Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.21400 del 26/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32494-2019 proposto da:

CONI – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI N. 10/E, presso lo studio dell’Avvocato MASSIMO RANIERI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.M., EREDI S.M., MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE *****, B.M., D.V.R., T.M.L., Z.L., P.M., PA.RA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1927/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME GUIZZI STEFANO.

RITENUTO IN FATTO

– che il CONI – Comitato Olimpico Nazionale (d’ora in poi, “CONI”) ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1927/19, del 21 marzo 2019, della Corte di Appello di Roma, che – respingendo il gravame incidentale dallo stesso esperito contro la sentenza n. 10331/12, del 21 maggio 2012, del Tribunale di Roma, sentenza appellata in relazione alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio – ha statuito la compensazione anche delle spese del giudizio di appello, rigettando (per quanto qui ancora di interesse) pure l’appello principale proposto da S.M., così confermando l’integrale reiezione della domanda risarcitoria proposta da costui nei confronti del CONI, di P.M., Pa.Ra. e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché di B.M., D.V.R., T.M.L. e Z.L.;

– che, in punto di fatto, il ricorrente riferisce una complessa vicenda, anche processuale, originata da una “giocata” effettuata dallo S., il 29 ottobre 1981, presso una ricevitoria del “Totocalcio” gestita, in Ginosa, da T.M.L., giocata con la quale il medesimo avrebbe totalizzato 13 punti, senza però riuscire a riscuotere dal CONI l’ingente vincita (pari ad oltre un miliardo delle vecchie lire), in quanto la matrice della schedina non era stata rinvenuta presso la ricevitoria;

– che definitivamente rigettata dalla Corte di Appello di Roma, in conferma della decisione del Tribunale della Capitale, la domanda risarcitoria originariamente proposta dallo S. nei confronti del CONI con citazione del 15 dicembre 1981, in relazione al mancato pagamento della vincita, la vicenda giudiziaria, tuttavia, si protraeva per molti anni e in numerose sedi giudiziarie, per effetto di denunce penali presentate nei confronti della T. (e degli eventuali ignoti responsabili dello smarrimento della matrice), dei funzionari della sede del “Totocalcio” di Bari, B.M. e D.V.R., del responsabile del Servizio Affari Giuridici del CONI, Z.L., nonché dello stesso S., imputato dei delitti furto e tentata truffa ai danni del CONI, ma poi assolto dal Tribunale di Taranto;

– che, tuttavia, essendo stata accertata, proprio nel corso delle indagini penali suddette, la falsità della firma apposta dall’originario titolare della ricevitoria, Vincenzo Leccese, nel documento con cui costui volturava alla “faina la licenza per la gestione della stessa, lo S. – sul presupposto che dovesse, per tale ragione, ritenersi falsa e inesistente pure la delibera con cui la commissione presieduta dal già citato funzionario del “Totocalcio” D.V. aveva autorizzato l’esercizio della ricevitoria da parte della T. – radicava un nuovo giudizio risarcitorio, ovvero quello a conclusione delle cui fasi di merito è stata pronunciata la sentenza oggi impugnata;

– che lo S., infatti, ipotizzando una responsabilità per “culpa in elidendo e in vigilando” del CONI e dei già citati suoi funzionari (nonché dei Segretari Generali “pro tempore” dello stesso, P.M. e Pa.Ra.), oltre che del Ministero dell’Economia e delle Finanze, conveniva in giudizio ciascuno di tali soggetti, e con essi anche la T.;

– che rigettata tale domanda dal Tribunale di Roma, respinto pure il gravame esperito, in via di principalità, dallo S. avverso tale decisione, il giudice di appello, reietto, altresì, il gravame incidentale con cui il CONI si doleva della disposta, integrale, compensazione delle spese del primo grado di giudizio, adottava identica statuizione anche quanto alle spese del grado di appello;

– che avverso la sentenza della Corte capitolina il CONI ricorre per cassazione, sulla base – come detto – di un unico motivo;

– che esso denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.;

