASEGO (PADOVA), VIA SANTA LUCIA 32;
– controricorrente –
e contro
M.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2458/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
RILEVATO
che:
P.G. agì nei confronti della UGF Assicurazioni s.p.a. (già Winterthur Assicurazioni, poi UnipolSai s.p.a.) per sentirla condannare al pagamento della somma di 746.762,98 Euro, oltre accessori, a fronte dei versamenti su una polizza vita effettuati dall’attore, fra il 1999 e il 2004, a mani dell’ex agente Winterthur M.F., e ciò in base ad attestazioni di versamento rilasciate da quest’ultimo; in subordine, per sentir condannare la convenuta al pagamento della medesima somma per il fatto illecito dell’ex agente, che non avrebbe riversato i pagamenti ricevuti alla compagnia;
la convenuta disconobbe i documenti da 2 a 11 versati dall’attore, rilevando che non contenevano regolari ricevute, ma “moduli alterati contenenti la proposta di nuove polizze mai perfezionatesi” ed evidenziando che l’ex agente non aveva il potere né di concludere contratti né di rappresentare la compagnia;
la medesima convenuta chiamò in causa, per l’eventuale manleva, il M., che rimase contumace;
il Tribunale di Padova accolse parzialmente (per l’importo di 637.943,06 Euro, oltre rivalutazione ed interessi) la domanda del P., ritenendo che la responsabilità contrattuale della compagnia convenuta fosse risultata provata dai documenti prodotti, da qualificare come quietanze di pagamento, e rilevando, altresì, che l’ammissione dei pagamenti da parte della UnipolSai emergeva anche dalla sentenza del Giudice del Lavoro di Venezia che, nel separato giudizio promosso dalla compagnia nei confronti del M., aveva condannato quest’ultimo a tenere indenne la prima da responsabilità per l’incasso delle somme versate dal P. a mani dell’agente; aggiunse che l’accertata esecuzione dei pagamenti in forza di rapporto contrattuale rendeva superfluo l’esame della domanda diretta a far valere la responsabilità della compagnia ex art. 2049 c.c.;
pronunciando sul gravame della UnipolSai e su quello incidentale del P., la Corte di Appello di Venezia, sempre contumace il M., ha rigettato il primo e ha accolto il secondo, condannando la compagnia al pagamento dell’ulteriore somma capitale di 108.819,92 Euro (oltre accessori);
ha proposto ricorso per cassazione la UnipolSai s.p.a, affidandosi a tre motivi; ha resistito il P. a mezzo di controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.;
la ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 115,116,278,324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2 e dell’art. 2909 c.c.: la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che i motivi di appello con cui la compagnia aveva contestato l’utilizzabilità e la valenza probatoria dei documenti 2-11 prodotti dall’attore erano “privi di refluenza ai fini della decisione”, in quanto la sentenza di primo grado conteneva un “accertamento idoneo a reggere autonomamente le statuizioni della parte dispositiva”, non fatto oggetto di impugnazione e, quindi, coperto da giudicato; rileva che la sentenza di primo grado non conteneva “alcun accertamento, ma una mera valutazione” e che la stessa era “stata in realtà oggetto di espressa censura da parte dell’appellante”; evidenzia la non sostenibilità della “pretesa del P. di ritenere di aver dimostrato l’effettivo ammontare dei pagamenti effettuati dall’ex agente utilizzando la richiesta di condanna generica promossa, in via cautelativa, dalla compagnia nei confronti del M., subito dopo la notifica della citazione del P.”; conclude che, “in ogni caso l’ipotetica prova dei versamenti all’agente non può essere posta a fondamento di una azione contrattuale, alla luce della riconosciuta responsabilità per fatto illecito dell’ex agente”;
il passaggio della sentenza specificamente censurato è del seguente tenore: “l’esecuzione di tutti i versamenti dedotti in atto di citazione ha infatti costituito oggetto di autonomo accertamento nella sentenza di primo grado, laddove ha stabilito che l’azione esercitata dalla Compagnia nei confronti dell’ex agente M. innanzi al Tribunale di Venezia Giudice del Lavoro (…) e gli esiti di quel giudizio “costituiscono ammissione dei pagamenti effettuati dal P. in favore dell’ex agente della compagnia assicurativa”. Accertamento, idoneo a reggere autonomamente le statuizioni della parte dispositiva, che, non essendo stato oggetto di specifica impugnazione, deve ritenersi coperto da giudicato”;
la ricorrente trascrive la pag. 17 del proprio atto di appello in cui si afferma l’erroneità della sentenza di primo grado per aver desunto elementi di giudizio “dalla sentenza di manleva a scopi cautelari richiesta ed ottenuta dalla preponente, per non aver mai ricevuto dall’agente alcun “premio aggiuntivo” asseritamente versato dal P.” e si rileva che “se così stanno le cose, alla compagnia non può essere addebitata una inadempienza di obblighi contrattualmente non assunti”, concludendosi che “il Tribunale è invece pervenuto erroneamente ad una impossibile condanna di tipo “contrattuale”, mutuando argomenti che solitamente la giurisprudenza utilizza per stabilire la sussistenza o meno della responsabilità ex art. 2049 c.c.”;
il motivo è infondato, giacché le deduzioni svolte con l’atto di appello non censurano specificamente l’affermazione dell’avvenuta ammissione dei pagamenti eseguiti dal P., ma sono rivolte a sostenere – sotto un diverso profilo – che la Compagnia non aveva mai ricevuto i versamenti da parte dell’agente; e ciò nell’ottica dell’erroneità dell’inquadramento della responsabilità in ambito contrattuale anziché – eventualmente – in quello extracontrattuale; dal che discende che non risulta adeguatamente censurato l’assunto della Corte circa la sussistenza del giudicato conseguente al rilievo dell’avvenuta ammissione dei pagamenti;
