Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20903 del 21/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscrito al n. 8323/2015 R.G., proposto da:

L.S.A., rappresentato e difeso dall’avv. Mario Mattei, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to Francesco Innocenti, in Roma, Via del Circo Massimo, n. 9, giusta procura rilasciata in margine al ricorso.

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 541/04/14 della Commissione tributaria Regionale dell’Umbria, depositata in data 22/09/2014, non notificata.

udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella Camera di consiglio del 13 maggio 2021.

RITENUTO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la CTR dell’Umbria accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate e respingeva l’appello principale del contribuente, L.S.A., avverso la sentenza della CTP di Perugia che, a sua volta, aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento, per l’anno 2008, con il quale l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dal L..

Nella parte narrativa della sentenza, nonché dal ricorso e dal controricorso, risulta che l’avviso di accertamento, per l’anno 2008, emesso nei confronti del L., riguardava svariati indici di capacità contributiva applicati in relazione a) al possesso di un autoveicolo Opel Zafira, b) alla proprietà della residenza principale del L. sita in *****, di ampiezza pari a 88 mq, c) all’incremento patrimoniale, pari ad Euro 308.427,24, derivante dall’acquisto di 17 unità immobiliari effettuato dalla di lui coniuge, C.R., in data *****. Da tale narrazione risulta pure che i primi giudici, a differenza di quanto poi ritenuto dalla CTR, avevano ridotto il maggior reddito accertato in via sintetica da Euro 87.032,68 ad Euro 25.347,23, in considerazione del mancato conseguimento dell’incremento patrimoniale di Euro 308.427,24, derivante dall’acquisto del complesso immobiliare; secondo i giudici di prime cure alcun incremento patrimoniale v’era stato al riguardo in quanto l’acquirente (moglie del L.) aveva a suo tempo interamente finanziato la costruzione degli immobili sicché aveva portato in compensazione tale credito con una perdita patrimoniale corrispondente all’entità del credito vantato. La sussistenza del credito sarebbe stata provata dal L. attraverso l’allegazione dell’atto di riconoscimento del debito fatto dal L. in data ***** in favore di sua moglie per Lire 588.000.000.

Avverso la sentenza della CTR di cui in epigrafe, il L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Col primo mezzo, la difesa del ricorrente deduce la violazione di legge (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella formulazione previgente alla novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22, conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122), per aver la CTR considerato l’incremento patrimoniale di 308.427,24, conseguente all’atto di trasferimento immobiliare del *****, come riferibile al nucleo familiare del contribuente e, quindi, alla capacità contributiva del L.. La CTR avrebbe errato nel rigettare l’appello principale del contribuente senza considerare le prove documentali dallo stesso offerte dalle quali risultava che: 1) con l’atto del *****, la signora C.R. aveva acquistato dalla società Longedil di L.S. & C. s.a.s. varie unità immobiliari, per un prezzo di Euro 308.474,24; 2) di tale prezzo, Euro 300.000 erano state oggetto di compensazione di un credito vantato dalla stessa C. verso la società venditrice; 3) la cifra residua versata dalla C. era, dunque, pari ad Euro 8.427,24, come risultante dall’atto pubblico per notaio P. attestante che l’unico versamento di denaro in relazione al trasferimento immobiliare era pari ad Euro 8.427,24, effettuato tramite assegno bancario; 4) il credito della C. nei confronti della Longedil di L.S. & C. s.a.s. risultava dall’atto di ricognizione del debito di Lire 588.000.000 effettuato in data ***** prima dell’acquisto delle unità immobiliari – tra la C. ed L.S..

1.2. Col secondo mezzo, deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Commissione tributaria regionale violato i criteri di riparto dell’onere probatorio considerando legittima l’applicazione dei parametri prescelti dall’Agenzia delle entrate per desumere la capacità contributiva del L. dall’incremento patrimoniale di Euro 308.427,24, mai realizzato.

1.3. Col terzo motivo, assume, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2700 c.c., nella parte in cui la CTR non ha considerato la specifica attestazione contenuta nell’atto del notaio rogante circa la regolamentazione del prezzo di acquisto dell’unità immobiliare avvenuta soltanto per la cifra residua di Euro 8.427,24.

1.4. Col quarto mezzo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia l’omesso esame di fatti decisivi e controversi quali il reddito effettivo del L. e del suo nucleo familiare per l’anno 2008, reddito fatto di modeste pensioni sulle quali incideva l’indebitamento bancario con apertura di credito in conto corrente per Euro 13.000,00.

2. I motivi di ricorso, tra loro raggruppabili per connessione di censure, riguardanti tutti la sussistenza dell’incremento patrimoniale derivante dall’acquisto del complesso immobiliare, sono tutti infondati e vanno rigettati per le ragioni di seguito esposte.

