Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21871 del 30/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8465 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:

Equitalia Nord s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa per procura speciale in calce al ricorso dagli Avv.ti Cimetti Maurizio e Ricci Sante, elettivamente domiciliata in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 161, presso lo studio di quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

C.S., rappresentato e difeso, per procura speciale allegato alla memoria depositata il 7 aprile 2021, dall’Avv. Angeletti Marco, presso il cui studio in Roma, via Appia Nuova, n. 288 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 4860/32/2014, depositata in data 23 settembre 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2021 dal Consigliere Triscari Giancarlo.

RILEVATO

Che:

dall’esposizione in fatto della sentenza censurata si evince che: Equitalia Nord s.p.a. aveva notificato una iscrizione di ipoteca sull’immobile di proprietà di C.S. in conseguenza della precedente emissione della cartella di pagamento relativa a tributi per l’anno 1999, oltre che ad altre pretese di natura non tributaria; il contribuente aveva proposto ricorso avverso l’iscrizione di ipoteca deducendo, fra l’altro, l’omessa notifica della cartella di pagamento; la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva rigettato il ricorso; avverso la pronuncia del giudice di primo grado il contribuente aveva proposto appello principale ed Equitalia Nord s.p.a. aveva proposto appello incidentale per questioni di giurisdizione;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha: rigettato l’appello incidentale di Equitalia Nord s.p.a. in ordine alla questione di difetto di giurisdizione relativa alle cartelle di pagamento concernenti la pretese di natura non tributaria e lo ha accolto relativamente alla domanda di risarcimento del danno; inoltre, ha accolto l’appello principale del contribuente, avendo ritenuto che la notifica della cartella di pagamento era inesistente;

Equitalia Nord s.p.a. ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi di censura, cui ha resistito il contribuente depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.

CONSIDERATO

Che:

va preliminarmente disattesa l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso in quanto non sarebbero state sintetizzate le questioni già prospettate prima di riproporle dinanzi al giudice di legittimità e non sarebbe stato indicato quando e come le censure erano state proposte nel giudizio di primo e secondo grado, così come va parimenti disattesa l’eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso in quanto basate su prove documentali non prodotte nei precedenti gradi di giudizio e su temi di contestazione diversi da quelli proposti;

invero, il ricorso illustra chiaramente quali erano le questioni di fondo su cui si era basata la controversia ed ha posto l’attenzione specifica sulla regolarità della notifica della cartella eseguita secondo il rito degli “irreperibili”, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e); nell’ambito di questo specifico profilo della controversia, poi, ha proposto specifiche ragioni di censura alla sentenza del giudice del gravame che, definendo la questione, ha ritenuto inesistente la notifica;

in particolare, le ragioni di doglianza prospettate si basano sul contenuto della decisione del giudice del gravame, non rilevandosi in alcun modo alcun profilo di difetto di autosufficienza;

né può ragionarsi in termini di produzione di nuova documentazione, posto che le ragioni di censura attengono alle risultanze della relata contenuta nell’avviso di ricevimento della notifica cui lo stesso giudice del gravame ha fatto specifico riferimento nella motivazione della sentenza;

con riferimento, poi, all’ulteriore eccezione, prospettata dal ricorrente in ricorso e ribadito in memoria, concernente l’inammissibilità del ricorso per tardività, la stessa è inammissibile; si osserva che il controricorrente si è limitato ad evidenziare, nel controricorso, che il ricorso sarebbe stato tardivamente proposto in quanto “in data 6 ottobre 2014 la sentenza è stata protocollata presso Equitalia come attestato dalla ricevuta di presentazione rilasciata dall’impiegato. Successivamente, in data 3/3/2015, Equitalia ha altresì inviato una comunicazione al contribuente con cui lo informa espressamente di avere avuto piena conoscenza in data 6 ottobre 2014 della sentenza CTR sez. 32 4860/2014 del 23/9/2014”;

nella memoria, poi, il controricorrente ha insistito con l’eccezione, “avendo l’Ente ricorrente ricevuto notifica diretta del provvedimento impugnato il 16 ottobre 2014”;

invero, la documentazione cui il controricorrente fa riferimento non attiene alla prova della notifica della sentenza nei confronti della ricorrente e che comporta l’inizio della decorrenza del termine di impugnazione, posto che questa Corte ha più volte affermato il principio di carattere generale secondo cui la notificazione della sentenza non ammette equipollenti quale fonte di conoscenza legale della decisione (Cass. Sez. U., 3 agosto 2017, n. 19401);

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione degli artt. 140, c.p.c., e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, , per avere erroneamente ritenuto che non sussistevano i presupposti per la notifica della cartella di pagamento, atteso che, invece, l’ufficiale della riscossione aveva accertato, in sede di notifica, l’irreperibilità assoluta, posto che era stato accertato che presso il luogo di ultima residenza il destinatario, secondo quanto riferito dal custode, era risultato trasferito in luogo sconosciuto;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere ritenuto che dalla documentazione prodotta si evinceva che il destinatario risiedeva con la propria famiglia presso il luogo in cui era stata tentata la notifica;

evidenzia, a tal proposito, la ricorrente che il giudice del gravame: non ha tenuto conto di quanto riportato nella relata di notifica, cioè il fatto che il destinatario risultava trasferito, sicché tale circostanza avrebbe dovuto essere contestata solo con querela di falso, attesa la rilevanza di prova privilegiata delle attestazioni del pubblico ufficiale; ha, inoltre, basato la considerazione della residenza presso il luogo ove era stata tentata la notifica sulla base del generico riferimento alla documentazione prodotta;

