LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –
Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 881/2015 R.G. proposto da:
S.R., in proprio, elett. dom. presso il proprio studio in Catania, Viale XX Settembre 45; domicilio in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 286/18/13, depositata il 26 settembre 2013, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 25/02/2021 dal Consigliere Adet Toni Novik.
RITENUTO
che:
– S.R. ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, rigettandone l’appello, aveva confermato, con diversa motivazione, la decisione di primo grado di inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente, ed avente ad oggetto l’impugnativa di una cartella di pagamento per Irpef, Iva e SSN;
– il Giudice di appello ha ritenuto che: a) la mancata notifica del ricorso nei confronti del concessionario per la riscossione non ne comportava l’inammissibilità; b) non era fondata l’eccezione di prescrizione decorrente non già dall’iscrizione a ruolo ma dalla notifica della cartella; c) non poteva essere esaminata l’eccezione di decadenza perché formulata solo nella parte conclusiva del ricorso, senza che tale tema fosse stato “minimamente affrontato nel contesto del ricorso né in appello”;
– resiste con controricorso l’agenzia delle entrate che propone anche un motivo di ricorso incidentale.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., sul rilievo che la CTR non avrebbe considerato che la richiesta del contribuente concerneva la nullità della cartella di pagamento “per prescrizione dell’obbligazione tributaria, e non della cartella di pagamento”; si sostiene che il termine di prescrizione dell’obbligazione tributaria decorra dal giorno della presentazione della dichiarazione dei redditi;
– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, sul presupposto che, trattandosi di cartella avente ad oggetto tributi periodici, la prescrizione sarebbe quinquennale;
– con il terzo motivo, si deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, lett. a), e omesso esame dell’eccezione di decadenza, sul rilievo che l’agenzia delle entrate era decaduta dalla possibilità di notificare la cartella di pagamento ed erroneamente la CTR non aveva affrontato questo tema, nonostante il contribuente avesse espressamente richiesto una pronuncia sulla intervenuta decadenza;
– i motivi sono inammissibili o comunque infondati;
– premesso che, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente omette di fornire i dati necessari per valutare la fondatezza delle censure, in ogni caso, quanto ai motivi primo e secondo, va ribadito il principio secondo il quale “in tema di IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78, e, quanto alle altre imposte, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 c.c., non potendosi applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi” (Cass. n. 12740 del 2020, Cass. n. 32308 e Cass. n. 33266 del 2019); in relazione al terzo motivo, è orientamento consolidato quello secondo cui “la decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da questo disponibili, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere dedotta dal contribuente in sede giudiziale, mentre la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’amministrazione finanziaria, in quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni indisponibili, perché disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti, è rilevabile anche d’ufficio” (tra altre, Cass. n. 11521 del 2004, Cass. n. 28530 del 2013);
– nella specie, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto – né il ricorrente fornisce in questa sede idonei elementi di segno contrario – che la questione relativa alla decadenza dell’amministrazione era rimasta estranea al giudizio, non essendo stata minimamente affrontata nel contesto del ricorso introduttivo né in appello, senza che potesse assumere rilievo la mera circostanza che nelle conclusioni vi fosse la richiesta di dichiarazione di estinzione dell’obbligazione “per prescrizione e/o per decadenza”, in assenza di ulteriori specificazioni, per cui la questione non era stata correttamente introdotta e non poteva essere scrutinata;
– infondato, altresì, è il ricorso incidentale, con cui si censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’agenzia, dal momento che il ricorrente, come già motivato nella sentenza impugnata che ha ampiamente trattato questa eccezione alle pagine 1-2, ha contestato la prescrizione dell’obbligazione tributaria e quindi la pretesa dell’amministrazione finanziaria azionata nei suoi confronti, cosicché il legittimato passivo è l’ente impositore;
– il ricorso principale e quello incidentale vanno respinti; in relazione alla reciproca soccombenza, le spese del presente grado del giudizio vanno compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021