LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo A. – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27658/2017 proposto da:
***** S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore p.t, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Spadaro, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO della ***** S.r.l. in liquidazione, in persona del curatore p.t., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato La Pergola Enrico, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore;
– controricorrente –
contro
Riscossione Sicilia S.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1957/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 26/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2021 dal cons. Dott. LUCA SOLAINI.
RILEVATO
che:
1) La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 26.10.2017, ha rigettato il reclamo, L.Fall., ex art. 18 proposto da ***** srl in liquidazione avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Siracusa su domanda di Riscossione Sicilia spa.
La corte territoriale ha ritenuto inattendibile la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, aggiornata al gennaio 2017, depositata da *****, che esponeva attività per 24.351.101 Euro, a fronte di passività per 23.880.883 Euro, rilevando: che nell’attivo erano stati inclusi, per il loro intero ammontare maggiorato degli interessi di mora, numerosissimi crediti di modesta entità e non agevolmente riscuotibili – già solo per il numero di azioni recuperatorie da avviare – se non inesigibili (quali quelli nei confronti di società fallite o poste in l.c.a), senza operarne la dovuta svalutazione percentuale e, peraltro, in contrasto con quanto rappresentato dalla stessa reclamante nella domanda di concordato preventivo in precedenza presentata, in cui l’attivo era stato indicato in Euro 18.830.251 (e ridimensionato a poco più di 14 milioni di Euro dal C.G.); che fra le passività non erano stati conteggiati cospicui debiti della società, sul mero presupposto dell’avvenuto decorso del termine quinquennale di loro prescrizione, che non trovava alcun riscontro, in assenza di accertamenti giurisdizionali concernenti la qualificazione giuridica deì rapporti sottostanti o del deposito di specifico supporto documentale e probatorio. Ha pertanto escluso che la liquidazione degli elementi attivi del patrimonio di ***** potesse consentire l’integrale soddisfacimento dei creditori sociali.
Avverso la sentenza ***** srl in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, cui il Fallimento di ***** srl in liquidazione ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.
La creditrice istante non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
1) I primi tre motivi del ricorso investono il capo della decisione che ha ritenuto che, in mancanza di accertamenti giudiziali o di specifici documenti probatori, dalle passività non potessero essere detratti i debiti asseritamente prescritti.
1.1) Con il primo, che denuncia violazione degli artt. 2934 e 2948 c.c. e della L.Fall., art. 5, ***** rileva che la prescrizione è fatto estintivo del credito che non richiede un espresso accertamento giurisdizionale.
1.2) Con il secondo, che denuncia violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, nonché il vizio di nullità della sentenza per mancanza di motivazione, la ricorrente sostiene di aver ampiamente dedotto in ordine a ciascuno dei rapporti contrattuali dai quali scaturivano i crediti prescritti, specificandone natura e qualificazione giuridica, e di aver prodotto tutta la documentazione (contratti, fatture, ecc.) necessaria a provare che essi erano soggetti a prescrizione quinquennale, come peraltro confermato dal fatto che il G.D. non li aveva ammessi al passivo, accogliendo la relativa eccezione, sollevata dal curatore.
1.3) Con il terzo motivo, che denuncia violazione degli artt. 112,115,116 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 244 c.p.c., art. 253 c.p.c., comma 1, art. 2721 c.c., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e ulteriore vizio di nullità della sentenza per mancanza di motivazione, la società lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale articolata per dimostrare che i debiti stralciati dalle passività erano prescritti.
2) Il quarto motivo investe invece il capo della sentenza che ha ritenuto sopravvalutato l’attivo patrimoniale, in ordine al quale la ricorrente denuncia ancora violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi e mancanza di motivazione, asserendo che la corte del merito non avrebbe indicato le ragioni per le quali i crediti verso le società fallite dovevano ritenersi irrecuperabili e perché gli ulteriori crediti esposti sarebbero stati di difficile riscossione.
3) Con il quinto motivo ***** lamenta violazione della L.Fall., artt. 5,6 e 15 perché la corte d’appello, facendo mal governo del principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., avrebbe posto a suo carico l’onere di dimostrare l’insussistenza dello stato di insolvenza, non considerando che spettava alla creditrice istante, o al curatore, di allegare i fatti estintivi o modificativi dei crediti esposti.
