LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCITO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 1365 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.M. e C.G. s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 706/26/14 depositata in data 22 maggio 2014, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2021 al Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
RILEVATO
che:
– con sentenza n. 706/26/14 depositata in data 22 maggio 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di B.M. e C.G. s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 8/10/12 della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso la cartella di pagamento n. ***** con la quale, a seguito di controllo automatizzato, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis, della dichiarazione Iva 2008, per l’anno 2007, era stata iscritta a ruolo la somma di Euro 42.652,05 a titolo di maggiore Iva, sanzioni e interessi, conseguente al disconoscimento di credito d’imposta di Euro 29.133,00, utilizzato in compensazione nella dichiarazione Iva 2008, riportato dall’anno 2006, in ragione della omessa presentazione della dichiarazione relativa a tale ultima annualità;
– in punto di fatto dalla sentenza emerge che: 1) con la cartella esattoriale n. *****, emessa ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, nei confronti di B.M. e C.G. s.s., era stata iscritta a ruolo maggiore Iva, interessi e sanzioni, per l’anno 2007, conseguente al disconoscimento di credito d’imposta “pregresso” di Euro 29.133,00 esposto nella dichiarazione IVA 2008 (anno 2007), generatosi, in parte, nel 2005, pari a Euro 26.273,00 e, in parte, nel 2006, pari a Euro 2.860,00, mediante il “salto” di una dichiarazione annuale, essendo stata omessa quella relativa all’anno 2006; 2) la società contribuente aveva impugnato la cartella n. ***** deducendo l’illegittimità del recupero del credito Iva in quanto, pur ammettendo l’omessa presentazione della dichiarazione Iva, per l’anno 2006, dalla comunicazione annuale dei dati Iva, dai registri contabili e dalle liquidazioni periodiche, l’Ufficio avrebbe potuto facilmente riscontrare il credito Iva riportato nel 2007; 3) l’Agenzia aveva controdedotto ribadendo la legittimità della iscrizione a ruolo, stante la impraticabilità del “riporto in avanti” del credito Iva in caso di omissione della presentazione della dichiarazione annuale, fatta salva la possibilità di domandare il rimborso della maggiore imposta versata; 4) la CTP di Torino, con la sentenza n. 8/10/12, aveva accolto parzialmente il ricorso, annullando l’iscrizione a ruolo dell’importo di Euro 26.273,00 corrispondente al credito Iva dell’anno 2005, in quanto la mancata presentazione della dichiarazione relativa all’anno 2006, non poteva estendere i suoi effetti sul credito generatosi nel 2005; 5) avverso la sentenza di primo grado l’Ufficio aveva proposto appello, eccependo preliminarmente la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTP effettuato una rideterminazione del credito Iva per Euro 26.273,00 non richiesta dalla contribuente e ribadendo la impraticabilità del “riporto in avanti” del credito in caso di omissione della dichiarazione annuale; 6) aveva controdedotto la contribuente spiegando appello incidentale per la parte della sentenza di primo grado a sé sfavorevole;
– in punto di diritto, la CTR, ha confermato la statuizione del giudice di primo grado, osservando che, mentre l’appello incidentale si profilava inammissibile, non risultando agli atti prova dell’avvenuta notifica dello stesso, l’appello principale era infondato, in quanto dalla “comunicazione annuale Iva 2006” e dalle liquidazioni periodiche del 2006, l’Ufficio avrebbe dovuto appurare l’esistenza del credito Iva, non essendo, altresì, fondate le obiezioni circa l’impossibilità di effettuare controlli sui versamenti, senza disconoscere, anche in mancanza di presentazione della dichiarazione annuale Iva 2006, (sanzionabile ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 1) il riporto dell’intero credito Iva, il che concretava una “sanzione impropria”, non ammessa dall’ordinamento;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; rimane intimata la società contribuente;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla censura mossa dall’Ufficio in sede di gravame di violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la CTP, nell’annullare la iscrizione a ruolo di Euro 26.273,00, rideterminato il credito Iva nell’importo corrispondente all’eccedenza di imposta dell’anno 2005, senza che la contribuente avesse richiesto tale rideterminazione, stante la domanda di annullamento in toto della cartella, e di riconoscimento del credito Iva indicato nella dichiarazione tardivamente presentata per il 2006 pari a Euro 29.133,00;
– il mancato esame da parte del giudice di appello di una questione puramente processuale (relativa, nella specie, all’assunto error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c., da parte della CTP, sotto il profilo della extrapetizione) non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. n. 3927 del 2002; Sez. 1, n. 10073 del 25/06/2003; Sez. 3, n. 1701 del 23/01/2009; Sez. 1, n. 22083 del 26/09/2013; Sez. 2, n. 1876 del 25/01/2018; Sez. 3, n. 25154 del 11/10/2018);
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 53 e 54, per essere la CTR incorsa in error in procedendo nel confermare l’annullamento della iscrizione a ruolo per la somma di Euro 26.273,00 corrispondente al credito Iva dell’anno 2005, senza che la contribuente avesse mai allegato – nel ricorso introduttivo e nelle controdeduzioni in appello – né tantomeno dimostrato che parte del credito disconosciuto dall’Ufficio si riferisse all’anno di imposta 2005 e che, in relazione a tale annualità, la dichiarazione fosse stata regolarmente presentata;
