Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20784 del 21/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22313/2017 R.G. proposto da:

Comune di Gassino Torinese, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimiliano Genco;

– ricorrente –

contro

Agenzia Territoriale per la casa del Piemonte Centrale, in persona del suo Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Cattalano e Giuseppe Bongiovanni;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/17, depositata il 22 febbraio 2017, della Commissione tributaria regionale del Piemonte;

udita la relazione della causa, svolta nella Camera di consiglio del 17 marzo 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 299/17, depositata il 22 febbraio 2017, la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia Territoriale per la casa della Provincia di Torino, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, per suo conto, aveva disatteso l’impugnazione di un diniego di rimborso dell’IMU corrisposta dalla contribuente, relativamente all’anno 2012, in relazione ad alloggi di edilizia sociale oggetto di assegnazione;

1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:

– in ragione degli interventi normativi di cui al D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, conv. in L. n. 27 del 2012, ed al D.M. n. 200 del 2012, l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), non potesse più considerarsi condizionata al solo uso diretto dell’immobile da parte dell’ente non commerciale;

– nella fattispecie ricorrevano, poi, i requisiti, soggettivi e oggettivi, previsti dalla fattispecie di esenzione in quanto venivano in considerazione un Ente non commerciale, la corrispondente attività (ricettiva) svolta e l’applicazione di canoni locativi “inferiori alla metà del canone medio di mercato applicato nel comune”;

2. – il Comune di Gassino Torinese ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi;

– l’Agenzia Territoriale per la casa del Piemonte Centrale resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. – il primo ed il secondo motivo, entrambi formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espongono la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento (I motivo) al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), al D.L. n. 1 del 2012, art. 91, conv. in L. n. 27 del 2012, al D.M. n. 200 del 2012, nonché (II motivo) in relazione all’art. 4 preleggi, assumendo, in sintesi, il ricorrente, per un verso, che, – pur avuto riguardo allo ius superveniens, e ciò non di meno, – le condizioni poste dal citato art. 7, comma 1, lett. i), predicavano, ad ogni modo, l’uso diretto dell’unità immobiliare ai fini della prevista esenzione e, per il restante, che a siffatte condizioni non avrebbe potuto di certo derogare un regolamento ministeriale e, ancor meno, risoluzioni o circolari;

– il terzo complesso motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 12-ter, conv. in L. n. 214 del 2011, del D.M. n. 200 del 2012, art. 6, e art. 4, comma 4, nonché di omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti; deduce, in particolare, il ricorrente che la gravata sentenza non aveva tenuto conto della contestazione da esso esponente svolta in ordine tanto all’omessa indicazione dei canoni locativi effettivamente percepiti sugli immobili oggetto di assegnazione, – così pronunciando in violazione del citato art. 4, comma 4 – quanto all’omessa presentazione della dichiarazione di cui al citato art. 13, comma 12-ter;

– col quarto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., sul rilievo che difettava, nella fattispecie, la prova dei canoni locativi effettivamente percepiti;

2. – il congiunto esame dei primi tre motivi di ricorso, – che prospettano la medesima quaestio iuris di fondo e che comportano l’assorbimento del quarto motivo, – rivela la fondatezza della denunciata violazione di legge;

3. – la disposizione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), è stata interpretata dalla Corte, secondo un risalente orientamento, nel senso che le previste esenzioni “presuppongono il ricorrere di una duplice condizione costituita dall’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dall’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito” (così Cass. Sez. U., 26 novembre 2008, n. 28160 cui adde, ex plurimis, Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., 6 dicembre 2013, n. 27418; Cass., 11 maggio 2012, n. 7385); e che, altrimenti detto, occorrono, ai fini dell’integrazione dell’esenzione, un requisito oggettivo, – rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, – ed un requisito soggettivo, – costituito, a sua volta, dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali – (v., ex plurimis, Cass., 30 aprile 2019, n. 11409; Cass., 20 luglio 2016, n. 14913; Cass., 4 maggio 2016, n. 8870; Cass., 8 luglio 2015, n. 14226; Cass., 21 marzo 2012, n. 4502);

4. – la Corte, per vero, ha rilevato altresì che, – assolvendo le Agenzie territoriali per la casa del Piemonte (istituite con L.R. Piemonte 26 aprile 1993, n. 11) alle funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, di cui costituiscono, quindi, un’evoluzione normativa, – la reclamata esenzione si pone in rapporto di incompatibilità con l’espressa previsione di una detrazione di imposta (ai sensi del citato D.Lgs. n. 504, art. 8, comma 4, qual richiamato dal D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10); e si e’, altresì, rimarcato che i canoni locativi, seppur corrisposti in misura inferiore a quelli di mercato, sono volti a remunerare il capitale investito e, ad ogni modo, “non escludono il carattere economico dell’attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso” (v. Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601; v., altresì, Cass., 4 dicembre 2003, n. 18549);

