LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4785-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL MATTONATO 3 presso DONATELLO PICCININNI, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO DE BONIS;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 96/2014 della COMM. TRIB. REG. BASILICATA, depositata il 04/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle entrate notificò al sig. M.R.F. avviso di accertamento in virtù del quale, rilevato che il contribuente aveva omesso di dichiarare, per l’anno d’imposta 2003, plusvalenza conseguita ad atto di compravendita, registrato il 12 novembre 2003, col quale il M. aveva ceduto due aree edificabili per il valore dichiarato la prima di Euro 61.200,00 e la seconda di Euro 1300,00 (entrambe al prezzo di Euro 5,00 al mq), contestò ai fini IRPEF la sottrazione del maggior reddito imponibile realizzato con le succitate cessioni, il cui importo elevò, quanto alla prima vendita, ad Euro 182.145,00 e, relativamente alla seconda vendita, ad Euro 3780,00, assumendo a fondamento la rettifica di valore notificata con avviso di liquidazione dell’imposta di registro, non opposto nei termini dal contribuente.
La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Potenza, dinanzi alla quale il contribuente impugnò l’avviso di accertamento notificatogli, accolse, per quanto di ragione, il ricorso, limitando la ripresa a tassazione ai fini IRPEF del corrispettivo pattuito tra le parti, ritenuto congruo, essendo i terreni ceduti siti in zona sprovvista delle opere di urbanizzazione necessarie all’utilizzo dei lotti, con conseguente riduzione di sanzioni ed interessi.
L’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado fu respinto dalla Commissione tributaria regionale (CTR) della Basilicata, con sentenza n. 96/3/14, depositata il 4 febbraio 2014, non notificata.
Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il contribuente.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente Agenzia delle entrate denuncia violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 67, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata, dopo aver premesso che l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla base dell’accertamento di valore effettuato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, ha poi contraddittoriamente affermato che l’Ufficio era venuto meno all’onere di fornire la prova documentale certa dell’atto di compravendita comparativo, laddove l’Ufficio aveva invece legittimamente quantificato la plusvalenza facendo riferimento al valore definitosi, a seguito della mancata impugnazione nei termini, dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro.
2. Con il secondo motivo analoghe considerazioni sono state sviluppate dall’Amministrazione ricorrente ai fini della denuncia della violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in tema di riparto dell’onere della prova quanto all’effettivo importo delle cessioni dei terreni rispetto al prezzo di ciascuno come dichiarato nell’atto di compravendita.
3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando la nullità della sentenza impugnata perché affetta da motivazione meramente apparente, esaurendosi la stessa “in affermazioni che, oltre a non esplicitare il percorso logico giuridico seguito, non danno contezza alcuna delle ragioni per le quali non meritavano attenzione le argomentazioni” svolte dall’Ufficio.
4. Il terzo motivo, da esaminare in logico prioritariamente, è infondato, esponendo la sentenza impugnata, quantunque in modo succinto, le ragioni che hanno indotto la CTR a confermare quanto deciso dal giudice di primo grado, rivelando in tal modo la ratio decidendi, infatti censurata dall’Amministrazione con i primi due motivi di ricorso.
5. Sennonché entrambi, che possono essere trattati congiuntamente perché tra loro connessi, sono infondati, alla luce dello ius superveniens alla decisione in questa sede impugnata, segnatamente del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3, che ha stabilito che “Il testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 58, 68, 85 e 86 ed il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.
5.1. Come già osservato da questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 19 aprile 2019, n. 11054; Cass. sez. 6-5, ord. 7 settembre 2018, n. 21768; Cass. sez. 5, ord. 18 aprile 2018, n. 9513; Cass. sez. 6-5, ord. 7 dicembre 2016, n. 25241; Cass. sez. 6-5, ord. 29 novembre 2016, n. 24367; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14664; Cass. sez. 5, 30 marzo 2016, n. 6135), detta norma, avendo natura di norma d’interpretazione autentica, della L. n. 212 del 2000, ex art. 1, comma 2, è applicabile retroattivamente ai giudizi pendenti.
Ciò fa sì che l’accertamento della plusvalenza ai fini IRPEF non possa legittimamente presumersi in forza del solo valore accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
5.2. La sentenza impugnata, che ha confermato la ripresa a tassazione ai fini IRPEF in relazione al corrispettivo quale risultante nell’atto di compravendita per la cessione dei due terreni edificabili nei limiti del prezzo dichiarato di ciascuna, di cui il contribuente aveva omesso la dichiarazione nell’ambito della dichiarazione dei redditi per l’anno 2003, è pertanto coerente, nel dispositivo, con lo ius superveniens citato, essendo incontroverso che l’accertamento sia stato basato dall’Amministrazione finanziaria sulla base della sola rettifica del valore ai fini dell’imposta di registro.
6. Il ricorso dell’Agenzia delle entrate va pertanto rigettato.
7. Possono essere compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità, tenuto conto della sopravvenienza della norma d’interpretazione autentica in pendenza del giudizio di legittimità.
8. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021