Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21052 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA M. Rosaria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 21454 del ruolo generale dell’anno 2013, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to Rapalo Roberto, elettivamente domiciliato presso la Dott.ssa Capalbo Stella in Roma, Via Circonvallazione Ostiense n. 146, int. 14;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 194/29/11, depositata in data 8 luglio 2011, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2021 al Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di Nocera Maria Giulia.

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 194/29/11, depositata in data 8 luglio 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di G.M., nella qualità di ex socio della F.lli G. di G.M. s.a.s., (cancellata dal registro delle imprese) avverso la sentenza n. 266/39/09 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente, nella qualità, avverso l’avviso di accertamento n. ***** con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F, per l’anno 1999, aveva recuperato a tassazione, a carico della società, costi indebitamente dedotti, ai fini Irap, e detratti, ai fini l’Iva, in relazione ad operazioni di acquisto di prodotti hi-tech, ritenute soggettivamente inesistenti, oggetto di una fattura (n. 128 del 27.4.99) emessa dalla società intermediaria c.d. cartiera Lion Service di L.S. & C. s.a.s.;

-in punto di diritto, la CTR ha osservato che:1) la indetraibilità dell’Iva per assunta simulazione soggettiva delle operazioni di acquisto non era stata dimostrata dall’Ufficio;2) il contribuente aveva prodotto documentazione idonea a dimostrare la effettività delle operazioni di acquisto, come il pagamento del bonifico bancario a favore della fatturante “Lion Service” e del trasportatore la merce;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste, con controricorso, G.M., nella qualità di ex socio, il quale ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO

Che:

– preliminarmente va disattesa l’istanza di riunione del presente giudizio a quello RG n. 21844/13 concernente l’impugnativa del medesimo avviso di accertamento da parte di G.R., altro ex socio della cancellata società F.lli G. di G.M. s.a.s., in quanto definito con ordinanza di questa Corte, sez. 5, n. 5370 del 27 febbraio 2020; risulta ugualmente definito con ordinanza della sezione 5-6 di questa Corte n. 17362 del 30 luglio 2014 il giudizio concernente l’impugnativa del medesimo avviso di accertamento da parte di G.P., altro ex socio della medesima cancellata società;

– infondata si palesa l’eccezione di dell’eccezione di tardività del ricorso, proposta dal contribuente in base alla considerazione che la lite, essendo di valore superiore ad Euro 20.000,00, non sarebbe soggetta alla sospensione dei termini di cui al D.L. 6 luglio 2011 n. 98, art. 39, comma 12, lett. c), (convertito dalla L. 15 luglio 2011 n. 111). Ciò in quanto, secondo la previsione dell’art. 39, 12 comma, citato, “sono suscettibili di definizione le liti fiscali pendenti di valore non superiore a 20.000 Euro, intendendosi per valore della lite secondo le indicazioni della L. 27 dicembre 2002 n. 289, art. 16, comma 3, lett. c), (richiamato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39), l’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo” (Cass. 26 ottobre 2011, n. 22255); nella specie, l’importo delle imposte oggetto di contestazione, al netto di interessi e sanzioni, è inferiore al tetto di Euro 20.000,00, come già statuito da questa Corte, con riferimento all’impugnativa del medesimo avviso di accertamento, con ordinanza n. 5370 del 2020;

– con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 l’Agenzia deduce violazione dell’art. 2697 c.c., sostenendo che spetti al contribuente l’onere di provare la correttezza dell’operazione;

– il motivo è inammissibile;

– va premesso che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, e non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (tra le altre, Cass. n. 571 del 2017; n. 19064 del 2006, n. 15107 del 2013). Nella specie, invece, proprio un’indebita valutazione la ricorrente intende sostenere senza che, tuttavia, per quanto appena ricordato, possa ritenersi violato l’art. 2697 c.c.; in particolare, la sentenza non dubita che, a fronte della prospettazione di elementi indiziari da parte dell’ufficio in caso di fatture reputate inerenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, spetti al contribuente l’onere di dimostrare la correttezza dell’operazione; anzi, la sentenza ha proceduto a valutare gli elementi di prova all’uopo offerti da G.;

– inoltre, il motivo pecca di astrattezza, perché non aggredisce alcuna specifica affermazione della sentenza della CTR n. 194/29/11, avendo riportato in ricorso il contenuto di una pronuncia non corrispondente a quella impugnata (pagg. 5-7);

– in conclusione, il ricorso va pertanto rigettato;

– le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del controricorrente delle spese di giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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