– che esso lamenta come l’individuazione della sussistenza delle “gravi ed eccezionali ragioni”, necessarie “ex legge” per giustificare il provvedimento di compensazione delle spese di lite, appaia, per un verso, espressa da ambo i giudici di merito con formula di mero stile (ovvero, la “peculiarità della vicenda”), dolendosi, inoltre, l’odierna ricorrente – per quanto specificamente attiene alla decisione della Corte territoriale di compensare pure le spese del grado di appello -della contraddittorietà della motivazione;

– che, infatti, il rilievo circa la “complessità del riesame giuridico in appello” sarebbe in contrasto con l’affermazione secondo cui il gravame, pur ritenuto conforme all’art. 342 c.p.c., presentava “tratti di genericità”, oltre ad uno “stile altamente disarticolato e frammentario”;

– che sono rimasti intimati lo S., il B., il D.V., la T., il Pa., il P., lo Z. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 26 novembre 2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso non è fondato, ritenendo il collegio di non condividere la proposta di accoglimento formulata dal consigliere relatore;

– che, in via preliminare, va evidenziato – come ha fatto, del resto, lo stesso ricorrente nel proprio atto di impugnazione – che al presente giudizio, di merito e di legittimità, si applica “ratione temporis” il testo dell’art. 92 c.p.c. modificato dapprima dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 4 e poi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 1;

– che esso, pertanto, subordina la compensazione delle spese di lite – oltre che all’ipotesi, qui non ricorrente, della soccombenza reciproca delle parti – alla sussistenza di “altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”;

– che, come ripetutamente affermato da questa Corte, quella introdotta nel 2009 “e’ norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (così in motivazione, da ultimo e tra le tante, Cass. Sez. Lay., ord. 7 agosto 2019, n. 21157, Rv. 654806-01), la cui “attività di precisazione e integrazione è censurabile in sede di legittimità al pari di ogni giudizio fondato su norme giuridiche, atteso che, nell’esprimere il giudizio di valore necessario ad integrare il parametro generale contenuto nella norma elastica, il giudice compie un’attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma, dando concretezza a quella parte mobile della stessa” (così, sempre in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 22 febbraio 2012, n. 2572, Rv. 621247-01);

– che tale “elasticità” di valutazione costituisce un connotato addirittura costituzionalmente necessario del potere/dovere del giudice di regolamentare le spese di lite, visto che l’introduzione di un sistema di rigida predeterminazione delle “altre” ragioni, rispetto alla soccombenza reciproca, idonee a giustificare la compensazione (scelta, per l’esattezza, compiuta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 2, convertito dalla L. 10 novembre 2014, n. 162) è stata ritenuto in contrasto con la Costituzione;

– che, difatti, la Corte costituzionale ha affermato come una rigida “predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione rechi un “minus” agli artt. 24 e 111 della Carta Fondamentale, visto che “la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti” (Corte Cost., sent. 7 marzo 2018, n. 77);

– che e’, dunque, la discrezionalità del giudice nell’individuazione delle ipotesi idonee ad integrare le (gravi ed eccezionali) ragioni per la compensazione il tratto caratterizzante la disciplina in materia, giacché persino “la stessa ipotesi della soccombenza reciproca”, che “parimenti facoltizza il giudice della controversia a compensare le spese di lite, rappresenta un criterio nient’affatto rigido, ma implica una qualche discrezionalità del giudice che è chiamato ad apprezzare la misura in cui ciascuna parte è al contempo vittoriosa e soccombente, tanto più che la giurisprudenza di legittimità si va orientando nel ritenere integrata l’ipotesi di soccombenza reciproca anche in caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta” (così, nuovamente, Corte Cost., sent. n. 77 del 2018, cit.);

– che, pertanto, nel motivare le ragioni della disposta compensazione, il giudice – sebbene debba astenersi, come rammenta l’odierno ricorrente, da formule stereotipate o di mero stile, del tipo “la peculiarità della vicenda” esaminata (cfr., tra le numerose, Cass. Sez. 65, ord. 25 settembre 2017, n. 22310, Rv. 645998-01) – è tenuto, essenzialmente, ad evitare che “siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge” (da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 9 aprile 2019, n. 9777, Rv. 653625-01);

