Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21700 del 29/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23861/2017 proposto da:

M.F., rappresentato e difeso dall’Avv. Umberto La Commara, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Lungotevere della Vittoria n. 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.: *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, (C.F.: *****), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1201/14/17 della Commissione tributaria Regionale del Lazio, depositata il 13/03/2017;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto Cardino.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8/4/2021 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

RITENUTO

che:

1. Con sentenza n 1201/14/17, depositata il 13/03/2017, la Commissione tributaria del Lazio (CTR) rigettava l’appello proposto da M.F. avverso la sentenza con la quale la CTP aveva respinto il ricorso da questi proposto ed avente ad oggetto l’annullamento dell’avviso di liquidazione ed irrogazione sanzioni ad egli notificato in qualità di coobbligato in solido e relativo all’imposta di registro afferente alla sentenza n. 1279/2010 emessa dal Tribunale di Roma il 20/1/2010; sentenza avente ad oggetto il giudizio di responsabilità promosso dal Commissario liquidatore della Compagnia Tirrena Assicurazioni s.p.a. contro gli ex amministratori della società.

2. Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

3. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il contribuente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) e dell’art. 1299 c.c., avendo la CTR ritenuto erroneamente il ricorrente coobbligato in solido al pagamento dell’imposta relativa alla sentenza n. 1279 del 2010 emessa dal Tribunale di Roma, nonostante egli, pur avendo partecipato al relativo giudizio, fosse rimasto estraneo al rapporto oggetto dello stesso.

Rileva sul punto il ricorrente che egli non poteva rientrare nel concetto di “parti in causa” di cui al citato art. 57, valevole per individuare i soggetti passivi di imposta, in quanto la sentenza indicata – nel condannare al risarcimento dei danni alcuni ex amministratori della Compagnia Tirrena Assicurazioni s.p.a. a favore del Commissario liquidatore della stessa società – aveva rigettato l’analoga domanda proposta nei suoi confronti, di talché egli era rimasto estraneo al rapporto sostanziale oggetto del giudizio presupposto per l’applicazione dell’imposta in esame.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte della CTR circa la sussistenza della circostanza riportata nel motivo che precede.

3. Con il terzo motivo il contribuente censura la sentenza di merito, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia circa il motivo di appello afferente alla nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione e rispetto al quale l’Amministrazione nulla aveva dedotto, con conseguente violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c..

4. Il primo motivo è fondato con assorbimento degli altri.

In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, nella parte in cui prevede che sono tenute al pagamento dell’imposta di registro le parti in causa, deve intendersi riferito a tutti coloro che abbiano preso parte al giudizio, nei confronti dei quali la pronuncia giurisdizionale si è espressa nella parte dispositiva e la cui sfera giuridica sia in qualche modo interessata dagli effetti di tale decisione, in quanto la finalità di detta norma è quella di rafforzare la posizione dell’erario nei confronti dei contribuenti in vista della proficua riscossione delle imposte, salvo il diritto per ciascuno di essi di rivalersi nei confronti di colui che è civilmente tenuto al pagamento (ex plurimis e da ultimo Cass. n. 12009 del 19/06/2020 Rv.657930-01).

In particolare, questa Corte (Cass. n. 29158 del 13/11/2018 Rv. 651544 – 01) ha affermato che “In tema di imposta di registro su atti giudiziari, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, nella parte in cui prevede che sono tenute al pagamento dell’imposta di registro le parti in causa, deve intendersi riferito a tutti coloro che abbiano preso parte al giudizio, nei confronti dei quali la pronuncia giurisdizionale si è espressa nella parte dispositiva e la cui sfera giuridica sia in qualche modo interessata dagli effetti di tale decisione, in quanto la finalità di detta norma è quella di rafforzare la posizione dell’erario nei confronti dei contribuenti in vista della proficua riscossione delle imposte, salvo il diritto per ciascuno di essi di rivalersi nei confronti di colui che è civilmente tenuto al pagamento”.

