LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11786-2020 proposto da:
S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACQUA DONZELLA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PROPERZIO, 5, presso lo studio dell’avvocato ANNAROSA CHIRIATTI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACQUA DONZELLA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1238/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
RILEVATO
che:
1. Nel 2008, con atto di citazione S.N. convenne in giudizio P.L. e M.E. al fine di ottenere la dichiarazione di simulazione assoluta dell’atto di compravendita intercorso tra questi ultimi e far dichiarare inefficace il contratto nei propri confronti secondo l’art. 2901 c.c.
In particolare, l’attore dedusse che in data 14/03/2008 il P. gli cedette la quota di un immobile di cui condivideva la proprietà con la moglie M.; che quest’ultima non si presentò all’incontro con il notaio e che pertanto rimase estranea al contratto; che tale contratto non venne trascritto; che in data 28/03/2008 lo stesso cedette alla moglie la sua quota dell’immobile pari al 50 % e che tale contratto venne stavolta trascritto.
L’attore agì in giudizio per far dichiarare la nullità di tale secondo contratto e far venir meno l’effetto prenotativo della trascrizione.
I convenuti si costituirono in giudizio chiedendo di accertare l’invalidità del contratto stipulato in data 14/03/2008 per la mancanza del consenso della M., comproprietaria dell’immobile, bene unitario inscindibile in quanto ereditario. Dedussero anche il vizio del consenso dello stesso P., il quale al momento dell’atto si trovava in stato di influenzabilità stante il suo stato di depressione acuta certificata.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 11777/2013, rigettò la domanda di simulazione assoluta per difetto di legittimazione attiva dell’attore. Ciò in quanto quest’ultimo non vantava alcun diritto di proprietà sulla quota alienata, stante la nullità dell’atto di compravendita stipulato con il P., per difetto del consenso della M..
2. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 1238/2020, pubblicata il 19/02/2020, ha confermato la pronuncia di prime cure, rigettando l’appello proposto da S.N..
Secondo i giudici di merito, pur essendo l’appellante legittimato ad agire per ottenere la dichiarazione di simulazione assoluta dell’atto stipulato in data 28 marzo 2008, comunque essa non risultava adeguatamente provata.
Il mancato corrispettivo da parte della M. nei confronti del P. poteva deporre eventualmente per una simulazione relativa ovvero per un trasferimento gratuito della quota ereditaria, ma la domanda per accertare la nullità dell’atto, perché integrante una fattispecie donativa in violazione delle formalità richieste dalla legge, era stata presentata solo in sede di gravame e ritenuta pertanto inammissibile.
3. Avverso la suddetta pronuncia S.N. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
P.L. resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato. S.N. resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1415 e 2698 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Contestuale e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”, in quanto il mancato pagamento dell’intero prezzo integrerebbe la simulazione assoluta e non relativa.
Nel caso di specie, la deposizione testimoniale resa dal Paqualini in altro giudizio penale proverebbe la mancata sua percezione di alcuna somma di denaro e pertanto la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la simulazione assoluta dell’atto di compravendita del 28 marzo 2008 e dichiararne la totale inefficacia nei confronti del ricorrente.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il “palese travisamento di prova documentale rappresentata da atto processuale, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (principio affermato da Cass. Civ. Sez. I, 25/05/2015 n. 10749). Contestuale violazione e falsa applicazione degli artt. 782 e 1428 c.c., e della L. n. 89 del 1913, art. 48, comma 1, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere inammissibile perché tardiva la domanda di nullità dell’atto per carenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della donazione, in quanto tale domanda era già stata presentata dal ricorrente nel primo grado di giudizio come visibile nell’atto di citazione e comunque, dinanzi a una ipotesi di donazione dissimulata, il giudice di merito sarebbe tenuto a verificarne d’ufficio la sussistenza dei requisiti minimi per la sua validità.
4.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto la Corte avrebbe erroneamente rigettato la domanda volta a dichiarare l’inefficacia della compravendita del 28/03/2008 in virtù dell’art. 2901 c.c. senza prendere in considerazione le regole probatorie che regolano l’azione revocatoria ordinaria. Infatti, sarebbe onere del convenuto dimostrare la capienza del patrimonio al netto delle somme che aveva dichiarato fittizie, dimostrando l’idoneità dello stesso a fungere da idonea garanzia per il creditore.
5. Innanzitutto il ricorso è inammissibile in quanto emerge una percezione del fatto sostanziale e processuale che non consente di reputare osservato il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 3. Infatti i riferimenti al fatto sostanziale e processuale che si fanno nella loro illustrazione sono del tutto frammentari.
E comunque ove fossero esaminabili i motivi sarebbero ugualmente inammissibili.
Il primo motivo lo è perché la Corte territoriale, oltre a ritenere non provato che il contratto in oggetto non abbia prodotto alcun effetto giuridico (simulazione assoluta), giudizio questo rientrante nell’esclusiva valutazione del giudice di merito, ha operato una diversa qualificazione della fattispecie in oggetto, riconducendo eventualmente la mancata corresponsione del denaro a una simulazione non già assoluta ma relativa, nell’ipotesi specifica della donazione dissimulata.
Quest’ultima sussiste tutte le volte in cui le parti si accordano per stipulare solo apparentemente un contratto di compravendita ma dove in realtà si nasconde un atto di liberalità per cui non viene corrisposto il prezzo che appare nel contratto. Per la validità di tale negozio giuridico, si richiede il rispetto delle formalità richieste per la donazione nell’atto stipulato dalle parti (atto pubblico e la presenza di due testimoni). Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto che sia effettivamente riconducibile a una vendita dissimulante, ipotesi di simulazione relativa, in quanto il trasferimento della quota dal marito alla moglie vi sarebbe stato. Dunque, l’effetto giuridico si sarebbe prodotto con conseguente opponibilità del trasferimento della quota ai terzi, mentre al contrario nella simulazione assoluta manca la produzione di qualsiasi effetto giuridico rilevante per l’ordinamento.
Il secondo e terzo motivo lo sono perché richiedono una rivalutazione dei dati fattuali e in particolare probatori, il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.
Ma sarebbero ugualmente inammissibili, in quanto non osservano i principi stabiliti dalla Giurisprudenza di questa Corte in tema di art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti l’illustrazione dei motivi si fonda su documenti e/o atti processuali, ma qui non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, né, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, sia esaminabile in copia, se trattasi di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale (ove possibile) o in copia (ove trattasi di atto della controparte o del fascicolo d’ufficio, come i verbali di causa) e nemmeno fa riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammette Cass. sez. un. 22716 del 2011). Ebbene il ricorrente si limita a dichiarare che la domanda di nullità era stata posta già nell’atto di citazione) ma non dice se è stata riproposta in sede di precisazioni delle conclusioni.
5. Il ricorso incidentale condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 11.000 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 maggio 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021
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