con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 148, c.p.c., e dell’art. 2700, c.c., per non avere ritenuto provata l’irreperibilità del destinatario, posto che la decisione del giudice del gravame è basata sulle mere risultanze anagrafiche prodotte dal contribuente e sull’affermazione che questi riceveva regolarmente la posta presso il proprio indirizzo anagrafico di ultima residenza mentre, di converso, quanto attestato dal pubblico ufficiale ha valore di prova fino a querela di falso;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla questione della regolarità della notifica della cartella di pagamento, sono infondati;

va precisato che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, “nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune”;

il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, richiamato dall’art. 26, cit., dispone, alla lettera e), che: “quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione”;

la previsione normativa sopra indicata, in particolare, disciplina specificamente le modalità di notifica della cartella di pagamento nel caso in cui il soggetto destinatario della notifica non sia stato rivenuto presso la propria residenza a ragione della sua “irreperibilità assoluta”, cioè quando non sia stata riscontrata dal notificatore l’assenza solo momentanea del destinatario nel luogo presso il quale lo stesso risiede;

e’ vero che, come sostenuto dalla ricorrente con il primo motivo di ricorso, nella fattispecie il notificatore aveva dato atto che, in sede di notifica presso il luogo di residenza del destinatario, questo era risultato “trasferito, ignorasi dove – informazione del custode”;

in sostanza, il notificatore aveva dato atto delle ricerche eseguite al momento del tentativo di consegna del destinatario ed aveva specificamente riportato nella relata che il custode lo aveva informato del fatto che il destinatario risultava trasferito presso altro luogo di cui aveva saputo offrire elementi specifici di riferimento; tuttavia, tale sola circostanza non può assumere la rilevanza che parte ritiene di sostenere a supporto della legittimità della notifica; la linea difensiva di parte ricorrente non tiene conto, invero, della possibilità che il destinatario della notifica, nei cui confronti si è proceduto ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), possa offrire prova contraria rispetto a quanto accertato dal notificatore; a tal proposito va evidenziato, differentemente da quanto sostenuto dalla ricorrente con il secondo e terzo motivo di ricorso, che, secondo questa Corte (Cass. civ., 27 ottobre 2008, n. 25860): “In tema di notificazione, nel caso in cui l’ufficiale giudiziario attesti di non avere rinvenuto il destinatario della notifica nel luogo indicato dalla parte richiedente, perché, secondo quanto appreso dai vicini, trasferitosi altrove, l’attestazione del mancato rinvenimento del destinatario ed il contenuto estrinseco della notizia appresa, sono assistite da fede fino a querela di falso, attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale. Invece, il contenuto intrinseco della notizia appresa dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell’atto da notificare, è assistito da presunzione “iuris tantum”, che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell’attività di notificazione”;

in sostanza, è assistito da fede privilegiata solo il contenuto estrinseco della notizia appresa da terzi, in quanto attiene a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale, sicché, di converso, rispetto al contenuto delle dichiarazioni ricevute da quest’ultimo, sussiste solo una presunzione di prova che può, tuttavia, essere contrastata dal contribuente offrendo idonea prova contraria;

con riferimento a tale profilo, il giudice del gravame ha tenuto in considerazione le prove contrarie che sono state offerte alla sua attenzione dal contribuente al fine di contrastare quanto riportato dal notificare nella relata di notifica, cioè il fatto che lo stesso si era trasferito presso un luogo sconosciuto;

differentemente da quanto sostenuto dalla ricorrente con il secondo motivo di ricorso, il giudice del gravame non ha compiuto un mero riferimento generico alla documentazione prodotta: invero, va tenuto conto del complessivo contenuto della motivazione, in particolare del fatto che, nella stessa, è specificamente riportato che il contribuente aveva depositato in appello “ulteriore documentazione dello stesso custode e dell’amministratore del condominio a riprova che nel 2005 (ed anche oltre) il contribuente ha sempre avuto la stessa residenza in via Bazzini 24”;

non può quindi ragionarsi in termini di genericità della statuizione, posto che, come detto, dalla sentenza si evince a quale documentazione il giudice del gravame ha inteso fare riferimento al fine di concludere per la idoneità della stessa a contrastare la prova presuntiva di cui al contenuto della relata di notifica;

né, infine, può trovare accoglimento quanto sostenuto con il terzo motivo di ricorso, essenzialmente basato su due profili di censura: il primo, relativo al contenuto delle prove documentali offerte dal contribuente; il secondo, relativo alla natura di prova privilegiata degli accertamenti eseguiti dal pubblico ufficiale;

con riferimento a quest’ultimo profilo si è già avuto modo di precisare entro quali limiti è necessaria la querela di falso per contrastare quanto riportato dal pubblico ufficiale al momento della notifica;

con riferimento al primo profilo, va osservato che lo stesso implica una rivalutazione dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame sulla valenza della prova contraria offerta dal contribuente; va quindi precisato, a tal proposito, che, secondo questa Corte (Cass. civ., 28 settembre 2004, n. 19416), l’accertamento della residenza, domicilio o dimora del destinatario effettuato dal giudice del merito non è censurabile in cassazione, se non per vizi della relativa motivazione, trattandosi di un accertamento in fatto riservato al giudice del merito;

né parte ricorrente ha censurato la riconducibilità della prova contraria, valorizzata dal giudice del gravame, nell’ambito del paradigma normativo di riferimento;

ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente; si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente che si liquidano in complessive Euro 4.000,00, oltre a spese forfettarie nella misura del quindici per cento, a Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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