LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 3738 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
M.T. (C.F.: *****), titolare dell’omonima impresa individuale, esercente con insegna “*****” rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato Marco Cassiani (C.F.: *****);
– ricorrente –
nei confronti di:
BANCA MPS CAPITAL SERVICE S.p.A. (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore;
SOC. AGRICOLA R.E. & C. S.S. (C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore;
EQUITALIA CENTRO S.p.A. DI FIRENZE (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore;
EQUITALIA MARCHE S.p.A. (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore;
UNICREDIT S.p.A. (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore P.P. (C.F.: *****);
C.M. (C.F.: *****);
– intimati –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Pesaro n. 891/2017, pubblicata in data 19 dicembre 2017;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 4 marzo 2021 dal Consigliere TATANGELO Augusto.
FATTI DI CAUSA
Nel corso di un procedimento esecutivo per espropriazione immobiliare promosso da M.P.S. Capital Service nei confronti di M.T. (con l’intervento di altri creditori), la debitrice esecutata – avendo avanzato istanza di ammissione al concordato preventivo, iscritta nel registro delle imprese – ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso gli atti della vendita con incanto e il provvedimento di aggiudicazione del bene pignorato in favore della società agricola ” R.E.” & C. S.s., posti in essere dal professionista delegato in pendenza della sospensione derivante dalla proposizione della suddetta istanza, nonché avverso il successivo provvedimento del giudice dell’esecuzione con il quale era stata concessa all’aggiudicatario una proroga del termine per il versamento del prezzo residuo, avanzando altresì domanda risarcitoria.
Le domande sono state rigettate dal Tribunale di Pesaro.
Ricorre la M., sulla base di cinque motivi.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati. E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. CARDINO Alberto, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente esaminato, in quanto logicamente pregiudiziale, il quarto motivo del ricorso, con il quale si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 306 c.p.c.: insussistenza dei presupposti dell’invocata declaratoria di cessazione della materia del contendere”.
Il tribunale ha espressamente rilevato la cessazione della materia del contendere (v. pag. 6, righi 30 e ss. della sentenza impugnata), in relazione ai motivi di opposizione con i quali la ricorrente aveva contestato la validità dell’aggiudicazione dell’immobile pignorato disposta dal professionista delegato alla vendita, osservando che detta aggiudicazione era stata oggetto di una successiva sostanziale revoca da parte dello stesso giudice dell’esecuzione (adottata con provvedimento non impugnato).
La cessazione della materia del contendere relativa all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione si estende ovviamente, per motivi logici, anche a tutte le contestazioni relative agli atti e provvedimenti consequenziali alla stessa aggiudicazione (tra cui certamente il provvedimento con il quale era stata concessa la proroga del termine per il versamento del prezzo residuo).
Secondo la ricorrente, la richiesta di dichiarazione di cessazione della materia del contendere da parte della società aggiudicataria sarebbe intervenuta solo in sede di precisazione delle conclusioni, nel giudizio di merito, e avrebbe dovuto essere considerata, come tale, inammissibile in quanto tardiva. In ogni caso, non sussisterebbe la predetta cessazione della materia del contendere, diversamente da quanto affermato dal tribunale, avendo essa opponente interesse alla decisione, soprattutto con riguardo alla questione della restituzione della cauzione da parte della società aggiudicataria e alla domanda di risarcimento dei danni.
Il motivo è infondato.
1.1 E’ in primo luogo infondato, in diritto, l’assunto della ricorrente per cui la richiesta di cessazione della materia del contendere da parte della società aggiudicataria non avrebbe potuto intervenire in sede di precisazione delle conclusioni. La cessazione della materia del contendere si determina in caso di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione, ciò che, per definizione, può accadere esclusivamente nel corso del giudizio. Essa può essere rilevata dal giudice d’ufficio, anche in appello e nel giudizio di legittimità, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati “ex actis” (cfr., ex multis: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 10728 del 03/05/2017, Rv. 644021 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 15309 del 17/07/2020, Rv. 658475 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8903 del 04/05/2016, Rv. 639709 – 01); a maggior ragione, dunque, essa può essere allegata dalle parti in qualunque momento del giudizio stesso.