il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1326,1327,1705,1807 e 1923 c.c. e censura la Corte di Appello per aver affermato che, poiché potevano essere effettuati dal contraente versamenti aggiuntivi su una polizza esistente, allora i pagamenti effettuati al M. costituivano soltanto esecuzione, e non modificazione (preclusa all’agente), di un contratto già esistente e – quindi – impegnavano contrattualmente la compagnia; premesso che il P. aveva depositato “fogli”, apparentemente sottoscritti dal M., contenenti proposte di premio unico aggiuntivo o di versamento aggiuntivo, che prevedevano il successivo invio di documentazione contrattuale da parte della compagnia assicuratrice e ai quali non aveva fatto seguito l’invio di alcuna documentazione contrattuale, la ricorrente rileva che “la stipulazione di versamenti aggiuntivi di un contratto assicurativo vita è strutturata come un negozio giuridico contrattuale (non un atto unilaterale) che richiede una proposta dell’assicurato, una accettazione della compagnia (…) e il successivo versamento del premio alla compagnia”, come era avvenuto al momento della stipulazione del contratto assicurativo, ed evidenzia che “questo medesimo schema avrebbe dovuto ripetersi per gli eventuali versamenti aggiuntivi, mentre, pacificamente, ciò non è accaduto, perché alla proposta (…) non è seguita né l’accettazione della compagnia né tantomeno il versamento della somma stabilita dalla medesima compagnia”; conclude, pertanto, che “non è ammissibile che il contratto possa ritenersi concluso prima dell’accettazione del destinatario della proposta, ovvero in forza della sua affermata esecuzione, in linea con ciò che dispone l’art. 1327 c.c.; aggiunge che a miglior sorte non conduce neppure “l’indagine sul mandato senza rappresentanza” e che “l’attività illecita dell’agente – anche a volerla ritenere pacifica e provata non può quindi in alcun modo essere ricondotta nell’alveo del contratto né della sua esecuzione, ma poteva soltanto costituire, se del caso, fonte di responsabilità risarcitoria della compagnia, di natura squisitamente extracontrattuale”;
il motivo è inammissibile, atteso che:
e’ illustrato in difetto di autosufficienza, giacché trascrive solo in minima parte i “fogli” che costituirebbero mere proposte di premi aggiuntivi, anziché quietanze di versamenti, senza pertanto consentire di apprezzare integralmente il contenuto di tali documenti; né trascrive in alcuna misura la polizza n. ***** del 16.3.1999 secondo il cui schema si assume che sarebbero dovuti avvenire i versamenti aggiuntivi;
in conseguenza di ciò, le deduzioni sulla conformazione in termini di negozio giuridico contrattuale del versamento dei premi aggiuntivi risultano svolte in modo astratto, senza il necessario riferimento alle previsioni della polizza “madre” e all’integrale contenuto dei “fogli” sottoscritti dal M.;
sotto altro profilo (e quale concorrente ragione di inammissibilità), deve considerarsi che non risultano individuati specifici errores iuris riferiti alle norme indicate nella rubrica del motivo e che l’intera illustrazione delle censure appare volta piuttosto a proporre una lettura alternativa della vicenda (tesa a negare ai versamenti aggiuntivi natura meramente esecutiva del contratto di assicurazione) che, tuttavia, non trova supporto nella pertinente denuncia di violazioni di norme di diritto;
col terzo motivo (“violazione degli artt. 1326,1327,1705,1887,1903,2697 c.c. e art. 342 c.p.c.”), la ricorrente contesta l’accoglimento dell’appello incidentale, laddove la Corte di appello ha ritenuto che la compagnia dovesse rispondere anche per tre versamenti che erano stati esclusi dal Tribunale perché documentalmente riferiti ad altri rapporti contrattuali;
il motivo è anch’esso inammissibile perché, senza individuare o illustrare adeguatamente specifiche violazioni di norme di diritto, è volto a contrastare l’apprezzamento di merito circa la necessaria riferibilità di tali versamenti all’unico rapporto intercorso fra il P. e la Winterthur; rispetto a tale ratio, risulta inammissibile (per totale carenza di autosufficienza) la deduzione del difetto di concludenza dell’appello incidentale del P.; né ricorre il denunciato “rovesciamento dell’onere della prova”, giacché la sentenza si è limitata a rilevare che la compagnia non aveva mai addotto l’esistenza di ulteriori polizze e/o rapporti fra le parti, descrivendo pertanto una situazione di non contestazione circa l’unicità del rapporto assicurativo che poteva giustificare la conclusione della Corte sul necessario riferimento di tutti i versamenti al medesimo contratto;
le spese di lite seguono la soccombenza;
sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 13.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021
Codice Civile > Articolo 1326 - Conclusione del contratto | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1327 - Esecuzione prima della risposta dell'accettante | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1705 - Mandato senza rappresentanza | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1807 - Deterioramento per effetto dell'uso | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1887 - Efficacia della proposta | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1903 - Agenti di assicurazione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1923 - Diritti dei creditori e degli eredi | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2049 - Responsabilita' dei padroni e dei committenti | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2909 - Cosa giudicata | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 342 - Forma dell'appello | Codice Procedura Civile