LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
G.M., (codice fiscale *****), elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Stefano Mannironi, del Foro di Nuoro.
– ricorrente –
contro
IL MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in via del Portoghesi n. 12.
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 840/2019, pubblicata il 18/10/2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 febbraio 2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino.
PREMESSO IN FATTO
– che il signor G., nato in *****, ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4, ed in particolare:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);
– che la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;
– che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Cagliari, che lo ha rigettato con ordinanza in data 14.5.2018;
– che il provvedimento, appellato dal soccombente, è stata confermato con la sentenza di cui in epigrafe;
– che, a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. “protezioni maggiori”, il ricorrente, comparendo personalmente in udienza dinanzi al giudice di primo grado, aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese il 30 maggio 2016 poiché, stanco di essere ripetutamente schernito per la sua forte balbuzie, e fortemente condizionato anche dall’uso di psicofarmaci necessari ad articolare meglio il linguaggio, aveva accoltellato alla testa un ragazzo che lo aveva dileggiato in presenza di molte persone per via del suo difetto, scatenando in lui un’ira irrefrenabile: mentre il ragazzo ferito veniva ricoverato in ospedale, egli si dava alla fuga, apprendendo solo in seguito, dal padre, di essere stato condannato in contumacia a 4 anni di carcere. Nella consapevolezza di dover subire la carcerazione per la pena inflitta, con il rischio che la stessa potesse convertirsi nell’ergastolo nel caso di morte del ragazzo, egli aveva abbandonato definitivamente l’Egitto, spinto alla fuga anche per motivi politici, avendo partecipato, nel *****, ad una manifestazione contro l’attuale presidente A.S.;
– che, in via subordinata, aveva poi dedotto l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, in considerazione della propria – oggettiva e grave – condizione di vulnerabilità;
– che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, alla luce: 1) della impredicabilità dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non avendo lasciato il Paese per motivi politici o comunque svolto attività politica; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ciascuna delle tre forme di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, tanto per non aver prodotto alcuna documentazione relativa alla condanna penale riportata in Egitto (lett. a e b), quanto per l’inesistenza di un conflitto armato generatore di violenza indiscriminata nel Paese di respingimento (lett. c); 3) dell’insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità idonea a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria;
– che il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione dall’odierno ricorrente sulla base di 5 motivi di censura;
– che il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso.
LA CORTE OSSERVA Col primo motivo, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di legge: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. c) e art. 3, L. 28 febbraio 1990, n. 39, art. 1, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4). Violazione di legge per omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Col secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione agli artt. 24 e 11 Cost. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3); omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5);
Con il terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, commi 6 e 8 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 (art. 360 c.p.c., n. 3); omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5);
Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, art. 6, comma 4 Dir. CE 115/2008, art. 10 Cost. (art. 360 c.p.c., n. 3); omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5);
Con il quinto motivo, erroneamente rubricato come sesto (f. 24 del ricorso) il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, L. n. 228 del 2012, art. 1 (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4); omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5).
I motivi, pour sovrapponendo censure eterogenee (violazioni di legge e difetti di motivazione), possono ritenersi pur tuttavia scrutinabili da questa Corte, risultando le doglianze sufficientemente specifiche ed agevolmente scindibili tra loro, pur se contenute, per ciascuno motivo, nel corpo dello stesso motivo di ricorso.
