Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza Interlocutoria n.21883 del 30/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 32285-2019 proposto da:

S.B., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO ALESSANDRINI;

– ricorrenti –

nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE ANCONA;

– intimati –

nonché contro MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

RILEVATO

che:

1. S.B., proveniente dal *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento dell’istanza dedusse di appartenere alla comunità di ***** e di essere fuggito dal proprio paese perché ricercato da un gruppo di esterni la comunità. Espose di essere intervenuto a sopire una violenta lite sorta tra detti soggetti, ma che nel corso del suo intervento uccise uno degli aggressori e, pertanto, cominciò ad essere ricercato dagli altri membri del gruppo che volevano ucciderlo per vendicarsi.

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento S.B. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Ancona, che, con decreto n. 105648/2019 del 10 settembre 2019, rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) incoerente, contraddittoria e pertanto non attendibile la narrazione del richiedente asilo non essendo stato in grado di circostanziare adeguatamente la vicenda sui fatti essenziali che avevano determinato l’espatrio. In ogni caso, anche laddove credibile, la vicenda narrata sarebbe ostativa al riconoscimento della protezione internazionale avendo il richiedente commesso un reato grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato o comunque istigato o concorso alla sua commissione;

b) infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria;

Quanto alla situazione socio-politica in ***** dalle fonti risultava una democrazia multipartitica con episodi di violenza riguardanti limitatamente il partito islamista ed i vertici ***** senza un’esplicita affermazione di persecuzioni generalizzate;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo state addotte situazioni di particolare vulnerabilità e non essendo pertanto rinvenibile un elevato pericolo per il richiedente in caso di rimpatrio.

3. Il decreto è stato impugnato per cassazione da S.B., con ricorso fondato su quattro motivi.

11 Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “violazione o falsa applicazione degli artt. 4 Direttiva Comunitaria 2004/83/CE del 29.04.2004 (abrogata e trasfusa nella Direttiva 2011/95/13E), D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, nonché Direttiva Comunitaria 2005/85/CE (abrogata e ritrasfusa nella Direttiva 2013/32/ UE) e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, nonché con riferimento all’art. 8 della Direttiva 2004/83/CE”.

Sostiene il richiedente che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere non credibile le dichiarazioni rese dal richiedente asilo. In particolare la richiesta di protezione sarebbe stata rigettata sul falso presupposto della genericità cd inverosimiglianza del racconto senza un adeguata indagine sull’attuale situazione del ***** così come risultante dalle fonti ufficiali. Lamenta altresì il richiedente che il giudice avrebbe omesso di valutare e considerare criticamente le numerose fonti allegate in sede di ricorso.

4.2 Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente investe il decreto impugnato nella parte in cui non viene in alcun modo valutato il Paese di provenienza del richiedente asilo, ma solo il paese d’origine. Il ricorrente, prima di giungere in Italia, era passato per la Libia, dove aveva abitato, recidendo i legami con il paese d’origine. Il Tribunale, pertanto avrebbe dovuto esaminare la condizione socio-politica della Libia e valutare l’esistenza di un pericolo per il richiedente nel caso di rientro nel paese.

4.2 Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3. Il Tribunale avrebbe apoditticamente escluso la presenza di un conflitto armato generalizzato ai sensi al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) nonostante da numerosi fonti emergesse una gravissima condizione sociopolitica del *****, caratterizzato da un sistema corruttivo endemico a tutti i livelli istituzionali e dall’assenza di uno stato di diritto capace di tutelare l’processi democratici e la legalità.

4.3 Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 4 della Direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3; dell’art. 10 Direttiva 2013/32/UE; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e 27 in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, art. 2 Cost. e art. 3 CEDU. Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, avendo del tutto omesso di operare una valutazione comparativa tra il grado di integrazione raggiunto dal richiedente nel territorio italiano e la condizioni ed i rischi in cui si verrebbe a trovare qualora facesse rientro nel paese d’origine. Il Tribunale, inoltre, avrebbe del tutto trascurato il buon livello di integrazione raggiunta dal richiedente in Italia.

5. Il collegio ritiene opportuno rinviare la causa a Nuovo Ruolo considerando che con l’ordinanza n. 17970/2021 la Terza Sezione Civile ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui, secondo l’interpretazione adottata nell’esercizio della funzione nomofilattica dalle Sezioni Unite, con sentenza 1 giugno 2021, n. 15177, da ritenersi diritto vivente, prevede che la mancanza della certificazione della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale, determini la inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

la Corte rinvia la causa a Nuovo Ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472