Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21675 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6090-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

e da:

USATO & USATO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA, 18, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO IOFFREDI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MANCINI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

sul ricorso 6093-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

e da:

USATO & USATO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA, 18, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO IOFFREDI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MANCINI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso le sentenza n. 510 – 511 /2013 della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO SEZ.DIST. di PESCARA, depositate il 22/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2020 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. MUCCI ROBERTO che ha chiesto previa riunione dei procedimenti e in accoglimento dei ricorsi dell’Agenzia dell’Entrate, nonché del secondo motivo dei ricorsi incidentali della società contribuente, rigettato il primo motivo di questi e assorbiti i restanti, per la cassazione delle sentenze impugnate, con le conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dagli avvisi di accertamento n. ***** per l’anno 2005 emesso nei confronti della srl Usato& Usato, con cui era individuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, una maggiore pretesa fiscale a seguito dei numerosi rilievi individuati dalla G. F, ai fini ires, irap ed iva.

Tale avviso era impugnato dalla società intimata, eccependo sia la sostanziale attendibilità della contabilità che il difetto di motivazione in relazione al controllo sostanziale effettuato.

La commissione provinciale di Pescara accoglieva in parte il ricorso ritenendo legittima l’applicazione del regime del margine applicato dal contribuente, e illegittimo il recupero a tassazione in ordine alle indagini finanziarie, mentre confermava l’accertamento in relazione al recupero per costi indeducibili.

Avverso la predetta sentenza proponevano appello sia l’Agenzia delle Entrate che la società.

I due giudizi di appello non erano formalmente riuniti, anche se si concludevano con il deposito di due sentenze perfettamente sovrapponibili (sentenza nr- 510 /10/2013 e sentenza n. 511/10/13), con il seguente dispositivo “rigetta l’appello principale nonché l’appello incidentale e compensa le spese “.

Proponeva ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di appello n. 510 /lo /2013, affidandosi a due motivi così sintetizzabili:

1) violazione dell’art. 132 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 156 c.p.c. nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3;

2) violazione e falsa applicazione del D.L. n. 41 del 1995, artt. 36,37,38,39,40 convertito nella L. n. 85 del 1995 nonché dell’art. 2697 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si costituiva con controricorso la società Usato&usato srl, che chiedeva il rigetto del ricorso proposto,ed a sua volta proponeva impugnazione incidentale per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 335 c.p.c. e del principio del ne bis in idem denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

2) Violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 109 tuir denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

3) Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 7 denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

4) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5, così come formulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. B o in ogni caso, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in base alla previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Anche in relazione alla sentenza n. 511/10/2013, proponeva ricorso in cassazione l’Agenzia, identico nel contenuto a quello proposto avverso la sentenza n. 510/10/2013, ed identico nel contenuto controricorso con impugnazione incidentale era presentato dal contribuente.

Presentava memorie anche il P.M., chiedendo l’accoglimento dei ricorsi, previa riunione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Per una migliore intelligenza della causa pare opportuno premettere che avverso la decisione della CPT di Pescara n. 259/1/12, proponevano appello sia l’Ufficio che la società contribuente, senza che vi fosse una formale riunione come prevede l’art. 335 c.p.c., comunque di fatto è stata emessa una sola sentenza visto che le due decisioni sono perfettamente sovrapponibili ed emesse dallo stesso collegio e nella stessa data, coincidendo anche la data del deposito. Pertanto in questo grado, considerato che le sentenze impugnate sono solo formalmente due, ma in realtà la sentenza deve essere considerata unica, che i due ricorsi proposti sono anch’essi perfettamente sovrapponibili, e così pure entrambi i controricorsi, per una migliore economia processuale va disposta la riunione dei procedimenti.

Va precisato inoltre che la CTr ha ritenuto di rigettare sia l’appello dell’Agenzia che quello del contribuente analizzandoli in un unico contesto, confermando la sentenza di primo grado.

In relazione al ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, con il primo motivo si assume l’esistenza di una contraddizione irrisolvibile tra la motivazione la decisione, tale da determinare la nullità della sentenza sul punto.