4) In ordine logico, va innanzi tutto esaminato e respinto il quinto motivo del ricorso.
4.1) Palesemente infondata, infatti, è la pretesa della ricorrente di veder applicata al giudizio per l’accertamento dello stato di insolvenza, non equiparabile ad un ordinaria controversia fra parti contrapposte e non soggetto al principio dispositivo della prova (tant’e’ che l’imprenditore fallendo è tenuto, ai sensi della L.Fall., art. 15, a depositare gli ultimi tre bilanci e una situazione patrimoniale aggiornata e che il tribunale può, d’ufficio, richiedere informazioni o disporre mezzi istruttori) la regola dettata dall’art. 2697 c.c., evidentemente valevole nel solo caso in cui il debitore contesti l’esistenza e l’ammontare del credito azionato dalla controparte nei suoi confronti.
4.2) E’ d’altro canto indubitabile che, una volta che le prove siano state allegate in giudizio, quale che sia la parte che le abbia prodotte, il giudice sia libero di valutarle secondo il suo prudente apprezzamento.
4.3) Nella specie, peraltro, lo stato di insolvenza era stato accertato dal tribunale, che aveva già ritenuto inattendibile la situazione patrimoniale depositata da *****, ed è stata proprio l’odierna ricorrente, nell’impugnare la decisione, a richiedere alla corte territoriale di rinnovare detto accertamento sulla scorta del medesimo documento, mentre non risulta che nel reclamo sia stato eccepito, in via pregiudiziale, che il giudice non potesse operare una riclassificazione delle poste attive e passive in esso indicate.
5) Respinto il quinto motivo del ricorso, e stante il principio della ragione più liquida, che consente di decidere la causa in base alla questione di più agevole soluzione, sì può procedere all’esame del quarto motivo, con il quale si censura la seconda delle due distinte ragioni sulle quali la corte del merito ha fondato la decisione, consistente nella ritenuta sopravvalutazione dell’attivo.
5.1) Il motivo è infondato laddove denuncia il difetto di motivazione sul punto della sentenza: il giudice a quo ha infatti ampiamente argomentato in ordine al proprio convincimento, non solo rilevando che i crediti esposti (comprensivi degli interessi di mora) erano numerosissimi e di modesta entità, e dunque di difficile riscossione già solo per il numero di azioni da avviare per ottenerne il pagamento, e che quelli vantati nei confronti di imprese decotte dovevano ritenersi sostanzialmente inesigibili, ma evidenziando come la rivalutazione operata si ponesse in radicale contrasto con quanto prospettato dalla stessa ***** nella domanda di ammissione al concordato preventivo (concordato cui la società era stata ammessa e che si era risolto per suo inadempimento), in cui le attività erano state indicate in un ammontare nettamente inferiore (di oltre cinque milioni di Euro), ulteriormente ridotto dal C.G.
5.2) Per il resto il motivo va dichiarato inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di una valutazione delle risultanze istruttorie (anzi di una loro parte, non essendo in alcun modo contestato che l’attivo concordatario fosse stato determinato in un importo di gran lunga inferiore a quello indicato nella situazione patrimoniale aggiornata) diversa da quella operata dalla corte d’appello, non sindacabile nella presente sede di legittimità, e, pur denunciando in rubrica un vizio di motivazione (configurabile nei soli limiti attualmente previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non specifica quale sia il fatto decisivo omesso, oggetto di contraddittorio, che, ove considerato dal giudice, avrebbe condotto all’accoglimento del reclamo.
6) Risultano a questo punto inammissibili i primi tre motivi di ricorso, volti a contestare l’ulteriore ratio (illegittima svalutazione dei debiti) in base alla quale la corte del merito ha ritenuto inattendibile la situazione patrimoniale depositata da ***** e, conseguentemente, sussistente lo stato d’insolvenza della società per sproporzione fra l’attivo ricavabile dalla liquidazione e il passivo da soddisfare: la ricorrente risulta infatti carente di interesse a sentir pronunciare sulle questioni in essi dedotte che, quand’anche fondate, non potrebbero condurre all’accoglimento del ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a pagare al fallimento di ***** srl in liquidazione le spese di lite che liquida in Euro 7.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per spese, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021
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