LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14506-2016 proposto da:
FARMACIA ETZI DELITALA & C S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. IGNAZIA PAOLA MARIA PALITTA e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
ICAM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati STEFANO ASARA e LORENZO ASARA e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
nonché contro FINAFARM S.P.A. e CONDOMINIO DI *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 47/2015 del TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA, depositata il 19/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/03/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione notificato l’11.2.2013 ICAM S.r.l. evocava in giudizio la società Farmacia Etzi – Delitala S.n.c., utilizzatrice in leasing di una porzione immobiliare sita nell’edificio in *****, e Finafarm S.p.a., proprietaria dello stesso cespite, esponendo che le convenute avevano eseguito alcune opere di sopraelevazione in violazione del regolamento condominiale vigente, delle quali chiedeva la rimozione o l’arretramento sino al rispetto della distanza minima legale dalla veduta esercitabile dal vicino immobile di proprietà della società attrice. Nella resistenza dei convenuti il Tribunale di Tempio Pausania, all’esito di C.T.U. sullo stato dei luoghi accoglieva la domanda, condannando le società convenute alla demolizione dell’opera eseguita in sopraelevazione ed al risarcimento del danno.
Interponeva appello la Farmacia Etzi – Delitala S.n.c. e si costituiva in seconde cure l’originaria attrice, concludendo per il rigetto del gravame.
Con ordinanza del 22.3.2016 La Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, dichiarava inammissibile l’impugnazione.
Propone ricorso per la cassazione della sentenza di primo grado, n. 47/2015, emessa dal Tribunale di Tempio Pausania, la Farmacia Etzi – Delitala S.n.c., affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso ICAM S.r.l..
La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697,1350,2702,2659 e 2655 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto opponibile alla ricorrente stessa il regolamento condominiale richiamato in atto di acquisto, ma mai trascritto presso la competente Conservatoria dei RR.II..
Con il secondo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ricostruito la volontà delle parti, omettendo di valorizzare la decisiva circostanza che tra le stesse, sin dalla fase delle trattative precontrattuali, fosse condivisa l’intenzione della parte acquirente di adibire il cespite a farmacia e studio medico, al cui scopo si rendeva necessaria l’esecuzione delle opere oggetto di causa.
Con il terzo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 900,907,1102 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’intervento realizzato nella zona sottostante l’appartamento della ICAM S.r.l. contraddistinto come interno 5 aveva comportato soltanto un limitato appoggio alla soletta del balcone ed al muro comune, che rientrava nei limiti dell’uso consentito al comproprietario, anche considerato che la soletta del balcone è di proprietà comune tra il proprietario dell’appartamento del piano superiore, per il quale funge da piano di calpestio, e di quello al piano inferiore, per il quale svolge la funzione di copertura. Inoltre, ad avviso di parte ricorrente, nella specie non si ravviserebbe alcuna lesione del diritto di veduta lamentata da ICAM S.r.l., quantomeno per quel che concerne le opere con le quali erano stati coperti gli impianti di condizionamento e refrigerazione a servizio dell’unità immobiliare acquistata da Finafarma S.p.a. e condotta in leasing da Farmacia Etzi – Delitala S.n.c..
Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 907 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ordinato la demolizione dell’intera sopraelevazione eseguita da Farmacia Etzi – Delitala S.n.c., e non anche il suo semplice arretramento sino al rispetto delle distanze minime legali tra i fabbricati applicabili al caso di specie.
L’esame delle quattro censure presuppone la decisione circa l’efficacia, e l’opponibilità all’odierna ricorrente, della clausola contenute nel regolamento condominiale, espressamente richiamato in atto di acquisto del bene immobile per cui è causa, in virtù della quale sarebbero vietate non soltanto le innovazioni, ma anche le modifiche interessanti le parti di proprietà comune o individuale dell’edificio. Sul punto, è necessario premettere che il regolamento condominiale, pacificamente non trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. territorialmente competente, ma richiamato nell’atto con cui Finafarma S.p.a. ebbe ad acquistare l’immobile oggetto di causa, ed accettato da parte acquirente, ha natura contrattuale. La clausola di detto regolamento che contiene il divieto di eseguire “qualunque modifica o innovazione alle cose comuni” senza la preventiva approvazione della maggioranza dei condomini che rappresenti almeno i 2/3 del valore dell’edificio non costituisce disposizione meramente riproduttiva dell’art. 1120 c.c., comma 1, che nel rinviare alla disposizione dell’art. 1136 c.c., comma 5, prevede la predetta maggioranza qualificata soltanto per le innovazioni, ma non anche per le semplici modifiche, eseguite sulle parti comuni del fabbricato. Detta disposizione convenzionale, pertanto, è idonea a costituire servitù reciproche tra i diversi immobili compresi nell’edificio in condominio; sul punto, cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14898 del 13/06/2013, Rv. 626819, secondo la quale “In tema di supercondominio, le clausole del regolamento contrattuale che assoggettino al peso della immodificabilità ogni singola unità immobiliare oggetto di proprietà esclusiva, a vantaggio di tutte le altre unità immobiliari, anche quando creino vincoli valevoli per gli aventi causa dalle parti originarie, non possono essere considerate nulle per violazione del principio del numero chiuso delle obbligazioni reali, giacché non costituiscono obbligazioni “propter rem”, dando, bensì, origine ad una servitù reciproca”.
Proprio in quanto istitutiva di diritti di servitù reciproca, tuttavia, la clausola convenzionale non può avere un contenuto generico o indeterminato nell’oggetto, poiché altrimenti si verrebbe a creare una servitù di non tacere o di non usare priva di qualsiasi specificità, di guisa che il condomino, o i condomini, che fossero -in ipotesi- tenuti ad osservarla si troverebbero di fatto privati di qualsiasi diritto di godimento di tutte o alcune delle parti comuni dell’edificio in condominio, senza che a tale loro sacrificio corrisponda alcuna concreta utilitas del fondo dominante.
Si è dunque ritenuto che “… Le pattuizioni contenute nell’atto di acquisto di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunziate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche, oneri reali o, quanto meno, obbligazioni “propter rem”: ne consegue l’invalidità delle clausole che, con formulazione del tutto generica ed inidonea, peraltro, a superare la presunzione ex art. 1117 c.c., limitano il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, riservando all’originario proprietario l’insindacabile diritto di apportare modifiche alle parti comuni, con conseguente intrasmissibilità di tale facoltà ai successivi acquirenti da quello” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 5336 del 02/03/2017, Rv. 643064; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4905 del 26/05/1990, Rv. 467385).
Ciò posto, appare necessario, alla luce dell’art. 101 c.p.c. e art. 384 c.p.c., comma 3, sollecitare le parti alla discussione su questo specifico profilo della causa, che pur non risultando direttamente attinto dai motivi di ricorso è tuttavia suscettibile di essere rilevato d’ufficio, venendo in rilievo una potenziale ipotesi di nullità della clausola negoziale, rilevabile ex officio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, Rv. 633504).
Appare dunque opportuno, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., rinviare il ricorso a nuovo ruolo, affinché esso sia trattato in pubblica udienza, vista la particolare rilevanza della questione, con espresso invito alle parti a dedurre in relazione al potenziale profilo di nullità, per indeterminatezza del suo oggetto, della clausola del regolamento condominiale prevedente il divieto di modifiche e innovazioni sulla cosa comune.
P.Q.M.
La Corte rinvia il ricorso a nuovo ruolo affinché esso sia trattato in pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 31 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021
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