Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21430 del 27/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22093/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

Industrie Abate s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Preziosi, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, via Terenzio, 10;

– controricorrente –

avverso la – sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 1771/17, depositata il 24 febbraio 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2021 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

RILEVATO

CHE:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 24 febbraio 2017, che, accogliendo l’appello della Industrie Abate s.r.l., ha annullato l’atto di diniego di disapplicazione delle disposizioni normative in tema di società non operative;

– il giudice di appello ha ritenuto che la società contribuente avesse offerto prova del fatto che la perdita sistematica registratq scaturisse da circostanze esterne, oggettive e imprevedibili – quali il cattivo andamento economico delle società controllate e collegate e la crisi del mercato immobiliare – rilevanti ai sensi della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso la Industrie Abate s.r.l..

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi e controversi per il giudizio;

– evidenzia, in proposito, che: quanto alla partecipata Ottoservice s.r.l., l’assenza di redditività dell’immobile conseguente alla sua mancata ultimazione, elevato a situazione impeditivi, avrebbe potuto essere evitata attraverso una diversa ubicazione dell’attività di impresa programmata;

– quanto alla partecipata Tubisud Centro di Servizi s.r.l., la situazione in cui versava era riconducibile alla mancata realizzazione dell’investimento, da cui poteva desumersi un’assenza di interesse diretto e immediato allo svolgimento di un’attività imprenditoriale;

– quanto, infine, alla partecipata Prometal s.r.l., il mancato superamento del test di operatività era da ascriversi a specifiche scelte imprenditoriali e non al verificarsi di circostanze obiettive impeditive;

– il motivo è inammissibile, in quanto il giudice di appello è giunto a conclusioni in ordine alle cause ostative della redditività delle imprese diverse e incompatibili con quelle prospettate dall’Ufficio, per cui i fatti oggetto della doglianza non possono considerarsi pretermessi, ma implicitamente valutati e ritenuti non sussistenti;

– con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, art. 2697 c.c., e artt. 113 e 115 c.p.c., per aver la sentenza impugnata ritenuto sussistenti i presupposti per la disapplicazione della normativa dettata in tema di società di comodo senza “una vera valutazione degli elementi addotti dall’Ufficio in sede contenziosa, né esaminare gli aspetti evidenziati nel provvedimento impugnato”;

– il motivo è inammissibile, risolvendosi in una critica della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dalla Commissione regionale che non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);

– per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 6.000,00, oltre rimborso spese forfettario nella misura del 15%, Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472