Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.20721 del 20/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23101-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrenti –

contro

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PAGNOTTA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ROCCO DI TORREPADULA;

– controricorrente –

nonché contro EQUITALIA NORD S.p.A., (già Equitalia Esatri S.p.A);

– intimata –

avverso la sentenza n. 332/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/07/2015 R.G.N. 2225/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

RILEVATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’opposizione proposta da M.S. alla cartella esattoriale notificatagli su istanza dell’Inps per il pagamento di Euro 777,66 per contributi dovuti alla gestione commercianti in relazione alla 1 rata dell’anno 2009.

Secondo la Corte territoriale il M., già iscritto alla Gestione Separata di cui alla L. n. 336 del 1995, art. 2, comma 26 quale amministratore della Geos Immobiliare s.r.l., non era tenuto ad iscriversi anche alla Gestione Commercianti in quanto l’attività da esso svolta aveva natura puramente gestionale e non di lavoro commerciale, sicché l’iscrizione richiesta non poteva ritenersi giustificata.

2. Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura. M.S. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, mentre la società concessionaria dei servizi di riscossione non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Con l’unico motivo di ricorso, l’INPS denunzia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, (conv. con L. n. 122 del 2010), in relazione all’art. 2697 c.c., per non avere la Corte di merito ritenuto che l’attività posta in essere dal M. integrasse gli estremi di un’attività commerciale, connotata dai caratteri di abitualità e prevalenza richiesti per l’iscrizione alla relativa Gestione.

4. Il motivo è infondato.

5. Ritiene la Corte di confermare i propri recenti precedenti intercorsi tra le stesse parti in relazione a diversi periodi contributivi (cfr Cass. n. 30258/2018 e n. 9288/2020).

Premesso che è pacifico che la coesistente iscrizione a Gestione Separata ed a Gestione Commercianti (su cui, v. L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208 come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. con modifiche in L. n. 122 del 2010; Cass., S.U., 8 agosto 2011, n. 17076) è doverosa solo in quanto siano integrati gli estremi che impongono, in ciascun ambito, l’adesione al relativo regime (Cass. 19 gennaio 2016, n. 873), nei citati precedenti si è rilevato che la Corte territoriale ha in sostanza ritenuto che l’attività svolta dal ricorrente non presentasse connotati “ulteriori e diversi rispetto a quella gestoria in senso proprio”, il che è in sé sufficiente ad escludere la possibilità di iscrizione alla Gestione Commercianti.

Tale giudizio è poi frutto di una valutazione tipicamente di merito dell’istruttoria, in cui si sono precipuamente valorizzati gli elementi da cui è emerso che la società era dotata di un’organizzazione di impresa in grado di realizzare autonomamente, dal punto di vista dell’attività commerciale attuativa, lo scopo sociale, risultando marginale l’intervento dagli amministratori sotto il profilo esecutivo.

L’I.N.P.S. ha solo genericamente censurato tale valutazione dell’istruttoria, traducendosi i motivi di ricorso, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice del merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass. S.U. 25/10/2013, n. 24148).

Il ricorso va quindi rigettato, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonché Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021

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