LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38156-2019 proposto da:
H.M., elettivamente domiciliato in Firenze via Gramsci, 22, presso l’avv. ROSA VIGNALI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2872/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
CHE:
1.- Il ricorrente H.M., è cittadino del *****, da cui ha raccontato di essere fuggito per sottrarsi alle violenze perpetrare nei confronti suoi e dei membri di una associazione cui lui aderiva, e che, gestendo una stazione radiofonica, si rifiutava di trasmettere il Corano. In Italia ha chiesto il riconoscimento. della protezione internazionale e di quella umanitaria, che però sono state entrambe rigettate.
2.- Il ricorrente impugna una decisione della Corte di Appello di Firenze, che ha dichiarato inammissibile l’appello, ritenendolo tardivo, ed il ricorso è basato su due motivi. Il Ministero non ha notificato controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
3.- La ratio della decisione impugnata.
Il Giudice di primo grado ha emesso ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 702 bis c.p.c. che è stata comunicata il 25.6.2018, ed avrebbe dunque dovuto essere impugnata entro il 25.7.2018.
Tuttavia, il ricorrente, anziché impugnare ha depositato, il 27.6.2018, istanza di rimessione in termini di una richiesta istruttoria, che, fatta in precedenza, non era stata validamente depositata per via telematica a causa di un malfunzionamento del sistema.
Il Giudice, rilevato che aveva già deciso la causa e dunque si era spogliato del potere di decidere, ha dichiarato inammissibile l’istanza di rimessione in termini, con decisione del 27.8.2018, decisione riservata alla udienza del 6.8.2018.
Solo dopo avere conosciuto questa decisione, il ricorrente ha proposto appello, in data 21.11.2018.
4.- Prima di esaminare i singoli motivi, va premesso che, anche a considerare il termine di trenta giorni per proporre appello come decorrente non già dalla ordinanza che ha definito il giudizio (25.6.2018), ma dalla successiva ordinanza resa su istanza di rimessione in termini, ossia dal 1.9.2018 (data in cui è stata comunicata), quel termine è comunque scaduto: l’appello è stato infatti notificato il 21.11.2018.
5.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 101 c.p.c. ritenendo errata la decisione della corte di appello di rilevare d’ufficio l’inammissibilità della impugnazione senza prima stimolare il contraddittorio sulla relativa questione, come imposto da quella norma.
Il motivo è infondato.
In tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Cass. 6218/2019; Cass. 19372/2015).
In sostanza, la questione era rilevabile d’ufficio, anche senza contraddittorio, in quanto non comportava alcuna modifica nei fatti di causa su cui occorresse confrontarsi, proprio perché nuova.
Il quadro fattuale non era modificato dalla decisione della Corte di rilevare l’inammissibilità dell’appello, altra essendo la ragione di fatto, già nota, posta a base della decisione.
6.- Con il secondo motivo, che denuncia violazione dell’art. 153 c.p.c. e art. 702 ter c.p.c., il ricorrente si duole del fatto che la corte ha erroneamente valutato la sua istanza di rimessione in termini, ossia la circostanza che comunque v’era una istanza di rimessione in termini e che, avendo il giudice fissato l’udienza per discutere di quella istanza, aveva ingenerato la convinzione che, prima di fare appello, occorresse attendere l’esito del sub procedimento di rimessione in termini.
Il motivo è inammissibile.
Lo è in quanto, anche a concedere che il termine per appellare decorresse dalla decisione della istanza di rimessioni in termini, è tardivo comunque.
Lo è altresì in quanto il ricorrente avrebbe dovuto impugnare l’ordinanza conclusiva del giudizio senza attendere l’esito della rimessione in termini, ed anzi, senza proporre la relativa istanza, in quanto la questione della rimessione non era più proponibile una volta che il giudice aveva definito la causa e poteva essere fatta valere solo con l’appello.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021