2.1. Occorre in primo luogo inquadrare la disciplina di riferimento. Come è noto, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, tra l’altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), applicabile alla fattispecie riguardante avviso di accertamento per l’anno 2008, prevede, al comma 4, la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (4. “L’ufficio, indipendentemente dalle Disp. recate dall’art. 39, ai commi precedenti, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato”); al comma 5, contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè delle spese sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente (5.”Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti”). Ai sensi dell’art. 38 cit., comma 6, resta salva per il contribuente la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (6.”Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”).

2.2. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditì e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (Cass., 26/11/2014, n. 25104; Cass., 20/03/2009, n. 6813; per i redditi risultanti da finanziamenti, v. Cass., 30/05/2018, n. 13602).

3. Il contribuente ha dedotto che il versamento degli importi contestati non è avvenuto e che, quindi, non sussisteva una reale disponibilità economica come dimostrerebbe il riconoscimento del debito del ***** della società Longedil di L.S. nei confronti di C.R., per Lire 588.000,00, debito compensato, secondo il suo assunto, dalla somma incassata dalla vendita immobiliare, per Euro 308.427,24.

4. Ritiene il Collegio che la decisione della CTR qui impugnata risulta conforme ai principi che regolano la materia, laddove ha ravvisato la carenza di efficacia dimostrativa dell’atto di ricognizione del debito del ***** sulla base della sussistenza di una serie di elementi di fatto certi (quali l’assenza di documentazione contabile attestante l’esistenza del credito della signora C. nei riguardi della Longedil di L.S. & C. s.a.s.; l’inverosimiglianza dell’appostazione contabile risultante dall’atto di ricognizione al 31/12/1999, ma assunto in regime della contabilità semplificata) che, comportando una determinata capacità di spesa, presuppongono anche la disponibilità di un corrispondente reddito globale, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’inesistenza di una corrispondente capacità reddituale. Sulla base di tali elementi di fatto certi, i secondi giudici hanno ritenuto l’irrilevanza dell’atto di ricognizione del debito tra i due coniugi reputando non verosimile “(…) l’effettività di un siffatto atto ricognitivo, nel rapporto tra due coniugi, associati nella stessa attività economica, del credito di una consistente somma di denaro, destinata a finanziare l’attività sociale senza che si sia neppure prospettata l’esistenza tra di loro una reale distinzione ed autonomia patrimoniale per di più così squilibrata, oltre alla reale disponibilità di una notevole somma da parte della coniuge C.”.

4.1. La decisione dei secondi giudici, dunque, è immune dalle censure proposte anche considerando che il riconoscimento del debito non è atto da cui il debito deriva, ma, stante il tenore dell’art. 1988 c.c., è una dichiarazione unilaterale avente l’unico effetto, nei rapporti tra le parti, di dispensare colui a favore del quale la ricognizione è fatta dalla prova del rapporto fondamentale; da qui, l’onere del contribuente per vincere la presunzione posta a favore dell’Amministrazione finanziaria, di produrre il titolo da cui il debito deriva, a nulla rilevando il riconoscimento di debito contenuto nell’atto in questione. Inoltre, se l’acquisto di beni immobili a titolo oneroso costituisce un indizio sufficiente ai fini della determinazione sintetica del reddito, non assume rilievo la circostanza che sia mancato un effettivo esborso del corrispettivo pattuito per aver le parti proceduto alla compensazione di debiti e crediti reciproci, in quanto tale operazione, oltre a confermare l’onerosità del trasferimento, costituisce uno dei modi di estinzione dell’obbligazione, ancorché diversi dall’adempimento, ed è pertanto idonea a rivelare la corrispondente capacità economica del contribuente (cfr., Cass., 11/09/2009, n. 19647).

5. Del pari, contrariamente a quanto assume il ricorrente, le dichiarazioni delle parti contenute nell’atto notarile di acquisto, riguardanti le modalità di pagamento del prezzo del bene acquistato, non sono coperte da fede privilegiata essendo tale efficacia dell’atto pubblico limitata agli elementi estrinseci dell’atto, indicati all’art. 2700 c.c., senza estendersi al contenuto intrinseco del medesimo, che può anche non essere veritiero (Cass., 25/07/2019, n. 20214; Cass., 29/09/2020 n. 20520).

6. Le considerazioni sopra esposte, circa il mancato soddisfacimento dell’onere probatorio a carico del contribuente, riguardano anche il quarto motivo di ricorso.

6.1. Ed invero, i secondi giudici non hanno affatto mancato di esaminare i fatti indicati da ricorrente per superare la presunzione di legge di cui ai cd. indici di capacità contributiva (il modesto ammontare della pensione e l’apertura di conto corrente), ritenendo che “in ordine alla parte in cui la sentenza ha determinato il reddito induttivo desunto dai residui indici della capacità contributiva considerati (autovettura ed abitazione principale) per il 2006 e il 2007”, l’appello era infondato, essendo la motivazione dei primi giudici “congrua con quanto documentalmente accertato”.

6.2. In ogni caso, il mezzo è mal formulato, non rispettando le previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, “attraverso l’indicazione del “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Sez. U, 07/04/2014 n. 8053).

7. Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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