La sentenza di primo grado aveva annullato l’accertamento nella parte in cui aveva escluso l’applicabilità del regime del margine, e la ricostruzione del fatturato in base alle indagini finanziarie. Nel caso nella sentenza impugnata si legge “e’ legittimo l’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle indagini bancarie, anche se il contribuente non è stato invitato preventivamente a fornire dati e notizie rilevanti “; ora partendo da tale principio occorreva che la CTR, nel concludere il processo logico diretto a confermare la sentenza di primo grado, valutasse se il contribuente avesse dato la prova circa l’irrilevanza delle indagini bancarie, cosa mai specificata e quindi non si comprende come sia pervenuta a rigettare l’appello della Agenzia sul punto.

La contraddizione tra la parte della motivazione sopra riportata, assume rilevanza, quale vizio della sentenza, in quanto determina l’impossibilità assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale. In altri termini il giudice di appello, si è fermato ad indicare la premessa maggiore del sillogismo che intendeva applicare, senza calarlo nel caso concreto e senza indicare la conclusione del ragionamento.

Pertanto il primo motivo va accolto Va anche accolto il secondo motivo con cui l’Agenzia deduce erroneo il capo della sentenza con cui è stato considerato legittima la applicazione del regime del margine da parte del contribuente.

In ordine tal punto la Ctr assume “detto regime speciale risulta senz’atro applicabile nel caso in cui il soggetto residente abbia acquistato il mezzo di trasporto (usato ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 38, comma 4) da un soggetto comunitario che abbia a sua volta applicato il regime del margine all’atto della vendita così come trova piena applicazione per le cessione di autovetture usate effettuate dal soggetto residente nei confronti di soggetti comunitari”.

Nel caso con l’accertamento l’Agenzia ha operato il recupero a tassazione dell’importo corretto della imposta sulla base della ritenuta non legittima applicazione da parte sua in tema di IVA del regime derogatorio del margine rispetto a quello ordinario.

Premesso quanto sopra, si rileva che fondato è il motivo di impugnazione con il quale l’Amministrazione ha censurato la sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta violazione di legge in tema di applicazione al casi di specie del cosiddetto “regime del margine”, avendo illegittimamente ritenuto di porre l’onere della prova circa l’applicazione del regime fiscale agevolativo IVA del margine alle cessioni aventi ad oggetto autoveicoli usati di provenienza intra-comunitaria a carico dell’Agenzia in luogo del contribuente, avendo solo apoditticamente specificato l’applicabilità del regime senza specificare quali prove erano state offerte e come erano state valutate circa la applicabilità del regime del margine nel caso specifico.

Infatti, sul punto si è consolidata l’interpretazione giurisprudenziale secondo la quale, in tema di IVA, il regime del margine – previsto dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, convertito con modificazioni in L. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi.

Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sussistenza dei requisiti di legge per tale regime agevolativo. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente la conservazione dei documenti inerenti l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, risultanti dalla carta di circolazione, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso l’Agenzia aveva dedotto che in sede di verifica, era stato accertato la mancata conservazione di qualsiasi documentazione da parte del contribuente per accertare se i veicoli fossero usati e degli altri presupposti di legge. In mancanza di altre specificazioni circa la prova offerta dal contribuente deve ritenersi che quindi la Ctr ha illegittimamente ritenuto di applicare il regime del margine.

Del resto è consolidata l’interpretazione giurisprudenziale, secondo la quale, in tema di IVA, nell’ambito del regime del margine, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare l’esistenza di requisiti oggettivi e soggettivi per fruire di tale regime agevolativo.

In particolare, con riferimento all’esistenza delle condizioni oggettive e soggettive, che qui assumono rilievo e che presentano i profili più delicati e controversi, il contribuente avrebbe dovuto conservare la documentazione predetta proprio per permettere all’Agenzia il controllo della legittimità e comunque allo stesso di dimostrare la legittimità del suo operato in sede contenziosa. Senza dubbio deve ritenersi, che rientri nell’ambito delle precauzioni che si possono senz’altro richiedere ad un cessionario di veicoli d’occasione l’esame della “storia” del veicolo, quanto meno – che è quel che interessa – con riferimento all’individuazione dei precedenti intestatari del mezzo, risultanti dalla carta di circolazione, documento in possesso dell’acquirente in quanto indispensabile ai fini del perfezionamento dell’operazione.

