Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20608 del 19/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7682-2019 proposto da:

B.M., in proprio e quale erede della sig.ra G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GINO FUNAIOLI 54/56, presso lo studio dell’avvocato LAMBERTI MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato BELLINI BRUNO;

– ricorrente –

contro

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato SIVIERI ORLANDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PICCI PAOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1694/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI MILENA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda proposta dall’Avv. B.L. nei confronti di Bu.Ma., di Bu.Ri. e di C.P. per ottenere il pagamento di corrispettivi professionali giudiziali, condannava i convenuti, con sentenza n. 1179 del 1.04.2014, al pagamento in favore dell’attore di Euro 20.920,45, oltre interessi ed accessori, rigettata la domanda riconvenzionale di responsabilità.

In virtù di gravame interposto dalla Cammilli e dai Buti, la Corte di appello di Firenze, con sentenza ex art. 281-sexies c.p.c., n. 1694 pubblicata il 10.07.2018, respingeva l’impugnazione con condanna degli appellanti alla rifusione delle spese del grado.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze gli originari convenuti propongono ricorso per cassazione, fondato su tre motivi.

Il B. resiste con controricorso deducendo inammissibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione ai sensi dell’art. 325 c.p.c. e ss..

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Atteso che:

e’ pregiudiziale l’accertamento dell’ammissibilità del ricorso sotto il profilo del tempo della proposizione dell’impugnazione, come del resto eccepito dallo stesso controricorrente.

Il ricorso è inammissibile perché proposto con ricorso notificato il 12.02.2019, e dunque oltre la scadenza del termine semestrale ex art. 327 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, non essendo controverso che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 10.07.2018.

In merito al termine semestrale s’impongono le seguenti precisazioni.

Quanto all’interpretazione da darsi alla modifica apportata all’art. 327 c.p.c. va richiamato il precedente costituito da Cass. n. 19943 del 2014, che, a sua volta, ha richiamato il principio espresso da Cass. n. 6007 del 2012, secondo il quale “In tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. 18 giugno 2009 n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio.” (cfr nello stesso senso, Cass. n. 17060 del 2012; Cass. n. 15741 del 2013).

L’interpretazione appena richiamata della L. n. 69 del 2009, art. 58, in riferimento all’art. 327 c.p.c. va qui ribadita dal momento che il giudizio risulta iniziato dopo il 4 luglio 2009, precisamente con atto di citazione notificato in data 27.09.2012.

Così stabilito che il termine da applicare è quello di sei mesi, la sua decorrenza è fissata “dalla pubblicazione della sentenza”, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 1, ultimo inciso, che sul punto non è stato modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17.

Poiché risulta dall’epigrafe della sentenza, sottoscritta con firma digitale, che il provvedimento impugnato è stato pubblicato il 10 luglio 2018, il ricorso, consegnato per le notificazioni il 12 febbraio 2019, va dichiarato inammissibile, perché anche sommando al semestre il periodo di sospensione feriale – attualmente decorrente dal 1 al 31 agosto di ogni anno ai sensi della L. n. 741 del 1969, art. 1, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv. con modif. dalla L. n. 162 del 2014, immediatamente applicabile con decorrenza dall’anno 2015, in forza dello stesso D.L., art. 16, comma 1, a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio, in attuazione, peraltro, del principio “tempus regit actum”, il termine per l’impugnazione è venuto a scadere comunque il 10 febbraio 2019, che cadendo di domenica è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 3, quindi all’11 febbraio 2019, data coincidente col passaggio in giudicato della sentenza.

Dovendosi in definitiva dichiarare inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui f, 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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