LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI U.L.C. Giuseppe – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 15029-2019 proposto da:
M.M., in qualità di socio ed amministratore unico della società fallita ***** srl, elettivamente domiciliato in ROMA, in via VINCENZO BELLINI, 10, presso lo studio dell’avvocato LAI MOLE’ALBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato BENEDETTI FRANCESCA, con procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Fallimento della ***** s.r.l., in persona del curatore p.t.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1428/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2021 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
Che:
La ***** s.r.l. propose reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Milano che ne aveva dichiarato il fallimento; si costituì la CA.PE aderendo al reclamo per la revoca della sentenza impugnata. A sostegno dell’impugnazione la società deduceva che: prima dell’udienza di comparizione innanzi al Tribunale, le parti avevano raggiunto un accordo in base al quale la ***** s.r.l. avrebbe versato un acconto di Euro 2500,00, impegnandosi ad estinguere l’intero credito con successivi pagamenti dilazionati; la ricorrente s’era impegnata a chiedere un rinvio dell’udienza prefallimentare, ma non ostante tale accordo, all’udienza fissata, pur avendo la sostituta d’udienza richiesto il rinvio, il collegio si era riservato, verbalizzando però che la ricorrente insisteva per il fallimento; quanto verbalizzato alla stessa udienza non poteva essere riferito alla volontà della ricorrente perché difforme dall’accordo transattivo raggiunto con la creditrice, che aveva escluso ogni interesse alla dichiarazione di fallimento, tenuto conto anche della mancanza di procura in capo al sostituto d’udienza per insistere nell’istanza di fallimento.
Con sentenza emessa il 29.3.18, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della ***** s.r.l., osservando che: il reclamo proposto, ex art. 18 L. Fall., innanzi al Tribunale, era infondato in quanto non era stata formalizzata la rinuncia al ricorso per fallimento, né era stata depositata desistenza, considerato che dal verbale d’udienza si desumeva l’istanza della parte ricorrente, per mezzo del sostituto d’udienza del difensore costituito, di pronunciare II fallimento, per cui l’accordo tra le parti evidenziava, al più, solo l’interesse della creditrice istante a procrastinare la durata del procedimento. Ricorre in cassazione la ***** s.r.l. con unico motivo.
Non si è costituito il fallimento
RITENUTO
Che:
L’unico motivo denunzia violazione dell’art. 24 Cost., art. 2907 c.c., art. 100 c.p.c., artt. 6 e 18 L. Fall., non avendo la Corte d’appello tenuto conto del fatto che alla data della sentenza dichiarativa del fallimento era documentalmente provato che le parti avessero raggiunto un accordo con il quale la ricorrente s’era impegnata a desistere dal ricorso per fallimento, sicché era da ritenere ormai apriva della legittimazione ad agire. vl Il ricorso è infondato. Va osservato che all’udienza prefallimentare non è stato prodotto l’atto di desistenza dal ricorso per fallimento, emergendo invece che tra le parti era stato raggiunto un accordo relativo alla rinunzia al ricorso allegata al reclamo alla Corte d’appello che, però, non è stato esplicitato in udienza. Al riguardo, dal verbale d’udienza si evince che la parte ricorrente aveva insistito per la dichiarazione di fallimento.
Ora, non è censurabile il rilievo della Corte territoriale a tenore del quale, in mancanza del deposito dell’atto di desistenza, era del tutto irrilevante che il difensore sostituto d’udienza della ricorrente non fosse munite del mandato per insistere nella istanza di fallimento, la cui dichiarazione era conseguenza diretta del ricorso introduttivo del procedimento.
Invero, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di revoca della sentenza di fallimento, qualora l’unico creditore istante desista dalla domanda, occorre distinguere la desistenza dovuta al pagamento del credito da quella non accompagnata dall’estinzione dell’obbligazione: in questo secondo caso la desistenza, quale atto di natura meramente processuale rivolto, al pari della domanda iniziale, al giudice, che ne deve tenere conto ai fini della decisione, è inidonea a determinare la revoca della sentenza di fallimento, ove prodotta soltanto in sede di reclamo; al contrario, la desistenza conseguente all’estinzione dell’obbligazione fa venir meno la legittimazione del creditore istante al momento della dichiarazione di fallimento se il pagamento risulti avvenuto in epoca antecedente a questa, con atto di data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c. (Cass., n. 16122/19; n. 33116/18).
Pertanto, nel caso concreto, l’allegazione del suddetto accordo al reclamo non avrebbe potuto precludere la dichiarazione di fallimento, in quanto a tal fine sarebbe stato necessario, come rilevato rettamente dai giudici di merito, che ad esso fosse seguito l’atto processuale di desistenza dal ricorso, anche verbalmente esplicitato all’udienza prefallimentare, nella quale, invece, risulta verbalizzata l’istanza della parte ricorrente di dichiarare il fallimento (a tacere dell’onere di proporre querela di falso in ordine al contenuto del verbale d’udienza). Giova altresì rilevare che sarebbe stata irrilevante, per evitare la dichiarazione di fallimento, anche l’eventuale diversa richiesta di rinvio del procedimento.
Nulla per le spese, considerata la mancata costituzione del fallimento.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021