– il motivo è inammissibile in quanto né dalla sentenza impugnata né dalle controdeduzioni in primo grado e dall’atto di appello allegati al ricorso si evince che l’Ufficio avesse mai contestato la mancata allegazione ovvero dimostrazione da parte della contribuente che parte del credito disconosciuto si riferisse all’anno 2005 e che, in relazione a tale annualità, fosse stata regolarmente presentata la dichiarazione (anzi avendo l’Ufficio fatto riferimento a pag. 3) dell’atto di appello, nel denunciare la assunta violazione dell’art. 112 c.p.c., da parte della CTP, al credito di Euro 26.273,00 “esposto nella dichiarazione presentata per il 2005, asseritamente ricompreso in quello che avrebbe dovuto essere riportato nel periodo di imposta 2006”) con conseguente novità della questione posta dall’Agenzia con il ricorso per cassazione;
– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 61, per avere la CTR, con affermazioni apodittiche confermato la decisione di primo grado, quanto all’annullamento della iscrizione a ruolo della somma di Euro 26.273,00, corrispondente al credito iva maturato nel 2005, senza l’indicazione né degli oggetti dell’attività di conoscenza svolta né dei comportamenti cognitivi assunti, con ciò impedendo di comprendere l’iter logico-giuridico sotteso alla decisione;
– il motivo è infondato;
– premesso che Come da ultimo precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018), nella specie, il giudice di appello – confermando la decisione di primo grado – ha sostanzialmente ritenuto illegittimo il disconoscimento del credito Iva di Euro 26.273,00 maturato nel 2005, in costanza di regolare dichiarazione, non riportato nella dichiarazione per l’anno 2006, in quanto presentata tardivamente e pertanto, considerata omessa, ed evidenziato in compensazione nella dichiarazione annuale per l’anno 2007, in quanto, pur in mancanza della dichiarazione annuale per il 2006, l’Ufficio avrebbe dovuto verificare l’esistenza del credito Iva in base alla “comunicazione annuale Iva 2006”, oltre alla possibilità di controllare le liquidazioni periodiche del 2006 e i versamenti effettuati; pertanto, le considerazioni svolte dal giudice di appello nella motivazione della sentenza, sono tali da disvelare chiaramente la ratio decidendi e l’iter logico-giuridico sotteso alla decisione;
– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 97 Cost., degli artt. 2033, 2041 e 2697 c.c., del D.P.R. n. 633 de1 1972, artt. 30, 54-bis e 55, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7 e art. 8, della L. n. 212 del 2000, art. 8, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 1, per avere la CTR – nel confermare la decisione di primo grado – erroneamente ritenuto che il credito Iva maturato nel 2005, eventualmente esposto nella dichiarazione, per l’anno 2006, considerata omessa (in quanto tardivamente presentata), anche se formatosi anteriormente e derivante da precedenti dichiarazioni ritualmente presentate, potesse essere riportato nelle dichiarazione Iva relativa all’anno successivo (2007), ostando all’utilizzo di detto credito in detrazione il principio di contiguità temporale dei periodi di imposta; con ciò, peraltro, riconoscendo esistente il credito di imposta sulla base delle sole liquidazioni periodiche effettuate dalla società e non già dei versamenti dalla stessa effettivamente eseguiti, incombendo sulla contribuente l’onere della prova delle condizioni di esistenza del credito vantato;
– il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato ma va integrata la motivazione nei termini di seguito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., essendo il dispositivo conforme al diritto;
– il giudice di appello – confermando la decisione di primo grado – posta la ritenuta irrilevanza ai fini del riconoscimento del credito Iva (nella misura di Euro 26.273,00, maturato nel 2005, in costanza di regolare dichiarazione) utilizzato in compensazione nella dichiarazione Iva 2008, per l’anno 2007, della mancata presentazione (in quanto tardiva) della dichiarazione Iva per l’anno 2006, sanzionabile solo ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, comma 1 – ha affermato che dalla comunicazione Iva 2006 a disposizione e dal controllo delle liquidazioni periodiche e dei versamenti, l’Agenzia avrebbe dovuto riconoscere l’esistenza del credito Iva medesimo;
– in punto di fatto, dalla sentenza impugnata e dagli atti di causa, risulta che, nella specie, il credito Iva esposto in compensazione nella dichiarazione presentata per il 2007 (di Euro 29.133,00, di cui una parte pari a Euro 26.273,00 maturata nel 2005, in costanza di regolare dichiarazione e un’altra di Euro 2.860,00 nell’anno 2006) era stato riportato dall’anno precedente (2006) per il quale la dichiarazione era stata presentata oltre i termini consentiti, e, quindi, era stata considerata omessa dall’Ufficio; da qui, a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione Iva per l’anno 2007, l’iscrizione a ruolo conseguente al disconoscimento del credito Iva come riportato dal 2006;