4.1 – arresti, quelli sopra ripercorsi, che, peraltro, sono stati ulteriormente ribaditi dalla Corte anche in fattispecie perfezionatesi in epoca antecedente alla modifica normativa del citato art. 7, comma 1, lett. i), qual riconducibile al citato D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis, comma 1, essendosi rilevato che il diritto all’esenzione dall’ICI presuppone che l’utilizzo, pur indiretto, dell’unità immobiliare avvenga con modalità non commerciali, così come ritenuto nella decisione della Commissione dell’Unione Europea 19 dicembre 2012, al fine di evitare che il regime dell’esenzione si risolva in un aiuto di Stato; così che è necessario, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico (Cass., 30 settembre 2019, n. 24308; Cass., 5 settembre 2019, n. 22223; Cass., 15 marzo 2019, n. 7415; Cass., 8 luglio 2016, n. 13970; v. altresì, quanto ai caratteri del canone locativo, e con riferimento a fattispecie omologhe a quella in trattazione, Cass., 14 maggio 2020, n. 8964; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34601);

4.2 – la citata decisione della Commissione, difatti, – nel rimarcare che, secondo la stessa giurisprudenza unionale, in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, la nozione di impresa, a prescindere dal suo status giuridico, si correla allo svolgimento di un’attività economica (v., tra le tante, CGUE, 1 luglio 2008, procedimento C-49/07, MOTOE, punti 27 e 28; CGUE, 10 gennaio 2006, procedimento C-222/04, Ministero dell’Economia e delle Finanze, punti 107, 108, 122, 123; CGUE, 12 settembre 2000, procedimenti riuniti da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, punti 74 e 75) e che, pertanto, le finalità sociali, e di solidarietà, eventualmente perseguite non escludono la riconducibilità delle relative attività a detta nozione in quanto (anche) un’impresa che agisca senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato e, così, porsi in concorrenza con altre imprese, – ha considerato quale aiuto di stato incompatibile con il mercato interno (art. 107 TFUE) l’esenzione ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e, per converso, lecita, perché non costituente aiuto di Stato, l’esenzione IMU che, seppur riconducibile alla sopra citata disposizione del citato D.Lgs. n. 504, art. 7, comma 1, conseguiva dalla rimodulazione regolatoria di quella stessa disposizione;

4.3 – il riferimento ad un corrispettivo di importo simbolico, – qual elaborato dalla giurisprudenza della Corte in relazione alla specifica connotazione delle modalità non commerciali delle attività suscettibili di essere ricondotte all’esenzione di cui al citato art. 7, comma 1, lett. i) – ha trovato, poi, uno specifico riscontro regolativo nel D.M. n. 200 del 2012, che, nel disciplinare i “requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), come svolte con modalità non commerciali”, ha espressamente previsto, – nel contesto degli altri (pur) delineati requisiti, soggettivi e oggettivi, – per le attività (come nella fattispecie) di natura ricettiva (ma la disposizione assume carattere tendenzialmente generale nella disciplina in discorso), che le modalità non commerciali sussistono se “sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio” (art. 4, comma 4); disposizione, quest’ultima, che, – nel contesto della globale valutazione della disciplina dei requisiti, soggettivi e oggettivi, ascrivibili alle modalità non commerciali delle attività considerate, – ha, giustappunto, indotto la Commissione dell’Unione Europea alla ricordata conclusione quanto alla liceità dell’esenzione IMU, essendosi, in particolare, rimarcato che “a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all’esenzione (come indicano le parole “in ogni caso”) e non implica a contrario che possano beneficiare dell’esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite.” (citata Decisione, p. 6.4, punto 168 e ss.);

4.4 – la L.R. Piemonte, 17 febbraio 2010, n. 3 (recante norme in materia di edilizia sociale) espressamente prevede che “Il canone di locazione degli alloggi di edilizia sociale è diretto a compensare i costi generali, di amministrazione, manutenzione ordinaria e fiscali sostenuti per la gestione degli immobili, nonché a consentire il recupero di una parte delle risorse impiegate per la realizzazione degli stessi, da destinare a fini di reinvestimento.” (art. 19, comma 1); e, come reso esplicito anche dal relativo regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Giunta regionale, 4 ottobre 2011, n. 14/R), il canone in discorso, – seppur variamente articolato in relazione ad aree e fasce reddituali (citato Reg., art. 6, ed allegati B) e C)), – e’, ad ogni modo, incentrato su di un valore base (costo di costruzione) corretto sulla base di diversi coefficienti correlati a cd. variabili oggettive (categoria catastale, classe demografica del Comune, ubicazione, vetustà, stato di conservazione; citato Reg., artt. 4 e 5, e allegato A));

– in ragione, allora, dei suoi criteri di determinazione, detto canone, – che, in effetti, risulta commisurato (anche) al costo del servizio, – non può affatto considerarsi simbolico, nell’accezione assunta dalla nozione nel contesto del D.M. n. 200 del 2012, art. 4, che, come detto, segna lo stesso limite di conformità dell’esenzione alla disciplina Eurounitaria in tema di aiuti di Stato;

5. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto del ricorso originario della contribuente;

– le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, avuto riguardo all’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte controricorrente.

P.Q.M.

La Corte, accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa, tra le parti, le spese dei grado di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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