Pertanto la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, va cassata con conseguente rinvio alla Ctr della regione Abruzzo.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale del contribuente, va senz’altro respinto il primo motivo con cui si duole della mancata riunione degli appelli avverso la medesima sentenza ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Per quello che qui interessa nel caso sia l’appello della Agenzia che del contribuente sono stati decisi in un unico contesto, avendo con la stessa sentenza (solo formalmente duplicata), deciso di entrambi i gravami delle parti sicché di fatto vi è stata la riunione. Del resto il giudice d’appello non deve fare espressa menzione nella sentenza della riunione di due o più atti d’impugnazione rivolti contro la stessa decisione di primo grado, mancando una norma che ciò imponga e potendo la riunione risultare anche implicitamente dalla integrale lettura della sentenza dalle quali possa desumersi chiaramente la volontà dell’organo giudicante di decidere unitariamente (vedi in senso analogo sent. N. 7828 n. 2010).

Per quanto riguarda il secondo motivo il contribuente deduce che il giudice di appello abbia escluso alcuni costi detratti su circostanze mai dedotte dall’ufficio impositore.

Il motivo è infondato. Per quello che qui interessa i costi come specificato in sentenza, non potevano essere detratti in quanto mancava il requisito dell’inerenza. Tal valutazione non si pone assolutamente in contrasto con quanto indicato nell’accertamento (riportato dallo stesso contribuente) in cui era per esempio escluso il costo di 86755,34 in quanto la fattura era particolarmente generica, non essendo stato indicato la natura, la qualità e la quantità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione, il che faceva ragionevolmente dubitare che si trattava di costo inerente. In altri termini dire, come ha fatto l’Agenzia, che il costo era generico implicava che non emergesse dalla fattura l’inerenza, elemento essenziale per la detrazione dei costi. L’Agenzia nel caso ha escluso i costi per i quali non emergeva un collegamento diretto tra la spesa e la produzione del reddito. Lo stesso ragionamento può farsi con riferimento all’a spesa di 22 285,25 esclusa in quanto si trattava di lavori effettuati su autovetture non più di proprietà, oltre alla considerazione delle scarne indicazione degli interventi indicati nelle fatture. Anche in tal caso si rientra nel concetto di inerenza in quanto eseguire lavori su autovetture di altri esclude ex se l’inerenza. Come si vede il giudice ha solo specificato che in base a quanto indicato dall’Ufficio il costo escluso non era inerente, e non ha sostituito una propria motivazione all’atto di accertamento.

Nel caso quindi, non vi è stato alcuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c. – che implica il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella materia del contendere interferendo nel potere dispositivo delle parti. In sintesi non è stato alterato alcuno degli elementi obiettivi di identificazione della pretesa fiscale non avendo posto a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla motivazione. Avendo l’Amministrazione ritenuto che le fatture fossero insufficienti od inadeguati a dimostrare il collegamento con l’attività di impresa oppure riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare gli elementi allegati (riparazione di lavori su auto di terzi), nel recuperare tali costi invero quantomeno implicitamente deduce la mancanza di inerenza.

Per quanto riguarda il terzo ed il quarto motivo la parte si duole degli accertamenti bancari, posti in essere senza il rispetto della normativa, e che non sarebbe stata esaminata la documentazione presentata. Tali motivi devono ritenersi assorbiti dall’accoglimento del motivo proposto dalla Agenzia sul punto, che eventualmente dovranno essere esaminati dal giudice del rinvio. Poiché il ricorso incidentale è stato sostanzialmente respinto, va disposto il pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, riunti i ricorsi nr 35 e 36, accoglie il ricorso principale proposto dalla Agenzia delle Entrate, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata rinviando alla CTr Abruzzo. Respinge il ricorso incidentale.

Ai sensi, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza per i presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo del contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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