Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.21098 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28552-2019 proposto da:

C.T., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Delitala, con studio in Sassari, via G. Manno 12;

– ricorrente –

contro

O.M.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via Arrigo Boito, 31, presso lo studio dell’avvocato Marta Diaz, e rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Diaz;

– controricorrente –

e contro

F.M.T., O.C., MA., quali eredi di O.I. e O.S., rappresentati e difesi dall’avvocato Angelio Battista Mario Marras del Foro di Nuoro con studio in Nuoro, via Olbia 65;

– controricorrenti –

e contro

O.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 314/2019 della Corte d’appello di Cagliari, Sez. Dist. di Sassari, depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/12/2020 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– il sig. C.T. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari-sezione distaccata di Sassari che rigettava l’appello e confermava la sentenza del Tribunale di Sassari con la quale era stata respinta la di lui domanda di usucapione degli appezzamenti siti nel comune di Bonorva che si trovavano all’interno del muro (a secco) di confine con la proprietà dei fratelli O.S., O.I., O.M.M. e O.A., distinti in catasto con i mappali ***** e ***** del foglio ***** e formalmente intestati a questi ultimi;

– la corte territoriale aveva ritenuto che l’attore non aveva fornito prova sufficiente dei fatti costitutivi e cioè del possesso uti dominus, volto ad escludere i convenuti dal godimento dei beni rivendicati, risultando che gli stessi li avevano affittati a terzi che vi accedevano per pascolare il bestiame e per fare legna;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta con ricorso affidato a due motivi, ed illustrato da memoria ex art. 380 bis c.p.c., cui resistono con separati controricorsi O.M.M., da una parte, e F.M.T., O.C. e On.Ma. quali eredi del defunto O.I. ed O.S. dall’altra, mentre non ha svolto attività difensiva l’intimata O.A..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 1158 c.c., dell’art. 111Cost., comma 6, degli artt. 115c.p.c., e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché il vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– secondo il ricorrente, la motivazione della sentenza è in contraddizione con l’insieme del materiale probatorio attestante il maturato possesso ad usucapionem, di cui il giudice non ha tenuto conto;

– con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 1167 c.c., in relazione all’inidoneità ad interrompere il possesso dei fatti addotti da controparte e cioè il taglio della legna;

– i due motivi che riguardano la valutazione delle risultanze probatorie possono essere esaminati congiuntamente;

– va rilevata, innanzitutto, l’inammissibilità ex art. 348 ter c.p.c., u.c., del denunciato vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado;

– quanto alla violazione di legge esse sono infondate perché la corte territoriale ha motivatamente valutato il materiale probatorio alla luce della corretta ripartizione dell’onere probatorio incombente sulla parte che invochi l’intervenuta usucapione del bene immobile per possesso ventennale ed uti dominus (cfr. Cass. n. 25922/2005; id. n. 18392/2006; id. n. 8662/2010);

– secondo il giudice d’appello alla stregua del complessivo esame delle prove raccolte nell’istruttoria (dichiarazioni testimoniali lacunose e poco circostanziate, contratti di affitto agrario, varchi presenti nel muretto, contestazione mossa in occasione della posa della pala eolica) non erano stati accertati i caratteri della continuità ed esclusività del possesso, venendo in rilievo al massimo un uso promiscuo del bene da entrambe le parti (cfr. pag. 8 della sentenza);

– si tratta di una valutazione di fatto, puntualmente argomentata, che non si fonda sull’errata interpretazione dell’art. 1167 c.c., né dell’art. 1158 c.c., ma su un apprezzamento di fatto incensurabile, nelle forma proposta, in sede di legittimità;

– il ricorso deve quindi essere respinto e parte ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in complessivi Euro 4.100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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