Da tali principi si evince che, ferma la natura solidale ex art. 57 cit., della responsabilità tributaria per il pagamento dell’imposta dovuta in relazione ad una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti, essa, però, non grava, quando si tratti di litisconsorzio facoltativo, sui soggetti che non siano parti del rapporto sostanziale oggetto del giudizio, assumendo rilievo non la sentenza in quanto tale, ma il rapporto racchiuso in essa, quale indice di capacità contributiva.

Ed invero, ai fini dell’imposta in esame il presupposto della solidarietà non rileva la mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza (Cass., n. 21134 del 2014; analogamente si è espressa Cass., n. 25790 del 2014, secondo cui, ai fini dell’imposta di registro, occorre avere riguardo al rapporto sostanziale, in quanto è esso ad essere l’indice della capacità contributiva colpita dall’imposta), dovendosi, invece, avere riguardo esclusivamente alla situazione sostanziale che ha dato causa alla sentenza registrata. In caso di litisconsorzio facoltativo, infatti, pur nell’identità delle questioni, ben può permanere l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici, delle singole causae petendi e dei singoli petita, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte.

In sostanza, ai fini dell’individuazione del soggetto passivo di imposta in tali casi ciò che conta è il rapporto oggetto della sentenza, quale indice di capacità contributiva, di talché il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera situazione processuale del soggetto che, pur avendo partecipato al giudizio, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto considerato nella sentenza. (Cass. n. 12009 del 19/06/2020 Rv. 657930 – 01). Per individuare il corretto trattamento tributario è necessario indagare il contenuto del dispositivo della sentenza e verificare nei confronti di quali parti la pretesa attorea è stata riconosciuta e – quindi – quali parti siano da considerare rilevanti ai fini del giudicato della sentenza.

Ne deriva che la parte convenuta nel processo civile, nei cui confronti la domanda sia stata rigettata per l’accertata estraneità al rapporto sostanziale ivi dedotto, non può considerarsi soggetto passivo dell’obbligazione tributaria derivante dalla registrazione della relativa sentenza.

Il principio volto a differenziare la posizione delle parti in relazione alla effettiva capacità contributiva – quale si rinviene dall’oggetto della decisione – è stato espresso da questa Corte anche per le ipotesi in cui, come quella oggetto del presente scrutinio, la domanda abbia ad oggetto una richiesta solidale di risarcimento del danno, che venga accolta soltanto nei confronti di alcuni convenuti: “nel caso in cui un giudizio di risarcimento del danno promosso nei confronti di una pluralità di soggetti asseritamente concorrenti nella produzione di un fatto illecito si concluda con la condanna soltanto di alcuni convenuti, ed il rigetto della domanda nei confronti degli altri, questi ultimi non sono solidalmente responsabili per il pagamento dell’imposta proporzionale di registro relativa alla statuizione della condanna, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, vertendosi in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, con la conseguente autonomia dei rapporti giuridici cui si riferiscono le statuizioni contenute nella sentenza, e non trovando applicazione il citato D.P.R. n. 131, art. 21, in quanto non sussiste alcun legame di derivazione necessaria tra la statuizione di condanna e quella di reiezione della domanda, fondata su distinte valutazioni risultanti da una ricostruzione dei fatti diversa da quella prospettata dall’attore, e non vi è alcun rapporto sostanziale tra quest’ultimo ed i convenuti vittoriosi, ma un mero rapporto processuale il cui contenuto economico, limitato alle spese processuali ovvero all’ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., è estraneo a quello in funzione del quale è liquidata l’imposta pretesa dal Fisco” (Cass., n. 14112 del 11/06/2010 Rv. 613666 – 01).

La CTR non ha fatto corretta applicazione dei suindicati principi fondando la sua pronuncia esclusivamente sulla mancata estromissione del giudizio del contribuente, senza valutare che quest’ultimo era risultato del tutto estraneo alla domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti dalla parte attrice.

5. In ragione di quanto sopra il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario del contribuente.

6. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo e della progressiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte sulle questioni trattate, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito;

condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del contribuente, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472