– che e’, dunque, una verifica “in negativo” – in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che, come visto, caratterizza il potere giudiziale di compensare le spese di lite, “non essendo (…1 indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa (Corte Cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157) – quella demandata a questa Corte;

– che, pertanto, essa è chiamata a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92 c.p.c., comma 2, siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01), giusta l’avvenuta “novellazione” – da parte del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile “ratione temporis” al presente giudizio – dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

– che tale e’, dunque, la “cornice” in cui va iscritto il sindacato da compiersi sulla motivazione con cui la Corte capitolina, nel presente caso, ha non solo rigettato il gravame incidentale del Coni volto a censurare la decisione del Tribunale di Roma di compensare, nonostante l’integrale rigetto della domanda dello S., le spese del primo grado di giudizio, ma ha pure disposto la compensazione delle spese di appello;

– che la motivazione, sul punto, della sentenza impugnata deve ritenersi non illogica, né errata, innanzitutto nella parte in cui ha ritenuto di condividere le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della disposta compensazione delle spese di quel grado, in particolare nel valorizzare la circostanza relativa al fatto che, in detta sede, furono “disattese le questioni preliminari prospettate dalle parti convenute”;

– che, difatti, a tale circostanza entrambi i giudici hanno dato legittimamente rilievo, diversamente da quanto affermato dal ricorrente (secondo cui il fatto che il giudice di prime cure avesse disatteso talune questioni preliminari sollevate dai convenuti “non era certo sufficiente ad escludere l’integrale soccombenza” dell’attore), dal momento che essi non hanno affatto inteso ritenere il CONI anche solo parzialmente soccombente, bensì valorizzare – secondo le indicazioni espresse dalla giurisprudenza di questa Corte – tra gli elementi idonei ad integrare le “altre gravi ed eccezionali ragioni”, quelli “attinenti al comportamento processuale delle parti” (così, in motivazione, Cass. Sez. Lav., ord. 26 settembre 2018, n. 23059, Rv. 650923-01);

– che, d’altra parte, pure il riferimento del Tribunale (condiviso dalla Corte di Appello) in ordine alla “peculiarità della situazione in fatto emersa nel corso del giudizio” e “rivelatasi oggettivamente pregiudizievole” per l’attore/appellante, e più in particolare – come sottolineato dalla sentenza oggi impugnata, per giustificare anche la compensazione delle spese di appello – alla “straordinaria sofferenza morale patita dallo S.”, vedendo “sfumare l’aspettativa di incassare la vincita corrispondente al premio” miliardario, non può ritenersi espressione di motivazione stereotipata;

– che il richiamo a tali circostanze, per contro, risponde nuovamente all’indicazione fornita da questo giudice di legittimità, secondo cui le ragioni della disposta compensazione “devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza” (Cass. Sez. 3, sent. 19 ottobre 2015, n. 21083, Rv. 637492-01), sicché proprio la valorizzazione dei due elementi già sopra illustrati integra quella “motivazione specifica ed eziologicamente ricollegabile in modo effettivo e non astratto alla controversia in oggetto” (Cass. Sez. 6-1, ord. 11 luglio 2014, n. 16037, Rv. 631930-01) idonea a far ritenere la stessa, come detto, conforme alla previsione di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2;

– che, infine, è proprio l’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte già sopra citato a ritenere non estrano, “al fine della compensazione delle spese”, pure la valutazione dell’atteggiamento soggettivo del soccombente che ha agito o resistito in giudizio”, ovvero “delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio”, vale a dire “un valore che è stato espressamente ritenuto meritevole di considerazione dallo stesso legislatore ai fini dell’incidenza sulle spese, come chiaramente ricavabile, sia pure “a contrario”, dalla disciplina in tema di responsabilità aggravata di chi agisce o resiste con dolo o colpa grave (intesi dalla giurisprudenza anche come consapevolezza del proprio torto ovvero consapevolezza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione)”(così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. n. 2572 del 2012, cit.);

– che, in conclusione, il ricorso va rigettato;

– che nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo le altre parti rimaste solo intimate;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021

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