Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21864 del 30/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è

rappresentata e difesa.

– ricorrente-

contro

C.L., elettivamente domiciliato in Roma, via C. Passaglia n. 14 presso lo studio dell’Avv. Sara Merlo e rappresentato e difeso, per procura a margine del controricorso, dall’Avv. Antonio Corso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 6627/14 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data l’luglio 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 giugno 2021 dal relatore Consigliere Dott. Crucitti Roberta.

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate, rilevata l’antieconomicità della gestione aziendale, notificò alla CA.GE. Appalti s.r.l. avviso di accertamento avente a oggetto un maggior reddito imponibile, ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno di imposta 2004, rideterminando i ricavi sulla scorta delle stime rilevate nel settore di appartenenza, individuato in “lavori generali di costruzioni di edifici”.

L’atto impositivo, impugnato dalla Società, venne annullato dalla Commissione tributaria di prima istanza e la decisione, appellata dall’Amministrazione finanziaria, venne confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Campania.

Il Giudice di appello, rilevato che l’accertamento era basato unicamente sugli studi di settore e non era supportato da ulteriori presunzioni aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza, condivideva la decisione del primo giudice che riteneva corretta, anche alla luce della sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009 delle Sezioni Unite di questa Corte.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, su unico motivo, notificandolo, quale socio unico e liquidatore della Società, nelle more cancellata dal registro delle imprese, al quale in sede di riparto finale di liquidazione era stata attribuita la somma di Euro 19.366,00 a C.L. che resiste con controricorso.

Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il P.G. ha depositato atto di conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso e il controricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1.Con l’unico motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente deduce l’errore in diritto commesso dalla C.T.R., la quale, non cogliendo appieno quanto denunziato in atto di appello in ordine all’accertata, per più anni consecutivi, antieconomicità della gestione aziendale, aveva di contro ritenuto illegittimo l’atto impositivo, ritenendolo fondato solo sullo scostamento dagli studi di settore.

1.1. La censura -ammissibile, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, in quanto dotata dei necessari caratteri di esaustività e specificità- e’, pure, fondata.

Premesso che ” in tema di accertamento induttivo dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973¸ art. 39, l’Amministrazione finanziaria può fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta”, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente” (cfr.Cass. n. 33340 del 17/12/2019), la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. Ordinanza n. 25257 del 25/10/2017)e’ ferma nel ritenere che “nel giudizio tributario, una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, perché basata su contabilità complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione ed il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea. Infatti, è consentito al fisco dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere minori costi, utilizzando presunzioni semplici e obiettivi parametri di riferimento, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate a fronte della contestata antieconomicità”. Ancora, di recente, si è specificato (v.Cass.n. 22185 del 14/10/2020) che ” in tema di imposte sui redditi, la tenuta della contabilità in maniera formalmente regolare non è di ostacolo alla rettifica delle dichiarazioni fiscali e, in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l’accertamento su base presuntiva, ed il giudice di merito, per poter annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie”

2. Dall’applicazione di tali principi, dai quali la C.T.R. si è discostata, consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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