LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 32195-2019 proposto da:
K.B., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO ALESSANDRINI;
– ricorrenti –
nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ANCONA;
– intimati –
nonché contro MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 10/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. K.B., proveniente dal *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).
A fondamento dell’istanza dedusse di aver lavorato nelle miniere illegali d’oro e di aver abbandonato il proprio paese per il timore di essere ucciso dalle forze dell’ordine in quanto sospettato dell’uccisione di un rappresentante del governo.
La Commissione territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento K.B. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Ancona, che, con decreto n. 10644/2019 del 10 settembre 2019, rigettò il reclamo.
Il Tribunale ha ritenuto:
a) incoerente, contraddittoria e pertanto non attendibile la narrazione del richiedente asilo non essendo stato in grado di circostanziare adeguatamente la vicenda sui fatti essenziali che avevano determinato l’espatrio. In ogni caso, anche laddove credibile, la vicenda narrata sarebbe ostativa al riconoscimento della protezione internazionale avendo il richiedente commesso un reato grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato o comunque istigato o concorso alla sua commissione;
b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato in mancanza di atti persecutori diretti e personali che presentassero i requisiti della soggettività, causalità, personalizzazione ambientale e del rischio. Il richiedente, inoltre, non ha allegato alcuna appartenenza ad una minoranza etnica o religiosa, affiliazione politica, partecipazione ad attività di associazioni per i diritti civili e neppure alcun timore di persecuzione in caso di rientro.
c) infondata la domanda di protezione sussidiaria, in mancanza di un fondato pericolo per richiedente, in caso di rimpatrio, di subire una condanna a morte o trattamenti inumani e degradanti anche alla luce della presenza nello stato d’origine di istituzioni in grado di tutelarlo in caso di effettivo e concreto pericolo.
Quanto alla situazione socio-politica in ***** dalle fonti risultava una democrazia ben funzionante da circa vent’anni tale da essere il paese un modello per l’intero continente africano. Circa l’attività di cercatore d’oro del richiedente dal report di Amnesty international 2017/8 emergeva un impegno) del governo a mettere a disposizione dei cercatori un impiego alternativo nel settore legale;
d) infondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo state addotte situazioni di particolare vulnerabilità né elementi tali da poter ravvisare una disparità tra la vita condotta nel territorio nazionale e quella nel paese di origine. Il giudice ha altresì ritenuto che gli attestati di partecipazione ai corsi di volontariato e di apprendimento della lingua non fossero da soli sufficienti a dimostrare un effettivo sforzo di integrazione nel tessuto socio-economico nazionale. In ogni caso in atti era presente la sola copia del contratto di lavoro senza prova dell’effettivo accredito della retribuzione, circostanza che non consentiva di pervenire ad una valutazione di concreta e seria integrazione lavorativa.
3. Il decreto è stato impugnato per cassazione da K.B., con ricorso fondato su quattro motivi.
Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “violazione o falsa applicazione degli artt. 4 Direttiva Comunitaria 2004/83/CE del 29.04.2004 (abrogata e trasfusa nella Direttiva 2011/95/UE), D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 nonché Direttiva Comunitaria 2005/85/CE (abrogata e ritras fusa nella Direttiva 2013/32/11E) e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, nonché con riferimento all’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE”.
Sostiene il richiedente che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere non credibile le dichiarazioni rese dal richiedente asilo facendo erroneamente discendere dalle lacune ed incertezze del racconto prova dell’inattendibilità del ricorrente, senza accordare il beneficio del dubbio. Il giudice, inoltre, non avrebbe fatto alcuna menzione né degli articoli di giornale allegati al ricorso che riferivano espressamente dell’episodio narrato dal richiedente né dell’estratto della gazzetta della Polizia del ***** in cui veniva raffigurato il ricorrente con l’ipotesi di reato a lui riferita.
4.2 Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente investe il decreto impugnato nella parte in cui non viene omessa qualsiasi valutazione circa la situazione del paese di provenienza del ricorrente e il serio pericolo, nel caso di rientro, di essere arrestato e/o di subire trattamenti inumani e degradanti nelle carceri del paese.
4.2 Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della Direttiva 2011/95/11, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, nonché art. 10 Direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e 27 in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, art. 2 Cost. e art. 3 CEDU.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, avendo del tutto omesso di operare una valutazione comparativa tra il grado di integrazione raggiunto dal richiedente nel territorio italiano e la condizioni ed i rischi in cui si verrebbe a trovare qualora facesse rientro nel paese d’origine. Il Tribunale, inoltre, avrebbe del tutto trascurato il buon livello di integrazione raggiunta dal richiedente in Italia.
4.3 Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente investe il decreto impugnato nella parte in cui omette di pronunciarsi sulla richiesta subordinata di rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche a causa dello stato di salute del richiedente.
5. Il collegio ritiene opportuno rinviare la causa a Nuovo Ruolo considerando che con l’ordinanza n. 17970/2021 la Terza Sezione Civile ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui, secondo l’interpretazione adottata nell’esercizio della funzione nomofilattica dalle Sezioni Unite, con sentenza 1 giugno 2021, n. 15177, da ritenersi diritto vivente, prevede che la mancanza della certificazione della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale, determini la inammissibilità del ricorso.
PQM
la Corte rinvia la causa a Nuovo Ruolo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021