– al riguardo se è vero, infatti, che secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1627 del 20/01/2017) ove il contribuente fruisca di un credito di imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo non perde il diritto alla detrazione, atteso che la decadenza dal diritto è comminata, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4, soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nella prima dichiarazione utile (Cass. n. 523 del 2002; Cass. n. 13056 del 14/07/2004), non è men vero che “…il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, che disciplina termini e modi per la presentazione (comma 1) e per la rettifica (comma 6, in rel. art. 2, commi 8 e 8-bis) della dichiarazione annuale in materia di IVA, al comma 3, prescrive, inoltre, che “le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, secondo periodo”, cioè entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto.” – cfr. Cass. S.U. n. 17757 del 2016 -. Nella stessa occasione, le S.U. hanno fissato il seguente principio di diritto secondo il quale “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (conf., Cass., sez. 5, sentenza, 23 febbraio 2018, n. 4392);
– il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione. La sussistenza di tali requisiti esclude difatti la rilevanza dell’assenza di quelli formali, sempre che sia rispettata, come nel caso in esame, la cornice biennale prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per l’esercizio del diritto di detrazione (secondo le precisazioni espresse, in particolare, da Cass. 28 luglio 2015, n. 14767, confermate, tra varie, da Cass. 3 marzo 2017, n. 5401);
– la questione, pertanto, si sposta su un piano esclusivamente di natura probatoria: l’infrazione è da ritenere emendabile sul piano del rapporto impositivo quando si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa, sempreché non risulti in concreto impedita la prova della sussistenza dei requisiti sostanziali. Giova evidenziare, del resto, che se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova; mentre, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (tra varie, in termini, Cass. 17 marzo 2017, n. 6921);
– per la “detrazione” Iva occorre, quindi, che il contribuente, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale, fornisca la prova dell’esistenza contabile del credito non dichiarato, con la produzione all’ufficio competente di idonea documentazione, quindi con l’esibizione dei registri Iva, delle relative liquidazioni, della dichiarazione cartacea – relativa all’annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione utile allo scopo (in tal senso anche Cass., 17 marzo 2017, n. 6921; Cass. del 13 agosto 2020, n. 17043; in tal senso, anche circolare della Agenzia delle entrate 25-6-2013, n. 21/E, in cui si riconosce la possibilità di “scomputare” direttamente l’importo del credito in detrazione, ove se ne riscontri l’esistenza, in caso di omissione delle dichiarazioni Iva; in precedenza la circolare 6-8 del 2012, n. 34/E, consentiva solo la presentazione della istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, purché il credito in detrazione fosse effettivo);
– il contribuente deve quindi dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, e debitore dell’Iva è titolare del diritto di detrarre l’imposta, con un accertamento in fatto da parte del giudice di merito, da compiersi con la latitudine suggerita dalla stessa corte di giustizia (Causa C- 85/95, Reisdorf); non sono sufficienti allo scopo le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorre anche l’esibizione dei registri Iva e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra documentazione utile (Cass., n. 6921 del 2017). Non sono stati, invece, ritenuti elementi sufficienti l’istanza di condono e la dichiarazione integrativa per la definizione degli anni pregressi (Cass., 9 novembre 2016, n. 22747);
– nella specie, pertanto, l’illegittimità del disconoscimento del credito Iva (per quel che rileva di Euro 26.273,00), maturato nel 2005, in costanza di regolare dichiarazione, non esposto nella dichiarazione per l’anno 2006 (in quanto tardivamente presentata), e utilizzato in compensazione in quella presentata per il 2007 deriva – e, in tal senso, va integrata la motivazione della CTR – pur in mancanza del riporto nella dichiarazione dell’anno 2006 in quanto tardivamente presentata – dall’avvenuto rispetto della cornice biennale per la detrazione, avendo il giudice di appello, sotto il profilo della sussistenza delle condizioni sostanziali per la detrazione del credito Iva, affermato – compiendo una valutazione di una circostanza fattuale (che non si esaurisce nella verifica delle sole liquidazioni periodiche) non sindacabile in sede di legittimità – che l’Ufficio avrebbe dovuto riconoscere l’esistenza del credito Iva, avendo a disposizione “la comunicazione annuale Iva 2006”, oltre che la possibilità di controllare le liquidazioni periodiche del 2006 e i versamenti; peraltro, dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi di merito non emerge la contestazione da parte dell’Ufficio della inesistenza del credito, avendo incentrato l’assunto disconoscimento del vantato credito Iva soltanto sulla circostanza, di rilievo formale, della impraticabilità del “riporto in avanti” dello stesso in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale; da qui la inammissibilità della censura per novità della questione denunciata, nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, per avere la CTR erroneamente riconosciuto esistente il credito di imposta sulla base delle sole liquidazioni periodiche;
– in conclusione, il ricorso va rigettato;
– nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata la società contribuente.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso;
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021
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