Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21063 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36179/2018 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA IRNERIO, 11, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA FERA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

RITENUTO

che:

– con ricorso iscritto al n. 653 del 2015 L.A. chiedeva alla Corte d’appello di Perugia il riconoscimento dell’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un procedimento penale definito con sentenza di assoluzione dalla Corte d’appello di Roma;

– il consigliere delegato rigettava il ricorso per non avere la parte istante presentato istanza di accelerazione del processo presupposto;

– contro il decreto (n. 1208/2005) l’istante proponeva opposizione, iscritta al n. 1298/2015, che era rigettata dalla Corte d’appello di Perugia con decreto n. 1770/2015;

– il decreto era cassato dalla Suprema Corte, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione;

– la L. riassumeva il giudizio con ricorso iscritto al n. 923/2017;

– il consigliere delegato, con Decreto n. 69 del 2018, accoglieva in parte la domanda, liquidando l’equo indennizzo in ragione della somma di Euro 600,00 per ogni anno eccedente il termine di ragionevole durata, e così nell’importo di Euro 4.200,00;

– con lo stesso decreto si liquidavano le spese del procedimento in Euro 420,00, oltre Euro 1.200,00 per il giudizio di cassazione;

– il decreto era confermato dalla Corte d’appello di Perugia adita in sede di opposizione, che compensava le spese di lite;

– contro tale decreto (n. 1324/2018) L.A. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi;

– resiste con controricorso il Ministero della Giustizia;

– il ministero resistente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione degli artt. 324 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– si censura il decreto nella parte in cui la Corte d’appello riconosce che il termine eccedente la ragionevole durata era inferiore rispetto a quello riconosciuto dal consigliere delegato nel decreto oggetto di opposizione;

– in assenza di impugnazione la relativa statuizione era oramai passata in giudicato;

– si sottolinea che la stessa corte d’appello, pur riconoscendo il diritto per periodo inferiore, ha confermato il provvedimento sul quantum, così riconoscendo implicitamente fondata la censura mossa dall’attuale ricorrente su tale aspetto;

– il motivo è infondato;

– questa Corte ha chiarito che “in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’opposizione al collegio della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, non è un mezzo d’impugnazione sulla legittimità del decreto monocratico, limitato dai motivi di censura, bensì è lo strumento processuale che attua il contraddittorio sulla fondatezza della domanda indennitaria, senza limitazione di temi” (Cass. n. 20463/2015; n. 12122/2018);

– il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-bis e ter e art. 2-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– con il motivo in esame il ricorrente propone la medesima questione oggetto del motivo precedente, sotto il profilo del difetto di motivazione;

– la motivazione del provvedimento non rende conoscibile l’iter seguito dalla Corte d’appello in base al quale la eccedenza della durata rispetto al termine ragionevole, stabilita dal consigliere delegato in anni sette, fosse invece sicuramente inferiore;

– costituisce poi oggetto di censura la liquidazione del quantum, in quanto operata dalla corte d’appello in assenza di qualsiasi indicazione dei criteri usati e senza neanche indicare il parametro annuo di riferimento; -il motivo è infondato;

– la motivazione esiste non solo quale parte grafica del documento, ma rende percepibili anche le ragioni del decisum;

– invero, la Corte d’appello ha iniziato l’analisi dalla determinazione della durata complessiva del processo, da cui ha detratto i periodi intermedi, per poi chiarire quale doveva essere la ragionevole durata del giudizio dibattimentale svoltosi a seguito della sentenza della Corte di Cassazione;

– il non avere indicato l’esito finale del calcolo, in un contesto nel quale si confermava il quantum liquidato dal giudice del monitorio sulla base di un certo moltiplicatore, non evidenzia alcuna effettiva anomalia motivazionale rilevante, tale da giustificare la censura mossa dalla ricorrente (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014);

– sono parimenti infondate le ulteriori censure ventilate con il motivo in esame;

– il ricorrente, infatti, sotto la veste della violazione di legge, si duole piuttosto della scelta del moltiplicatore annuo in base al quale è stato determinato l’equo indennizzo, che avrebbe dovuto avvenire in base a un importo maggiore;

– tale aspetto, infatti, in quanto relativo alla misura ed ai criteri di determinazione dell’indennizzo per l’irragionevole durata del processo, è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, essendo perciò sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti ammessi dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 3157/2019);

– del resto, costituisce principio acquisito nella giurisprudenza della Suprema Corte che “il decreto che provvede sulla domanda di equa riparazione, in caso di violazione del termine ragionevole del processo, necessita, per esigenze di concisione e speditezza, di motivazione anche soltanto in forma sintetica, potendo il giudice limitarsi ad indicare i criteri alla base del proprio giudizio, con riguardo alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2” (Cass. n. 28109/2018; n. 18118/2015);

– il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1 e degli artt. 2056,1223,1227 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4;

– si censura l’affermazione della corte di merito secondo cui non è liquidabile, in quanto non derivante dalla non ragionevole durata del processo, ma dal comportamento delle parti, il danno patrimoniale derivato alla L. dal sequestro penale;

– si sostiene che, ex L. n. 89 del 2001, i danni patrimoniali sono anch’essi indennizzabili qualora siano conseguenza immediata e diretta dell’eccessiva durata del processo;

– il motivo è fondato;

– fermo l’onere del ricorrente di provare la lesione della sua sfera patrimoniale, quale conseguenza diretta e immediata della violazione, il danno dedotto nel caso di specie (derivante dalla protrazione ingiustificata del sequestro penale di somma) non avrebbe potuto essere escluso a priori dal novero dei pregiudizi rilevanti, ma occorreva, appunto, verificare se il pregiudizio fosse ricollegabile alla durata del processo secondo una normale sequenza causale (Cass. n. 11829/2018; n. 18239/2013);

– è assorbito il quarto motivo, che investe la liquidazione delle spese di lite;

– pertanto, sono rigettati i primi due motivi, è accolto il terzo motivo, è assorbito il quarto motivo;

– il decreto deve essere cassato in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione perché decida sulla ulteriore istanza sulla base del principio di cui sopra;

– la Corte di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo; rigetta i primi due motivi; cassa il decreto in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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