LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE AnnaMaria – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7306-2019 proposto da:
D.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Chieco Antonio con studio in Valenzano (BA), viale Benedetto Croce n. 14;
– ricorrente –
contro
FIN COSTRUZIONI SRL, rappresentata e difesa dall’avvocato Carbone Roberto con studio in Bari via Dante Alighieri 51;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1463/2018 della Corte d’appello di Bari, depositata il 23/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/12/2020 dal Consigliere Casadonte Annamaria.
RILEVATO
Che:
– il sig. D.M. aveva chiesto al Tribunale di Bari-sez. dist. di Rutigliano l’accertamento che la società Fin Costruzioni s.r.l. aveva, nel corso della costruzione di un edificio sul fondo adiacente al suo, determinato uno sconfinamento della suddetta costruzione, realizzando un vano intercapedine nel sottosuolo del fondo dell’attore, oltre ad aver interrato nello stesso fondo detriti derivanti dalla lavorazione; chiedeva pertanto accertarsi la violazione della disciplina sulle distanze, il ripristino dei luoghi ed il risarcimento dei danni;
– costituita nel giudizio la società convenuta aveva sostenuto di avere debitamente provveduto alla rimozione dei detriti derivanti dalla lavorazione e chiedeva al tribunale il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, il riconoscimento del costo sostenuto per la manodopera e per materiali ai sensi dell’art. 936 c.c.;
– il tribunale, all’esito del giudizio, istruito mediante prove orali e ctu, aveva respinto la domanda attorea ed accolto quella riconvenzionale ex art. 936 c.c., comma 2, per il riconoscimento del costo sostenuto per la manodopera e per i materiali determinato in Euro 24.000,00;
– l’attore proponeva gravame e la Corte d’appello di Bari con la sentenza qui impugnata, lo accoglieva solo relativamente all’importo dell’indennità ex art. 936 c.c., comma 2 ridotta ad Euro 10.723,90, dichiarando l’inammissibilità per il resto dell’appello;
– la cassazione della sentenza di secondo grado è chiesta dal Deflorio con un unico motivo di ricorso, cui resiste Fin Costruzioni s.r.l. con controricorso, illustrato da memoria ex art. 380-bis c.p.c.;
– la relatrice ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
Che:
– con l’unico motivo di ricorso, articolato formalmente come omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente contesta l’asserito erroneo rigetto della domanda di accertamento dell’esistenza dei detriti interrati nel fondo di proprietà dell’attore;
– tuttavia, la censura è inammissibile perché non attinge la ratio decidendi valorizzata dalla corte territoriale a fondamento della statuizione di conferma del rigetto della decisione di primo grado;
– la corte territoriale ha, infatti, ricostruito la sentenza di primo grado in relazione ai vari capi decisi e cioè sulla questione concernente i detriti (cfr. pag.4), quella relativa le presunte violazioni della disciplina sulle distanze (cfr. pag.5), e quelle sull’intercapedine (cfr. pag. 6) e rispetto ad ognuna di esse ha individuato plurime rationes decidendi e verificato che non tutte erano state oggetto di appello, cosicché rispetto a quelle non attinte la sentenza di primo grado restava comunque sufficientemente motivata ed idonea a passare in giudicato;
– ciò è coerente con il principio giurisprudenziale secondo cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali ” rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. Sez. Un. 7931/2013; Cass. n. 4293/2016; id.16314/2019);
– ebbene, tale ratio decidendi di carattere processuale, posta dalla corte territoriale a fondamento della sentenza d’appello non è attinta dal ricorso che, invece, concerne la statuizione di rigetto nel merito della domanda di accertamento dei detriti interrati, la rimozione ed il risarcimento dei danni;
– in altri termini, l’articolato motivo di ricorso trascura la sopra individuata ratio decidendi, con la conseguenza che la censura è inammissibile non essendo diretta ad incidere su di essa, neppure sotto il profilo della riconducibilità al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
– l’inammissibilità del ricorso, comporta, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 5000,00 per compensi ed oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 9 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021