Se ne impone l’esame congiunto, volta che in sintesi, lamenta il ricorrente:
– La erroneità della decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale, sub specie del riconoscimento dello status di rifugiato, così trascurandosi il valore delle circostanze di fatto specificamente richiamate in ricorso, ed in particolare la partecipazione del richiedente asilo ad una manifestazione contro il Presidente A.S.;
– L’omesso esame delle circostanze a addotte a sostegno della credibilità del ricorrente, erroneamente esclusa dalla Corte di appello nonostante le contestazioni mosse alla sentenza di primo grado in parte qua;
– L’omesso esame delle allegazioni difensive, rappresentate da COI attendibili e aggiornate, funzionali alla dimostrazione di una situazione politico-istituzionale del paese di provenienza del richiedente asilo caratterizzata da arresti e detenzioni inique, da un regime carcerario improntato all’uso di torture, trattamenti inumani e degradanti, maltrattamenti dei detenuti – ed aggravata, nella specie, dalla condizione di vulnerabilità del richiedente asilo, già dileggiato per le sue forti balbuzie, che gli impedirebbero di difendersi adeguatamente – e dall’avere egli lasciato irregolarmente il Paese, con il conseguente rischio di subire un’ulteriore punizione;
– La violazione dell’obbligo di comparazione, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, tra la situazione del Paese di origine (e la mancata tutela dei diritti umani) ed il livello di integrazione raggiunto in Italia dal richiedente asilo;
Il ricorso – manifestamente infondato quanto alla censura di mancato riconoscimento dello status di rifugiato, motivatamente e convincentemente escluso dalla Corte territoriale – è fondato nei limiti di cui si dirà.
In disparte la questione della gravità del reato ipoteticamente commesso dal richiedente asilo e della conseguente esistenza delle cd. “cause di esclusione” – che non costituisce oggetto di esame da parte della Corte territoriale, ma che ben potrebbe essere rilevato d’ufficio dal giudice di legittimità – osserva il collegio che, nella motivazione della sentenza impugnata, manca del tutto una compiuta valutazione della credibilità del ricorrente in relazione alla vicenda da lui narrata, a seguito della quale egli sarebbe stato condannato alla pena di quattro anni, in contumacia, per aver accoltellato alla testa un connazionale per futili motivi.
Si legge, difatti, al folio 6 del provvedimento impugnato, che “anzitutto, l’appellante nulla eccepisce con riferimento alla mancanza di qualunque documentazione relativa alla condanna penale riportata in Egitto e fonda la sua richiesta di protezione con esclusivo riferimento alle condizioni del Paese”.
La motivazione non è conforme a diritto.
Da un canto, essa non si confronta con le critiche mosse alla pronuncia del Tribunale in sede di appello, che la difesa del ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, riporta, sia pur sinteticamente, al folio 14, punto 2.2., dell’odierno atto di impugnazione; dall’altro, non considera la valenza probatoria riconosciuta anche da questa Corte di legittimità alle dichiarazioni autoaccusatorie del richiedente asilo (Cass. 5358/2019), specie quando abbiano ad oggetto la commissione di reati gravi, e gravemente puniti, quale quello di specie (l’art. 236 codice penale egiziano, prevede la pena dei lavori forzati, ovvero una pena detentiva tra 3 e sette anni per il reato di lesioni volontarie nel caso in cui “whoever wounds or beats someone on purpose…without meaning thereby to kill), ai fini di una complessiva valutazione di credibilità del richiedente asilo secondo il criterio legislativo “procedimentalizzato”, come ripetutamente evidenziato, quanto al suo contenuto ed alla sua concreta applicazione, da questa stessa Corte (per tutte, Cass. 8819/2019).
L’inequivoco contenuto delle COI allegate dal ricorrente, integrate da quelle esaminate dal giudice di appello, sia pur al diverso fine di escludere (e di rigettare, correttamente, la relativa domanda) i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – l’esistenza di un conflitto armato interno o internazionale nel paese di origine del richiedente asilo (la stessa Corte cagliaritana riconosce, peraltro, l’esistenza, in Egitto, di “diverse criticità” con riferimento ai diritti umani, al f. 6 della sentenza, alla luce delle Coi acquisite agli atti, in ossequio al dovere di cooperazione istruttoria), impone, pertanto, l’accoglimento del ricorso nella parte in cui si lamenta l’omesso esame, da parte del giudice di appello, del rischio più che concreto, alla luce delle COI allegate, che il richiedente asilo, ove ritenuto credibile all’esito di una rivalutazione di tutte le circostanze rilevanti in parte qua per quanto sopra descritto, possa essere sottoposto, di ritorno in Egitto, a trattamenti carcerari inumani e degradanti, in spregio al disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b).
La domanda di protezione umanitaria ed i restanti motivi devono ritenersi assorbiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione e rinvia il procedimento alla Corte di appello di Cagliari, che, in diversa composizione, farà applicazione dei principi di diritto suesposti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021
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