LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10029/2018 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
IPI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Livia Salvini, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 1324/1/17, depositata il 27 settembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.
RILEVATO
che:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 27 settembre 2017, di reiezione dell’appello dalla medesima proposta avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della IPI s.p.a. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione presentata per l’anno 2006 e recuperate le imposte non versate;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tale atto l’Ufficio aveva contestato alla società contribuente, quale consolidante della Frala s.r.l., l’indebita deduzione di costi e della relativa i.v.a., relativa a servizi di consulenza – sostenuti dalla consolidante medesima e, poi, da questa ribaltati (in quota parte) alla controllata Frala s.r.l. in quanto non inerenti;
– il giudice di appello ha disatteso il gravame erariale, ritenendo effettiva e inerente la prestazione di servizi in oggetto, oltre che sufficientemente specifico l’oggetto della relativa fattura;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso la IPI s.p.a.;
– quest’ultima deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo l’Agenzia denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 61, dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., allegando la apparenza della motivazione nella parte in cui non indicherebbe quali elementi di prova abbiano indotto la Commissione regionale a ritenere inerente il costo in esame;
– il motivo è infondato;
– la sentenza impugnata ha affermato che fosse provata l’inerenza del costo in ragione del fatto che si riferiva a servizi di consulenza finanziaria necessarie, in quanto “senza le quali (la contribuente) non avrebbe potuto svolgere la propria attività” poiché non disponeva di risorse proprie che potessero consentirle l’espletamento delle operazioni di negoziazione di finanziamenti richiesti cui si riferivano tali servizi;
– una siffatta argomentazione risulta idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, per cui si sottrae alla doglianza formulata;
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 54 e 109, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32 e 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 2, e dell’art. 2697 c.c., per aver la Commissione regionale ritenuto inerente e, in quanto tale, deducibile il costo in oggetto e detraibile la relativa i.v.a.;
– il motivo è infondato;
– giova rammentare che il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (cfr. Cass. 22 febbraio 2021, n. 2224; Cass. 17 luglio 2018, n. 18904);
– un giudizio di tipo quantitativo sul rapporto tra il costo sostenuto e il vantaggio conseguito assume rilevanza, in tema di imposte sui redditi, solo qualora si rilevi l’antieconomicità dell’operazione, che assume un valore sintomatico del fatto che il rapporto in cui il costo si inserisce è diverso ed estraneo all’attività d’impresa, ma assolve ad altre finalità, per cui difetta il requisito dell’inerenza;
– una siffatta interpretazione del concetto di inerenza risulta coerente con la giurisprudenza unionale, la quale, in tema di i.v.a., ha evidenziato che il sistema comune dell’imposta garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle stesse, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’i.v.a. e che, pertanto, il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’i.v.a. dovuta o versata per i beni o servizi acquistati quando, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li utilizzi ai fini delle proprie operazioni imponibili, sia che esista un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che danno diritto a detrazione, sia che manchi un tale nesso, quando le spese sostenute fanno parte dei costi generali del soggetto passivo e rappresentano, in quanto tali, elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce (cfr. Corte Giust. 22 ottobre 2015, Sveda; Corte Giust. 18 luglio 2013, AES-3C Maritza East 1; Corte Giust. 29 ottobre 2009, SKF).
– in tema di i.v.a., pertanto, l’inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo e l’attività d’impresa;
– orbene, come rilevato in precedenza, la Commissione regionale ha ritenuto il costo inerente sul fondamento dell’accertato carattere indispensabile del costo medesimo ai fini dell’operatività della contribuente, ponendo, in tal modo, in evidenza l’esistenza di un legame tra il costo medesimo e l’attività imprenditoriale svolta;
– tale legame è idoneo a fondare il giudizio di inerenza espresso, per cui la decisione si sottrae alla censura prospettata;
– sotto altro aspetto, si evidenzia che la sentenza non è incorsa nella dedotta violazione del principio dell’onere della prova, in quanto, lungi dal porre a carico dell’Agenzia l’onere di dimostrare la non inerenza del costo, ha posto tale onere a carico della contribuente e ritenuto che quest’ultima lo avesse sufficientemente assolto;
– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021