1.2 Risulta inoltre innegabile, in linea generale, che, proposta opposizione agli atti esecutivi per contestare la validità dell’aggiudicazione del bene pignorato, se tale aggiudicazione viene revocata dallo stesso giudice dell’esecuzione, cessa la materia del contendere (e altrettanto è a dirsi con riguardo al conseguente provvedimento di proroga del termine per il versamento del relativo prezzo), venendo evidentemente meno l’interesse e la stessa pratica utilità di una dichiarazione di nullità dell’atto in contestazione, ormai revocato.
1.3 La conferma dell’avvenuta cessazione della materia del contendere assorbe ogni altra questione con riguardo all’opposizione agli atti esecutivi avente ad oggetto l’aggiudicazione ed i provvedimenti alla stessa consequenziali. Per completezza di esposizione è opportuno peraltro rilevare, in proposito, che, sebbene effettivamente l’incanto davanti al professionista delegato non avrebbe dovuto tenersi, essendo la procedura sospesa di diritto in virtù della presentazione da parte della debitrice dell’istanza di concordato in bianco sospensione da ritenersi eventualmente oggetto di rilievo meramente dichiarativo da parte del giudice dell’esecuzione), avrebbe comunque valenza pregiudiziale rispetto alla contestazione della predetta irregolarità la circostanza che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, l’opposizione agli atti esecutivi direttamente rivolta avverso gli atti del professionista delegato è inammissibile, potendo essere esperita solo avverso gli atti del giudice dell’esecuzione (cfr. in proposito: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11817 del 15/05/2018, Rv. 648617 01; Sez. 3, Sentenza n. 14707 del 26/06/2006, Rv. 591031 01).
1.4 Con riguardo poi all’interesse dedotto dalla ricorrente in relazione ad una pronuncia sul provvedimento di restituzione della cauzione versata dall’aggiudicatario, è assorbente un rilievo preliminare: non è possibile evincere, sulla base di quanto esposto nel ricorso, se la contestazione di tale ulteriore provvedimento del giudice dell’esecuzione (che sarebbe stato emesso in data 7 maggio 2015) fosse tra le ragioni poste a base dell’opposizione originaria.
Sotto questo aspetto, la censura non risulta sufficientemente specifica, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e come tale essa è da ritenere inammissibile.
Anzi, proprio in base a quanto emerge del ricorso, detta censura dovrebbe ritenersi del tutto estranea all’oggetto dell’opposizione originariamente proposta: la ricorrente afferma infatti di aver proposto l’opposizione con ricorso depositato proprio in data 7 maggio 2015, indicando esclusivamente l’aggiudicazione e la proroga del termine per il versamento del prezzo come atti impugnati.
Può comunque in proposito osservarsi – ancora per completezza espositiva – che gli assunti in diritto posti alla base di detta censura sono infondati.
In primo luogo, infatti, la società R.E. & C. S.s. non può affatto ritenersi aggiudicataria del bene pignorato, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente: l’originaria aggiudicazione, da ritenersi senz’altro invalida secondo la stessa prospettazione di cui al ricorso, è stata comunque revocata dal giudice dell’esecuzione; né può ritenersi avvenuta alcuna ulteriore aggiudicazione in base alla mancata presentazione della predetta società al successivo incanto originariamente fissato dal giudice dell’esecuzione, in quanto la presentazione di un’offerta allo scopo di partecipare all’incanto non implica affatto l’automatica aggiudicazione del bene in favore dell’offerente, in mancanza di una nuova espressa offerta da parte di questi, in sede di incanto (in base agli artt. 580 e 581 c.p.c., se l’offerente non si presenta all’incanto e non fa un’offerta in quella sede, non diventa affatto aggiudicatario ed ha diritto alla restituzione della cauzione versata; nel solo caso in cui non si sia presentato all’incanto senza giusto motivo, è prevista esclusivamente la restituzione dei nove decimi di tale cauzione; tale ultima questione non risulta peraltro essere stata oggetto di specifiche censure nel presente giudizio).
D’altra parte, l’impossibilità di svolgere l’incanto già fissato davanti al professionista delegato, per l’intervenuta sospensione della procedura esecuzione a causa della presentazione da parte della debitrice dell’istanza di concordato in bianco, avrebbe dovuto comportare l’annullamento dell’intero esperimento di vendita, con conseguente immediata restituzione della cauzione all’offerente, non potendo lo stesso divenire aggiudicatario, ai sensi dell’art. 580 c.p.c., comma 2.
La fissazione di un nuovo esperimento di vendita – diversamente da quanto assume la ricorrente – avrebbe potuto e dovuto aver luogo ex novo dopo la cessazione della causa di sospensione, onde di certo non poteva giustificarsi il trattenimento della cauzione fino al momento del nuovo eventuale incanto.
1.5 La questione relativa alla domanda risarcitoria, infine, costituisce oggetto del quinto motivo del ricorso, onde si fa rinvio a quanto sarà esposto in relazione a tale motivo.
2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 161, comma 6, del combinato disposto di cui agli artt. 168 e 184 della stessa legge nonché dell’art. 591 bis e ter c.p.c.”.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 585 c.p.c.; inammissibilità della istanza di sospensione depositata dalla società agricola ” R.E.” & C. S.s. e nullità del pedissequo provvedimento di proroga”.
Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 580 c.p.c.; inammissibilità dell’istanza di restituzione e svincolo della cauzione depositata dalla società agricola ” R.E.” & C. S.s. e nullità del relativo provvedimento autorizzativo”.
I primi tre motivi del ricorso, con i quali si contesta la decisione in diritto sull’opposizione agli atti esecutivi relativa all’aggiudicazione revocata e agli atti ad essa consequenziali (proroga del termine per il versamento del prezzo di aggiudicazione e restituzione della cauzione), per un verso devono ritenersi inammissibili, perché non colgono adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della decisione impugnata, avendo il tribunale di fatto dichiarato cessata la materia del contendere in relazione a tali motivi e, per altro verso, sono comunque da ritenere tutti assorbiti, in considerazione di quanto esposto in relazione alle censure fin qui esaminate.
3. Con il quinto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché del combinato disposto di cui agli artt. 134 c.p.c. e 111, Euro 6 Cost. – impossibilità per l’opponente di fornire la prova dell’ammontare del danno cagionato dalla opposta”.
Secondo la ricorrente, la condotta della società aggiudicataria le avrebbe provocato un ingiusto danno, sia perché a causa di tale condotta la sua proposta concordataria non aveva avuto esito positivo, sia perché la successiva vendita del bene pignorato era avvenuta per un prezzo inferiore a quello originariamente offerto; l’entità del danno non sarebbe dimostrabile in modo specifico e quindi avrebbe dovuto essere oggetto di liquidazione equitativa.
In realtà anche tutte le questioni relative alla domanda risarcitoria restano nella sostanza assorbite, in ragione del mancato accoglimento dei motivi di ricorso che precedono e/o comunque ne seguono la sorte.
Deve infatti ritenersi che la società aggiudicataria abbia agito del tutto legittimamente, sia nel partecipare all’incanto, non essendo stata inizialmente riconosciuta dal professionista delegato la sospensione dell’esecuzione, sia, successivamente, nel chiedere dapprima una proroga per il versamento del prezzo residuo (in presenza delle contestazioni della debitrice sulla validità dell’aggiudicazione) e poi la restituzione della cauzione.
In relazione alla dedotta responsabilità risarcitoria, deve quindi in radice escludersi la sussistenza di una condotta illecita.
Il tribunale ha comunque altresì escluso (del tutto correttamente) la sussistenza di un nesso di causa tra la condotta della società aggiudicataria ed il mancato esito della proposta concordataria, sulla base di un accertamento in fatto sostenuto da adeguata motivazione, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede.
4. Il ricorso è rigettato.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– nulla per le spese.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 4 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021
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